Quella dei desaparecidos argentini è una tragedia per molti aspetti ancora avvolta nella nebbia. Nonostante il Paese, negli ultimi anni, abbia faticosamente intrapreso un percorso di verità e giustizia – culminato nelle condanne di molti responsabili di quella mattanza (che, tra il 1976 e il 1983, causò la morte di oltre 30 mila persone) - la ricerca non si è esaurita. L'Argentina rimane un paese che non ha ancora chiuso i conti con il proprio passato.
Un passato dal quale continuano a riemergere storie rimaste per tanto tempo nell'oblio, come quella raccontata dal giornalista e scrittore Claudio Fava (sceneggiatore del film I cento passi) che, nel suo ultimo romanzo, Mar del Plata (Add Editore), ha voluto far rivivere la vicenda, realmente accaduta, del club di rugby La Plata. La squadra, composta da tutti ragazzi con meno di vent'anni, venne letteralmente annientata dai militari di Videla ma, nonostante l'escalation di rapimenti e uccisioni, rimase a giocare fino alla fine il campionato, rifiutando la fuga all'estero e sfidando la Giunta dei militari.
“E' la storia di una ribellione civile straordinaria, in cui lo sport diventa un momento di testimonianza civile altissimo” ha detto Fava nel corso della presentazione, avvenuta venerdì sera a Piazza Duomo all'Aquila nell'ambito della manifestazione “Piazza Ovale”, la festa del rugby aquilano.
Il libro contiene una postilla finale in cui l'autore (figlio di Giuseppe Fava, giornalista, scrittore e intellettuale siciliano ammazzato dalla mafia nel 1984) va però oltre il singolo episodio, collegando la storia dei ragazzi del Rugby La Plata alla “sua” Sicilia. La ferocia degli aguzzini al servizio di Videla è infatti pari a quella dei boss mafiosi così come il coraggio dei giovani rugbysti che sfidano la dittatura è uguale a quello dei giovani agenti di polizia che difendono i magistrati antimafia.
“Il rugby” ha detto Fava a NewsTown “è uno sport prezioso quando c'è da ricostruire una storia collettiva. Può servire da esempio. È uno sport che pretende che la squadra sia davvero tale. Nel rugby è fondamentale il rispetto delle regole e quello dell'avversario, il senso di solidarietà reciproca, il dover correre e avanzare tutti insieme perché la palla va passata all'indietro. Se pensiamo a una grande storia di ricostruzione di una città o di un paese, come avvenne in Argentina dopo la fine della dittatura e come avviene oggi all'Aquila, il rugby può essere una metafora bella, esemplare, la metafora di una resistenza civile”
Fava, che era già stato all'Aquila diverse volte dopo il terremoto, ha ritrovato una città in cui “nonostante i danni del sisma siano ancora visibili e tangibili, si sta recuperando un sentimento di vita, che passa nella vita di tutti giorni e non ha a che fare solo con la ricostruzione. Quest'ultima” ha affermato Fava “dovrà avvenire naturalmente nel più breve tempo possibile. La ricostruzione dell'Aquila non è un atto di elemosina o di solidarietà ma una grande sfida civile e politica del Paese”
Foto di Mattia Fonzi. Intervista di Nello Avellani e Mattia Fonzi