“Una moneta complementare per L’Aquila, attraverso titoli che diano diritto a pagare meno tasse comunali per 40 milioni di euro, garantiscano controvalore monetario e possano funzionare come mezzo di pagamento erogato da enti e imprese per gli stipendi e dai cittadini che lo ricevono per i consumi, prima di essere scontato a 2 anni dall’emissione”.
Questa la proposta dell’esperto di economia Stefano Sylos Labini illustrata oggi all’Aquila nel corso del convegno “Italexit” organizzato dal quotidiano digitale AbruzzoWeb.it nel municipio di Palazzo Fibbioni per spiegare dinamiche e possibili conseguenze dell’uscita dell’Italia dal sistema Euro. Sylos Labini ha fatto notare che “uscire dall’Euro si può, ma nel frattempo non possiamo stare fermi perché prima di svolgere un referendum ci vorrebbero 3 anni oppure il tempo e le difficoltà di trovare una maggioranza parlamentare molto ampia”. Di qui, la proposta di Certificati di credito fiscale (Ccf) da usare al posto dell’Euro attraverso una grande concertazione tra sistema produttivo, istituzioni e cittadini anche perché, ha evidenziato l’esperto, “la moneta è tale quando qualcuno è disposto ad accettarla. I Ccf non sono titoli di debito, eviteremmo il ricatto dei mercati e avremmo capacità di manovra autonoma per finanziare una ripresa economica degna di questo nome - ha illustrato - Non aumentano il debito pubblico, formalmente rispettano le regole europee”.
Per il funzionamento dell’esperimento, ha rimarcato, “è fondamentale che le imprese accettino pagamenti con questi titoli, perché potranno pagare meno tasse. In questo modo si creerebbe una moneta parallela - ha proseguito Sylos Labini - Si può applicare anche in singoli Comuni, ho studiato il bilancio del Comune dell'Aquila e una parte dei titoli si potrebbe agganciare alle tasse comunali e diventare mezzo di pagamento per 40 milioni”.
A spiegare le possibili conseguenze buone e cattive dell’uscita dall’Euro è stato Lorenzo Esposito, funzionario della Banca d’Italia addetto alla vigilanza bancaria e finanziaria presso la sede di Milano, esperto di sistema bancario nazionale e internazionale e docente di Economia monetaria presso l’università Cattolica di Milano. “L’Euro è un tassello all’interno di un mosaico di politiche economiche che assieme hanno condotto alla difficile situazione di oggi: uscirne vuol dire cambiare politica economica che, nel medio termine, potrebbe garantire una crescita molto più rapida e armonica, in grado di superare i problemi che comunque saranno inevitabili - ha affermato - Il sistema bancario sarebbe al centro di questa riforma e lo Stato lo dovrebbe sostenere per evitare il dissesto, gli istituti di credito andrebbero nazionalizzati o capitalizzati a spese dello Stato”.
Per quanto riguarda importazioni ed esportazioni, "il tema fondamentale è che tornerebbe il rischio di cambio, ci sarebbe la necessità di ripristinare i meccanismi di controllo e coordinamento - ha aggiunto ancora, ipotizzando lo scenario - Per quanto riguarda gli asset reali, essenzialmente l’abitazione di proprietà, non cambierebbe niente perché la proprietà resterebbe tale e verrebbe semplicemente ridenominata in valore”.
Sugli asset finanziari, l’Italia ha una posizione finanziaria netta abbastanza positiva, "tradizionalmente è un Paese a elevato risparmio, bisogna vedere dov’è localizzato oggi da un punto di vista legale e che effetti avrebbe un’eventuale ridenominazione - ha proseguito - Negli ultimi anni il risparmio è fortemente concentrato, insomma si è risparmiato molto meno e l’intervento pubblico dovrebbe garantire le fasce di ricchezza piccola e media della popolazione, così che il cambio che non andasse a incidere sulla possibilità di consumo della gran parte delle persone”.
“Marine Le Pen e il Front national avevano una grossa percentuale di voti, ma erano isolati. In Italia se si mettono assieme tutti i partiti che hanno criticato fortemente l’Unione europea e l’Euro e vorrebbero in qualche modo uscirne o superare quest’esperienza, arriviamo a una maggioranza di più del 50% delle intenzioni di voto”, ha evidenziato l’europarlamentare Marco Zanni, europarlamentare, indipendente nel gruppo Europa delle Nazioni e della Libertà (Enl). Ecco perché “all’interno delle istituzioni europee il timore di un’uscita è molto più forte per quanto riguarda la situazione italiana che, per esempio, in relazione alla Francia”.
“In più l’Italia ha la situazione macroeconomica più preoccupante. Nel settore bancario, architrave di qualsiasi economia, una crisi forte può sicuramente può portare a una decisione politica in cui - ha concluso - qualsiasi governo, di qualsiasi colore, che rischi di perdere consenso politico perché la situazione bancaria rischia il default, prenda la decisione di abbandonare il sistema”.
“In questa situazione, dal mio punto di vista per gli Stati europei e soprattutto per l’Italia non c’è futuro, ci sarà sempre meno reddito, meno imprese, più disoccupazione e un declino inesorabile”, ha concluso parlando dei rischi di un possibile “remain” dell’Italia.