"Ricordate la stizza con cui, nella conferenza stampa di fine anno, Draghi ha zittito il cronista de Il Fatto Quotidiano, 'colpevole' di aver sottolineato che la riforma IRPEF avvantaggia chi guadagna di più? Disse che si trattava di bugie e che a essere favorite sono le classi meno abbienti. Da settimane noi sappiamo e denunciamo che non è così. Oggi arriva la conferma ufficiale dell'Ufficio Parlamentare di Bilancio".
A dirlo è il segretario nazionale di Sinistra italiana, Nicola Fratoianni, che sottolinea come "ai manager andranno in media 368 euro, mentre agli operai 162. Meno della metà. Agli impiegati va un po' meglio, 266 euro, comunque 100 euro in meno del loro capo. Credo che ormai ogni dubbio su quali interessi difenda questo governo sia superfluo", l'affondo.
In effetti, un recente studio dell'Ufficio parlamentare di bilancio, l'autorità dei conti pubblici, ha simulato l'impatto della riforma col pregio di stimare quel che accade non in astratto ma ai contribuenti reali, ovvero in base alle caratteristiche della popolazione, dei nuclei familiari e dei diversi redditi percepiti. E infatti emerge una situazione inedita.
Il mix di interventi - riduzione da 5 a 4 scaglioni, taglio di cinque punti delle due aliquote centrali dal 27 al 25% e dal 38 al 35%, revisione delle detrazioni con incorporazione del bonus da 100 euro (ex 80 euro) - genera una riduzione del peso del fisco di 264 euro medi pro capite per 27,8 milioni di contribuenti, due terzi del totale. C'è una fetta di popolazione "indifferente" alle misure, che non ha praticamente benefici in busta paga. Ma c'è anche una piccola quota di chi va incontro a un incremento d'imposta: si tratta di 370mila individui che perderanno 188 euro pro capite, per 70 milioni di euro complessivi.
Ciò accade per la differenza tra reddito imponibile e complessivo. Sul primo, infatti, si calcolano le imposte; sul secondo le detrazioni. Ora, se un contribuente ha solo redditi da lavoro o da pensione, l'effetto della riforma è positivo perché la riduzione delle aliquote è sempre in grado di più che compensare il calo delle detrazioni. Ma se sono presenti altri redditi, in particolare quelli da cedolare secca, si genera un "disallineamento" tra i due effetti e in qualche caso il risparmio per le nuove aliquote non riesce a compensare la perdita delle detrazioni. Quel che accade, appunto, per 370mila persone.
Tornando ai beneficiari dello sconto fiscale, l'Upb approfondisce l'analisi nel comparto dei lavoratori dipendenti, andando a vedere quel che accade per i diversi inquadramenti. I valori assoluti sono favorevoli per gli stipendi maggiori: "Emerge - dice il rapporto - una riduzione media di imposta più elevata per i dirigenti (circa 368 euro), seguita da quella degli impiegati (266 euro) e infine degli operai (162 euro)". Il quadro cambia se si guarda all'incidenza del beneficio fiscale sul reddito, che è intorno all'1% per impiegati e operai e scende allo 0,3% per i dirigenti.
In termini di allocazione di risorse, la parte più beneficiata è quella degli impiegati che ne prende il 51,8% del totale rappresentando il 40,3% della popolazione.
Un altro modo di guardare agli effetti distributivi della riforma è di vedere come si modula il beneficio in busta paga, al variare del reddito. Se gli avvantaggiati della nuova Irpef guadagnano in media 264 euro, circa la metà di essi vedono scendere il beneficio a 185 euro, mentre un contribuente su 8 (il 12,5 per cento) beneficia per più di 500 euro. Scendendo più nel dettaglio, il valore assoluto maggiore sale a 765 euro per chi ha un reddito imponibile tra i 42 e i 54mila euro (tra i 3.500 e i 4.500 euro mensili). E anche se si guarda all'effetto nei termini di incidenza sul reddito, è più elevata in questa classe. Non a caso qui, dove sta il 3,3% della platea, piove il 14,1% delle risorse: 1 milardo.
Guardando ai redditi più bassi, è soprattutto l'incremento delle detrazioni a garantire il beneficio maggiore (229 euro) che si ritrova nella fascia tra 12 e 18mila euro e che supera quel che accade per le due classi di reddito immediatamente superiori (rispettivamente 204 e 155 euro).
Ancora un altro spaccato emerge quando si inseriscono gli individui nel loro nucleo familiare. L'analisi qui si sposta su quanto varia il peso del fisco a seconda della fascia di reddito familiare equivalente. Ne deriva che maggiore è il reddito familiare, tanto più sale il reddito disponibile. "Il 50 per cento dei nuclei in condizione economica meno favorevole beneficia di circa un quarto delle risorse complessive (circa 1,9 miliardi), mentre il 10 per cento più ricco beneficia di più di un quinto (1,6 miliardi)", annota l'Upb. E c'è un quinto delle famiglie, quelle più povere, che per effetto dell'incapienza non ha benefici. "Di fatto - dice l'Upb - il 20 per cento delle famiglie in condizione economica meno favorevole, che sono già sostanzialmente escluse dall'ambito di applicazione dell'Irpef a causa dell'elevato livello dei redditi minimi imponibili, non sono coinvolte dalla revisione dell'Irpef. Ciò implica che se le future politiche sociali vorranno ulteriormente sostenere i redditi delle famiglie più povere dovranno affidarsi a strumenti diversi dall'Irpef, quali trasferimenti monetari diretti o meccanismi di imposta negativa".