Sarà un evento epocale, irripetibile, probabilmente il più alto mai vissuto dal jazz italiano e uno dei più importanti nella storia della musica italiana tout court.
Oltre 600 musicisti (coinvolti tutti a titolo gratuito), decine di palchi allestiti in altrettante location, un centinaio di concerti che, dalle 12 del mattino fino a mezzanotte e oltre, faranno dell'Aquila e del suo centro storico, almeno per un giorno, la capitale del jazz tricolore.
Ci saranno veramente tutti, da Enrico Rava a Gianluca Petrella, da Danilo Rea a Enrico Pierannunzi, da Flavio Boltro a Maria Pia De Vito. Oltre, naturalmente, a Paolo Fresu, il direttore artistico di questa maratona che, da perfetto bandleader, è riuscito a mettere insieme tante voci diverse. Ospite speciale sarà Gino Paoli, che suonerà alle 22:00 in piazza Duomo insieme ai Doctor 3, formazione con la quale collabora stabilmente da anni.
All'organizzazione del Jazz italiano per L'Aquila hanno contribuito anche il Mibact, il Comune dell'Aquila, la Siae e Puglia Sounds.
"L'idea di organizzare questa giornata" dice Fresu a NewsTown a margine della Partita del Cuore che ha visto scendere in campo la nazionale italiana jazzisti, la nazionale italiana cabarettisti e una rappresentativa della città dell'Aquila "è partita dal ministero dei Beni culturali e noi l'abbiamo subito fatta nostra. Tutti quelli che abbiamo chiamato hanno aderito con totale trasporto, fatto salvo per quelli che non potevano esserci per impegni già presi (ad esempio Stefano Bollani e Fabrizio Bosso, ndr). C'è stato uno slancio di solidarietà davvero incredibile, se avessimo chiamato 3 mila musicisti, cosa che non abbiamo potuto fare per ovvi problemi logistici viste le condizioni in cui ancora versa la città, avrebbero accetato tutti con grande entusiasmo".
Ma quella di oggi non sarà solo una giornata di solidarietà organizzata per tenere accesi i riflettori sulla ricostruzione aquilana; sarà, come afferma ancora Fresu, una sorta di momento di autoscienza, un'iniziativa attraverso la quale il jazz italiano avrà modo di riflettere su se stesso per capire cosa è diventato nel 2015.
"Sarà un modo per ritrovarci tutti assieme. E' una cosa che andava fatta e andava fatta proprio all'Aquila e proprio in questo momento storico, in cui si sta discutendo molto di cultura. Noi crediamo che la musica che suoniamo abbia un alto valore culturale. Se fino a qualche anno fa il jazz poteva sembrare avulso dalla nostra realtà storica e culturale, oggi è parte del nostro DNA. Contarci all'Aquila in questo momento storico, in cui c'è una discussione accesa sui temi della cultura - quanto vale la cultura, cosa porta al nostro paese, quanto può essere anche una chiave per trovare una via d'uscita alla crisi che stiamo vivendo – era importante. Domani ci porremo diversi quesiti e sicuramente qualche risposta ce la porteremo via. Io dico più d'una".
Rispetto a qualche decennio fa, la scena jazz italiana è cresciuta molto. Oggi sono diversi i jazzisti italiani conosciuti e stimati all'estero, in primis negli Stati Uniti, e anche i conservatori si sono aperti al'insegnamento di questa musica spesso marginalizzata dagli ambienti colti perché "bastarda", figlia di cento incroci e mille culture, e che invece ha segnato il secollo scorso più di ogni altro genere musicale.
Malgrado i passi avanti realizzati, anche grazie a una straordinaria nidiata di musicisti, molto rimane ancora da fare, soprattutto in termini di politiche pubbliche.
L'obiettivo è rendere il jazz italiano un prodotto ancora più "esportabile": "Bisogna essere ancora più forti" afferma Fresu "per far sì che il jazz italiano diventi veramente uno dei nostri prodotti di eccellenza. Siamo ancora in pochi a suonare fuori dall'Italia, meriteremmo di essere molti di più".
"Ci vogliono più spazi" continua Fresu "nuove politiche di sgravi fiscali, ad esempio per i locali. Non dimentichiamo che la musica nasce soprattutto nei piccoli club ancor più che nei festival o nei teatri. Sia chiaro, nessuno chiede elemosine o oboli ma bisogna apportare al nostro sistema-paese alcune modifiche per dare a chi esce dai conservatori con un diploma in musica jazz delle prospettive concrete".
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