Venerdì, 29 Aprile 2016 22:58

L'Aquila in musica: tutti i colori della giovane musica cittadina / 5: Pier Paolo Buoncompagno

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di Paola Grande - Cinque voci del panorama artistico cittadino, protagoniste di una breve rubrica che, questa settimana, abbiamo dedicato interamente alla musica.

L'idea nasce dalla volontà di dar spazio ai giovani talenti aquilani descrivendo le diverse realtà che li hanno visti crescere come artisti nella città in cui da sempre coltivano il loro sogno. Insieme, compongono un quadro molto variegato di storie ed esperienze ma all'unisono celebrano la musica come strumento di condivisione e sintonia tra i giovani e, con entusiasmo, hanno ripercorso i loro piccoli grandi traguardi attraverso queste brevi interviste.

Oggi il quinto e ultimo appuntamento, con Pier Paolo Buoncompagno.

 

“E' come poter entrare in panni sempre nuovi senza mai uscire da se stessi: è la magia della musica”

A soli 18 anni, Pier Paolo ha iniziato a lavorare come vocalist in alcuni locali della città e a distanza di un anno non smette di inseguire il suo sogno anche fuori da L'Aquila.

La musica nelle sue tante vesti, il “fenomeno talent” e i progetti futuri...

 

Da pochi mesi hai intrapreso l'attività di vocalist in vari locali della città: come e quando nasce in realtà la tua passione per la musica?

Ho sempre pensato che la musica fosse lo strumento ideale per esprimere se stessi,senza alcun filtro. Questa passione è scoppiata in me fin da subito e ad oggi nel canto so riconoscere me stesso e il mio cammino fino a qui. In me, non è mai mancata la curiosità di scoprire la musica da ogni sua prospettiva; al contrario credo sia importante per ogni artista riuscire a far propri stili musicali anche molto distanti tra loro ed ampliare, così, la propria versatilità vocale.

C'è stata un'occasione particolare che ti ha permesso di iniziare a lavorare come vocalist?

Come ogni sorprendente novità quest'avventura si è presentata come un casuale imprevisto, poco meno di un anno fa; in quel periodo ero già impegnato nello staff di alcune discoteche locali come PR e, in occasione di un evento estivo organizzato per i giovani della città, il mio datore di lavoro mi propose di sostituire il vocalist che aveva dovuto rinunciare alla serata.

Così una fortuita coincidenza di eventi si rivela inaspettatamente l'inizio di un importante percorso di crescita della mia personalità artistica che ad oggi sento più chiara e tangibile.

Il vocalist è ormai una figura costante nelle serate di locali e discoteche: quanto è importante la collaborazione e la sintonia con il dj?

Sento di poter dire che l'affinità tra musica e voce sia davvero il valore aggiunto ad una qualsiasi serata in discoteca; alla buona musica, che dipende dalla scelta personale del dj, deve necessariamente adattarsi l'intrattenimento del vocalist, e questi due elementi complementari devono formare un corpo unico, armonico e inscindibile. 

La connessione più o meno tangibile tra le due parti è inevitabilmente percepita dalla folla ed è l'unico fattore a determinare realmente l'esito della serata. Personalmente, sento di avere un'innata propensione ad entrare in sintonia con il pubblico e ad avvertire la sua carica emotiva: credo sia questo a legarmi inspiegabilmente alla mia passione.

La figura del vocalist è fondamentale per assicurare l'intrattenimento di una serata e deve in qualche modo garantire il divertimento della folla: quando svolgi il tuo lavoro di vocalist e quindi di intrattenitore sei te stesso? O pensi che sia necessario anche costruirsi un personaggio e saper recitare bene la parte?

Questo è indubbiamente uno degli aspetti del mio lavoro che più mi fa riflettere e che tutt'ora mi lascia perplesso. Quando sono sul palco mi capita di stravolgere completamente la mia identità, tanto da non riconoscermi più: non è inganno né ipocrisia, ma si tratta di interpretare il mio ruolo e di scindere la mia individualità personale da quella artistica. E' come poter entrare in panni sempre nuovi senza mai uscire da se stessi: è la magia della musica.

Nel tuo lavoro hai la possibilità di sperimentare vari generi molto diversi tra loro,dall'house alla musica commerciale alla tekno; quale di questi generi riesce a rispecchiarti al meglio? Credi che il vocalist debba saper adeguare il proprio approccio alla musica a seconda dei vari stili?

Ho imparato a percepire concretamente la connessione empatica che può legare una voce al suo pubblico,senza interferenze: e,su queste basi,non c'è genere musicale che possa impedire che ciò accada.

Nel mio lavoro l'esperienza garantisce la duttilità delle proprie corde ai diversi contesti musicali: da vocalist devo sentirmi sempre pronto a lasciarmi plasmare dallo stile che interpreto,evitando che le mie personali inclinazioni devino la resa delle mie performance.

Nonostante il lavoro di vocalist ti abbia arricchito molto, recentemente hai voluto tentare un'esperienza nuova e in parte diversa: la selezione per il talent “Amici”; raccontaci di quel momento.

Ho sempre pensato che un'esperienza di questo tipo potesse essere la giusta occasione per confrontarmi con un genere musicale che mi allontanasse per un attimo da ciò che quotidianamente mi accompagna nel mio lavoro. Così ho deciso di tentare con un'esibizione di voce e piano, seguendo quelle che sono le mie peculiarità vocali: a settembre dovrò presentarmi ai casting ed affrontare il lungo percorso per l'ingresso nel programma... per il momento posso solo augurarmi il meglio!

Parliamo del fenomeno “talent”: grinta e personalità non possono mancare! Indubbiamente i talent offrono una grande visibilità ma a volte possono essere un'arma a doppio taglio: spesso esaurito il successo dei primi mesi, si può concludere tutto in un fuoco di paglia. Tu cosa pensi a riguardo? Ti senti all'altezza di un'esperienza che ti esponga a 360° di fronte ad un pubblico così vasto?

E' un rischio che sento di voler correre ma indubbiamente le paure sono tante.

Trovo che in contesti del genere il pericolo più grande sia uno,quello di dover accettare compromessi in cambio del successo; forse non sopporterei l'idea di sentirmi oggetto del controllo altrui. Spesso le dinamiche del mondo dello spettacolo ti rendono pedina di meccanismi fuorvianti e inducono a forgiare il tuo carattere artistico secondo canoni predefiniti,oscurando la tua vena più autentica.

 

di Paola Grande

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