Mercoledì, 22 Luglio 2015 16:09

"No, storia di un rifiuto": emozioni e riflessioni in un viaggio suggestivo

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di Cristiano Pitari - Durante i primi dieci giorni della quarta edizione de I Cantieri dell'Immaginario, il Teatro Stabile d'Abruzzo ha prodotto diversi spettacoli fra cui No, storia di un rifiuto (in collaborazione con Arti e Spettacolo e Teatro del Paradosso).

No, storia di un rifiuto è uno spettacolo suggestivo. Con la regia di Giancarlo Gentilucci e con Daniela Vespa che ha curato luci, video e suono, Giacomo Vallozza (ideatore dello spettacolo, tratto dal suo libro) ha voluto raccontare una storia dimenticata vagando sulle tracce di suo padre, militare italiano internato nei lager tedeschi dal 14 settembre del '43 al 6 aprile del '45, quando fu liberato dalle truppe canadesi nell'ospedale di Füllen, famigerato campo della morte. È uno spettacolo/cantiere sulla memoria collettiva, teso più a restituire immagini che sentenze; ripercorre la storia italiana, dal fascismo al dopoguerra, attraverso diari, filmati, oggetti, narrando fatti spesso ignorati o toccati marginalmente dai libri di testo. "È infine la consapevolezza che l'altra resistenza, la resistenza senz'armi, di seicentomila soldati, può indicare agli italiani di oggi un modo per uscire dal buio morale e materiale in cui brancolano", si legge nella scheda spettacolo.

Proprio perché si volevano restituire immagini, piuttosto che sentenze, l'attore è riuscito a sensibilizzare il pubblico a quelle tragedie della prima metà del '900. La bravura dell'attore si nota in quanto sul palcoscenico è avvenuta una sua "trasformazione": in quel momento non era Giacomo Vallozza che impiegava le tecniche recitative. Si è vestito dei panni di suo padre e ha fatto un "salto temporale" vivendo tutte le situazioni. Questo è il "lavoro su se stessi" di Stanislavskij: attraverso questo "mutamento" interiore, l'attore ha vissuto appieno tutto l'accaduto (la dittatura, le battaglie al fronte, le resistenze...). Di conseguenza, ha trascinato anche il pubblico nella sua dimensione. 

Consapevolezza, coraggio, temperanza, sensibilità. C'è stato un continuo movimento di emozioni che, a fine spettacolo, hanno lasciato agli spettatori importanti spunti di riflessione. Come è potuta accadere una simile tragedia? Si è già toccato il fondo o l'uomo è capace di fare peggio?

Uno spettacolo importante, dunque, che dal punto di vista recitativo è stato di alto livello, e che spinge chi guarda a interrogarsi su quelle tristi vicende.

Ultima modifica il Mercoledì, 22 Luglio 2015 16:30

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