di Paola Grande - Cinque voci del panorama artistico cittadino, protagoniste di una breve rubrica che, fino a sabato, sarà interamente dedicata alla musica.
L'idea nasce dalla volontà di dar spazio ai giovani talenti aquilani descrivendo le diverse realtà che li hanno visti crescere come artisti nella città in cui da sempre coltivano il loro sogno. Insieme, compongono un quadro molto variegato di storie ed esperienze ma all'unisono celebrano la musica come strumento di condivisione e sintonia tra i giovani e, con entusiasmo, hanno ripercorso i loro piccoli grandi traguardi attraverso queste brevi interviste.
Oggi il quarto appuntamento, con Mez.
“I miei testi sono la mia eco,ciò che scrivo racconta di me senza alcun filtro”
Lorenzo Rosa, in arte MEZ, ha da poco debuttato con il suo primo singolo musicale: “Forbidden love”.
La scrittura e la composizione in inglese dei suoi testi sono il suo tratto distintivo e a questo unisce estro e personalità, con uno stile del tutto originale.
Come e quando inizia la tua esperienza nella musica?
Non so definire con precisione quel momento, la musica ha colorato la mia infanzia; ho coltivato il mio talento da autodidatta, testando la mia voce su stili sempre diversi, ma il rap rappresenta una costante nel mio percorso, un ritmo inconfondibile a cui mi piace abbinare la melodia del pop: credo che la contaminazione di vari generi sia la combinazione perfetta per creare un quadro musicale originale e completo.
Da quel momento quali sono state le esperienze più significative che la musica ti ha lasciato?
A 16 anni mi sono iscritto ad una scuola di musica della città e lì mi sono affidato per la prima volta alla guida di professionisti; da poco infatti mi segue un vocal coach.
Ad oggi mi sono esposto poco in pubblico, forse perché sento di non avere ancora del materiale che mi rappresenti veramente e, conoscendomi, non riuscirei a portare avanti dei live cantando pezzi già sentiti da altri: al contrario mi piacerebbe poter coinvolgere il pubblico attraverso le mie composizioni, che sono la più reale sintesi di me.
Ultimamente, però, sto portando la mia musica sul palco di alcuni dei più frequentati locali della città,in particolare pub e discoteche,dove alla voce posso affiancare performance più complete mettendo in gioco anche la mia passione per il ballo hip-hop.
Come nasce il tuo nome d'arte?
I mio nome, MEZ, in realtà è un acronimo e sta per “mess & zed”, letteralmente “disordine e zeta”: è il binomio che riassume il significato della mia musica in un periodo molto particolare della mia vita; tutto ciò che scrivo nasce da un tormento, da un caos interiore che riesco a ricomporre solo attraverso la scrittura.
Perciò “disordine” , come stato d'animo costante che ispira i miei testi, e “zeta” perché il mio primo brano nasce in un momento in cui mi sentivo proprio così... come l'ultima lettera dell'alfabeto!
Hai sempre scritto in inglese?
Le mie prime parole sono state in italiano, ma non erano che pensieri impressi dalla scrittura che non ho mai voluto comporre in musica; i miei primi testi musicali in realtà sono in inglese: trovo che quella inglese sia una musica sempre nuova, in fase di continua evoluzione, mai ferma, mai uguale a se stessa; la trovo affascinante, molto più dell'italiano.
Per dirla tutta ho un brano in italiano già pronto ma... non so se avrò mai il coraggio di pubblicarlo!
Ultimamente hai pubblicato il tuo primo lavoro musicale; ti sei occupato di tutto da solo? Com'è stato scrivere e comporre in inglese?
Al mio fianco ho avuto lo staff della Jamrock Records che ringrazio infinitamente per il sostegno ed il supporto in quello che per me rappresentava un primo grande traguardo; mi sono tuffato in quest'esperienza che rimarrà come una delle più importanti, anche se le difficoltà non sono state poche. Scrivere in inglese richiede molta dedizione e minuzia nella scelta delle parole così come nell'esercizio della pronuncia: tutto deve essere assolutamente impeccabile per risultare credibile ed unico.
Il tuo è un genere molto particolare: quanto successo pensi possa avere in Italia? Ci sono artisti a cui ti sei ispirato?
Mi piace definirlo un genere contaminato, in cui coesistono principalmente tre diversi filoni musicali: l'hip hop, l'R&B e il pop. In generale credo che l'inglese riesca ad adattarsi meglio a questa metrica e al flow musicale proprio del “rapping”, ed è proprio nel panorama musicale inglese che ho scoperto il mio interesse per quello che ad oggi è lo stile che mi rispecchia; ascolto da sempre artisti come Drake, M.I.A, Azealia Banks, o vocal performance come Michael Jackson.
Da qui nasce anche l'interesse per il ballo: ultimamente sto cercando di aggiungere questo ingrediente nelle mie performance,soprattutto in discoteca.
Di cosa parla il tuo brano “Forbidden love”? Nella composizione dei tuoi pezzi quanto incide la tua esperienza personale?
I miei testi sono la mia eco, ciò che scrivo racconta di me senza alcun filtro.
“Forbidden love” è la storia di un amore che mi ha cambiato profondamente ma in maniera impercettibile agli occhi del mondo che mi circondava: anche nel video infatti convivono queste due personalità differenti che sono immagine di un dissidio tra ciò che dentro mi tormentava e ciò che invece fingevo di essere.
Credi sia importante affiancare al talento vocale anche un'immagine ed uno stile particolari? La tua immagine artistica rispecchia ciò che sei a livello personale nella vita di tutti i giorni?
Il palcoscenico è di per sé una finzione, ma diventa un tramite per filtrare la realtà nei suoi aspetti più rilevanti; credo che ogni artista si debba riconoscere nel suo personaggio, così che la finzione non crei distanza tra l'individuo e la sua immagine artistica. Il mio stile rispecchia la mia pazzia, sul palco come nella vita; la musica è legata alla mia persona, perciò il mio personaggio non è poi così diverso da ciò che sono realmente!
di Paola Grande