La debole ripresa dell’economia abruzzese che c’è stata nel 2017 non ha riguardato, o lo ha fatto solo in parte, una fetta considerevole del territorio regionale, quello delle aree interne. Che, sulla cartina geografica, corrisponde quasi interamente a una provincia, quella dell’Aquila.
Basta guardare i dati: il tasso di crescita della provincia dell’Aquila è stato appena dello 0,1% (il più basso della regione) mentre il tasso che misura lo spopolamento è stato il triplo di quello nazionale.
Per questo la Cgil dell'Aquila è tornata a parlare di una “vertenza aree interne”, ossia di un cambio di strategia per il rilancio delle zone e dei territori montani dell’Abruzzo a rischio abbandono.
A fare il punto della situazione sono stati, in una conferenza stampa, il segretario della Camera del Lavoro Umberto Trasatti e i segretari provinciali di Fp (Funzione pubblica), Filt (Trasporti) e Filcams (commercio e serizi) - rispettivamente Francesco Marrelli, Domenico Fontana e Luigi Antonetti – che hanno lanciato un invito alle altre parti sociali e alle istituzioni, da quelle nazionali a quelle locali, affinché si apra un confronto per sollecitare una programmazione e delle decisioni che mettano al centro sanità, trasporti, servizi alla persona e qualità del lavoro.
“Parliamo di aree interne ma poi le decisioni politiche vanno in direzione opposta” ha dichiarato Trasatti. “Le persone vanno via perché manca il lavoro e perché i servizi essenziali, come la sanità e i trasporti, sono carenti. Grazie anche alla Cgil dell'Aquila, quello delle aree interne è diventato un tema nazionale per il nostro sindacato. Per questo servono interlocutori su tutti i livelli istituzionali, da quello nazionale a quello locale”.
Proprio i numeri sulla sanità e i trasporti rendono l’idea di come le aree interne abbiano subito, in questi anni, un sistematico taglio di risorse, servizi, capitale umano.
La Asl L’Aquila-Avezzano-Sulmona, ha ricordato Francesco Marrelli, ha una scopertura di organico di 700 unità che non riesce a tamponare con i 400 lavoratori assunti a tempo determinato.
Le carenze di personale riguardano tutti i reparti e le tipologie professionali, dai dirigenti medici agli infermieri.
Tutto ciò si traduce in una qualità delle cure non all’altezza degli standard minimi di assistenza, in liste di attesa per esami specialistici infinite e in carichi di lavoro massacranti per i dipendenti.
E nei trasporti non va certo meglio.
Come NewsTown ha raccontato, la riorganizzazione del settore voluta dalla giunta D’Alfonso ha di fatto privatizzato la tratta L’Aquila-Roma, togliendole la contribuzione pubblica e rendendola, da servizio minimo essenziale, un servizio commerciale.
A gestirla sarà una società partecipata, la Sangritana Spa, che un anno fa era sull’orlo della liquidazione e che, ha ricordato Domenico Fontana, non ha né il personale né il parco macchine adeguato per svolgere in maniera efficiente il servizio. Tanto che il passaggio di consegne da Tua è stato rinviato dal 1° aprile a giugno.
E poiché il nuovo gestore dovrà sostenersi solo con la vendita dei biglietti, delle due l’una: o salirà il prezzo dei titoli di viaggio o diminuirà il numero di corse. Il segretario della Filt ha fornito una serie di dati che dicono che, dall’estate prossima, sulla tratta potrebbe esserci un drastico taglio delle corse, superiore al 50%. Tutto ciò mentre sulla costa vengono incrementati i collegamenti.
Trasatti ha voluto sollevare anche il problema della scarsa qualità del lavoro di un altro settore fondamentale per l’economia abruzzese, quello dei servizi.
In particolare, il segretario della Camera del Lavoro ha puntato i riflettori sulla situazione dei lavoratori delle società appaltatrici della pubblica amministrazione. Si tratta di quelle aziende che, per conto degli enti locali, gestiscono, ad esempio, i servizi di pulizia o quelli di custodia e sorveglianza.
Ci sono casi in cui i lavoratori di queste società non percepiscono gli stipendi da mesi e hanno condizioni contrattuali capestro. Trasatti lo ha chiamato “dumping sociale-salariale”, una conseguenza diretta dei bandi di gara con ribassi d’asta troppo alti e della proliferazione dei contratti di lavoro nazionali firmati da sigle sindacali semi sconosciute e scarsamente rappresentative.
“Ricordo” ha affermato Trasatti “che gli enti pubblici sono responsabili in solido per la mancata applicazione dei contratti nazionali di lavoro da parte delle imprese vincitrici degli appalti. Sarebbe il caso, dunque, che, quando scrivono i bandi di gara, lo facessero meglio”.
La Cgil, ha ricordato Trasatti, si è fatta promotrice, insieme all’Ispettorato regionale del lavoro, di un protocollo d’intesa, che però non è ancora stato firmato, che definisce una serie di regole negli appalti nella PA, come ad esempio l’applicazione dei contratti nazionali di lavoro sottoscritti solo da organizzazioni sindacali realmente rappresentative.