Si è tenuto ieri, nella Sala Conferenze dell'Ance, a L'Aquila, un incontro promosso dalla Camera di Commercio per fare il punto sulla Zona franca urbana, il de minimis a favore di piccole e medie imprese, che nata in maniera confusa, ha ancora molti lati poco chiari.
A meno di un mese dalla scadenza dei termini per la presentazione delle domande.
La sala era piena, c'erano i dottori commercialisti, i consulenti del lavoro, i tributaristi e i rappresentanti di categoria delle imprese, Confindustria e Confartigianato. Un’importante occasione per chiarire alcune criticità, emerse in queste ultime settimane, con il direttore generale del Mise, il dottor Carlo Sappino. Tra gli interventi, quello di Ettore Perrotti, coordinatore Abruzzo dei giovani commercialisti, che abbiamo intervistato a margine dell'incontro.
Quali le principali criticità che avete riscontrato?
Innanzitutto andava chiarito se è necessario o meno dichiarare, nella domanda di ammissione, la decontribuzione e detassazione ottenuta in funzione della legge di stabilità, che ha ridotto il carico di tributi e contributi sospesi al 40%. Nella legge 183 del 2011 era specificato solo che andava ridotto il carico fiscale. L'INPS e l'INAIL hanno adottato delle linee diverse dall'Agenzia delle entrate, evidenziando che la misura costituisce aiuto di stato ai sensi dell’art.107 del "Trattato sul funzionamento dell’Unione Europa". La disposizione è stata dunque notificata alla Commissione Europea. In attesa della determinazione dell’organismo comunitario, per gli istituti la riduzione può trovare applicazione solo nei riguardi dei soggetti che usufruiscono dell’aiuto nei limiti de minimis: un regime comunitario per dare sostegno alle imprese con dei contributi di piccolo importo che non superano i 200mila euro in tre anni. Se oggi dovessimo considerare aiuto a titolo de minimis tutte quante le contribuzioni, per alcune imprese il cumulo sarebbe già raggiunto e non potrebbero così approfittare dei benefici della Zfu. Penso a chi ha più di 15 dipendenti, a chi ha un carico fiscale importante. Cosa fare? Si pone il problema delle false dichiarazioni. Sul modulo di domanda non è allegato alcun foglio in cui indicare la decontribuzione ottenuta, ci sono spazi per indicare le agevolazioni ricevute a titolo de minimis, spazi per indicare se sono state ricevute altre agevolazioni per il triennio successivo. Manca, però, il triennio precedente. Che è quello che ci interessa. Il dottor Sappino ha invitato a produrre un modulo analogo, senza però predisporlo dal Ministero, così da allegare la dichiarazione della decontribuzione e detassazione di cui si è goduto in modo che la domanda non sia considerata mendace. Era auspicabile avere un modulo unico per tutti, e invece...
Sono emersi altri problemi?
Con le attività definite, in maniera un po’ particolare, sedentarie: si tratta delle imprese che non svolgono la loro attività in uno stabile fisso, in un luogo commerciale. Penso alle imprese edili, agli agenti di commercio, che hanno una comunità locale di riferimento ma non producono il loro reddito in quella comunità. C'è il problema della zona di fatturato: in una circolare inviata dal Ministero viene specificato che, oltre alla residenza nella zona franca, le imprese debbono avere in ufficio almeno un lavoratore dipendente a tempo pieno o parziale che vi svolga la totalità delle ore lavorative, o avere almeno il 25% del volume d'affari realizzato nella Zfu. In questo modo, molte attività economiche sono tagliate fuori. Un esempio, per tutti: un agente di commercio dell'Aquila, che svolge attività in giro per l'Italia, non ha un dipendente perché non gli occorre e non realizza il suo volume d'affari nel territorio è escluso dai vantaggi previsti. Al contrario, non sarà difficile per imprese che vengono da fuori eludere il sistema, mettendo un lavoratore in una sede in zona o dimostrando che hanno almeno il 25% del volume d'affari realizzato qui.
Le problematiche sono moltissime, insomma. Che tipo di risposte avete avuto?
Le problematiche sono tante, non è facile gestirle, e non sono state fornite delle risposte. Siamo ancora nel marasma più totale. Pensate che non si sono ancora capiti gli effetti della zona franca sulle società di persone, Snc e Sas. A differenza delle società di capitali, infatti, o delle ditte individuali, dove è facilmente individuabile chi è il soggetto che può accedere alla zona franca, il problema delle società di persone è come ottenere il beneficio sui redditi di partecipazione che genera l'utile della società in capo ai soci. Il Ministero non ha ancora chiarito questo aspetto.
E' per questo che, fino ad ora, sono arrivate pochissime domande?
Si, il Ministero ha fornito ieri i numeri: fino ad ora sono 62 le richieste inoltrate. Pochissime se si pensa che manca meno di un mese alla scadenza dei termini.
Non solo problemi di natura tecnica, in molti hanno sottolineato che la Zona franca urbana non sarà affatto un motore di sviluppo per il nostro territorio. Cosa ne pensa?
Sono assolutamente d’accordo. Il modo in cui è stata strutturata la Zfu non è affatto incentivante, perché non è basata su di un sistema di premialità. Per essere chiari, l'edicolante che ha la propria attività, svolta nel proprio punto vendita, che non ha dipendenti e non ha alcun margine di crescita di fatturato, avrà gli stessi benefici di un artigiano o di un commerciante che potrebbe, invece, veder crescere negli anni la propria attività lavorativa. Creando così ricchezza per il territorio e nuova occupazione. E' un sistema solidaristico: il plafond stanziato verrà suddiviso in egual misura tra tutte le domande pervenute.
A quanto ammonta?
A 90 milioni di euro. Si presentano le istanze entro il 10 aprile. Una volta valutate, il plafond verrà diviso tra quelle ritenute idonee. Ora, se un'impresa con 10-15 dipendenti rischia di spendere quanto concesso in pochi giorni, i piccoli artigiani o le piccole attività commerciali, non producendo redditi e non avendo carichi fiscali importanti, rischiano di non consumarle affatto. C'è la possibilità, in altre parole, che i fondi del ministero non vengano spesi.
Mi sembra molto critico.
C'è una ricaduta di 90 milioni sul territorio che non genererà ricchezza. E' come sistemare una torta nel mezzo di una piazza: tutti ne mangeranno solo una piccola briciola. E' un sistema che non premia chi ha le capacità di produrre ricchezza e occupazione.
Come si poteva rendere più efficace la Zfu?
Con un sistema premiante e incentivante. Andava incentrata sulle nuove attività o sull'ammodernamento delle attività virtuose, con un'idea di sviluppo di ampio respiro. Se oggi dovessi fare un'analisi dei settori in crisi nel comune dell'Aquila, a priori ne escluderei alcuni: il settore dell'edilizia, il suo indotto e il settore degli studi tecnici. Non hanno particolari necessità, vista la contingenza del nostro territorio. Avrei quindi concentrato e mirato i 90 milioni su altri settori, puntando sul turismo, sul commercio, sull'industria e sull'artigianato, con sistemi incentivanti per chi dimostrava di volere investire e assumere nuovo personale. Andavano pensati dei bandi come quelli che si propongono a livello regionale, bandi valutativi delle caratteristiche delle società, delle capacità finanziarie, dei progetti presentati. Andavano premiate le idee migliori che avrebbero aiutato la rinascita economica del territorio. Così, invece, non si è ottenuto nient'altro che dividere una torta tra 6mila, 7mila partite I.V.A.
Pensa sia mancato il coraggio politico di fare delle scelte?
L'interesse politico era solo portare 90 milioni a L'Aquila. Con quei soldi, però, andavano agevolate nuove idee imprenditoriali che avrebbero potuto fare da volano per l'economia della città. In questo modo, non si fa altro che dare a tutti 5mila euro all'anno, più o meno, per 3 anni. Il conto è semplice: se arriveranno 6mila domande, con un plafond di 90 milioni, le imprese non otterranno più di 15mila euro di aiuti nel triennio. Non è elemosina, ma certo un contributo assai marginale che non permetterà alcuna ripresa economica. Anche questa volta, la politica ha perso una grande occasione: non ci si è seduti intorno ad un tavolo per stabilire delle priorità, non si è avuta la capacità di dire no ad alcuni settori. Si è fatta la classica operazione all'italiana: dare poco a tutti, per non scontentare nessuno.