Mercoledì, 15 Gennaio 2020 10:56

Fusione Camere di Commercio, Febbo: "Da Teramo battaglia di retroguardia"

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"Una battaglia di retroguardia che porta indietro il calendario politico della regione e pone l'Abruzzo fuori dalle dinamiche nazionali".

Mauro Febbo, assessore allo Sviluppo economico, risponde con durezza alla decisione dei vertici della Camera di Commercio di Teramo di opporsi alla fusione con quella dell'Aquila, appoggiati in questo dai rappresentanti politici del Pd e dei 5 Stelle. "Si tratta di un processo irreversibile - aggiunge Febbo - avviato proprio dai ministri del Pd (Calenda) e 5Stelle (Patuanelli) che hanno dato il via e proseguito al disegno di accorpamento delle Camere di commercio in Italia. Se a Roma il governo va in una direzione, in Abruzzo invece Pd e 5 Stelle decidono di smentire i propri ministri per un semplice calcolo elettorale e per mera strumentalizzazione politica".

Il processo di accorpamento delle Camere di Commercio dell'Aquila e Teramo è partito con un atto di espressa volontà di entrambi gli enti camerali, accolto dall'allora ministro Carlo Calenda che ha deciso l'unificazione con decreto nel gennaio 2017. "Inoltre - aggiunge Febbo - il ministro dello Sviluppo economico, Stefano Patuanelli, lo scorso 16 dicembre ha chiesto alla Regione di attuare il procedimento di fusione. Nel giro di due anni, la Camera di Commercio di Teramo pretende di cambiare tutto chiedendo di poter revocare il proprio provvedimento di adesione adducendo il fatto che altri enti camerali hanno fatto ricorso alla Corte costituzionale. Ma è il caso di chiarire che le Camere di Commercio che hanno fatto ricorso non hanno il decreto di fusione come Teramo e L'Aquila e che le Regioni, con la sola differenza dell'Emilia Romagna per via delle imminenti elezioni, hanno deciso di andare avanti a prescindere dai ricorsi, come ha fatto del resto la Giunta regionale abruzzese dando seguito alle richieste del Ministro. Evidentemente - conclude l'assessore allo Sviluppo economico - Pd e 5 Stelle sono contrarie a questa riforma da loro avviata e promossa, ma non hanno il coraggio di dirlo pubblicamente".

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