In questi giorni, in vista delle elezioni comunali a L’Aquila, si vanno scaldando i motori: per le candidature a Sindaco, per la formazione delle liste elettorali che sosterranno i candidati alla guida della città capoluogo d’Abruzzo, per la costituzione delle coalizioni tra partiti, movimenti e aggregazioni civiche, infine per la definizione del Programma d’amministrazione che ciascun candidato Sindaco proporrà ai cittadini. Diverse le strade per arrivare alla scelta dei candidati Sindaci, chi con elezioni primarie, chi per intese tra partiti, chi per indicazione di aggregazioni civiche o dei movimenti politici. Certo è che il ventaglio delle proposte sarà come sempre variegato, dal punto di vista politico e programmatico.
L’Aquila, 8 anni dopo il terremoto, pur con una ricostruzione in atto che comunque procede, si trova ad affrontare uno dei periodi più difficili e complicati sul piano sia economico che sociale. L’Amministrazione che gli aquilani sceglieranno con il loro voto dovrà avere un chiaro progetto di rinascita e di sviluppo. E perseguirlo con determinazione, investendo sulle vocazioni elettive della città, non chiudendosi entro le sue mura - che sarebbe scelta esiziale - ma aprendosi piuttosto a costruire il futuro in un armonico disegno con le comunità dell’antico territorio che contribuì alla sua fondazione, quasi otto secoli fa. Dunque, una visione di futuro d’ampio respiro, che sappia traguardare le contingenze in un progetto ambizioso di città territorio, dialogante con le diverse vocazioni nella provincia e della realtà regionale.
Ci si augura, da cittadini aquilani, che le competizioni e i rapporti tra forze politiche, di maggioranza e opposizione, tralasciato finalmente l’abnorme uso della polemica inutile e dannosa, siano improntati al reciproco rispetto, al confronto costruttivo, alla ricerca del superiore interesse generale. Queste sono le aspettative che tutti, ma specialmente le giovani generazioni, s’attendono da un buon governo cittadino. E non solo a chi avrà la responsabilità di amministrare la città nei prossimi anni oppure a chi sarà chiamato al ruolo di minoranza in Consiglio comunale, spetteranno queste scelte. Ma anche a tutti i cittadini aquilani “probi ed onesti” che, senza deleghe in bianco, affianchino o controllino il governo civico, con una partecipazione generosa e attiva alle questioni che riguardano il bene comune di tutti i cittadini.
Sotto questo aspetto, con grande passione ed un amore autentico verso L’Aquila e il suo straordinario storico territorio, si è fortemente distinto un insigne aquilano, mons. Orlando Antonini, nella proposta e nella visione di futuro. Nunzio apostolico in Zambia e Malawi, poi in Paraguay, infine in Serbia, studioso di architettura religiosa e urbana, alle pregevoli pubblicazioni diventate punto di riferimento per chiunque si occupi di tali discipline, in questi anni non ha fatto mai mancare la sua esortazione, la sua proposta, insomma il suo appassionato contributo scientifico sulle vicende della ricostruzione della città e dei centri colpiti dal sisma. Invocando tuttavia costantemente provvedimenti sul presupposto basilare d’una ricostruzione non “com’era e dov’era” ma del “meglio di com’era”. Insomma una ricostruzione della città che fondasse sul principio irrinunciabile della Bellezza, quale cespite fondamentale per lo sviluppo turistico della città e del territorio, tra i più pregevoli e singolari del Bel Paese.
Il turismo, infatti, nei vari elementi che vi concorrono - arte, architettura, natura, ambiente, paesaggio, storia, enogastronomia, tradizioni e all’Aquila una straordinaria industria di produzione culturale - è tra le vocazioni elettive della città capoluogo regionale e del suo hinterland ricco di bellezze, di borghi meravigliosi, d’un ambiente straordinario, di montagne superbe. Una realtà, questa, finora poco valorizzata e che invece va messa a sistema, facendone una delle prelazioni strategiche dello sviluppo e di nuova occupazione, ora che altri settori produttivi sono in crisi o mostrano segni di cedimento. Dunque, un grande progetto d’investimento sul turismo dovrebbe essere punto irrinunciabile d’un serio Programma amministrativo. Con questa intervista, che volentieri ci ha rilasciato, mons. Antonini offre annotazioni e spunti che ogni candidato Sindaco può raccogliere e far propri. L’amore per L’Aquila e per il “bene comune” dei suoi cittadini, che muovono da sempre l’impegno culturale e civico di Mons. Antonini, certamente non si esaurirà in questo essenziale contributo. Chiunque, infatti, potrà chiedere approfondimenti ulteriori, che egli ben lietamente metterà a disposizione.
Monsignor Antonini, nelle sue pubblicazioni ed interviste lei ha costantemente indicato l’industria turistica come il solo volano della ripresa economica dell’Aquila. Orbene, il terremoto e i disastri naturali che in questi ultimi mesi hanno purtroppo flagellato il Centro Italia e l’Abruzzo spingono a chiederle: considera ancora il turismo la soluzione dei nostri problemi nel futuro dell’Aquila e del suo antico territorio?
In effetti i terremoti e la neve di quest’anno, aggravati dalle irresponsabili o quantomeno imprudenti dichiarazioni di qualche giornalista ed anche di qualche soggetto pubblico, parrebbero togliere validità al turismo quale futuro economico del nostro territorio. Tuttavia, l’esperienza ci dice che i sismi possono durare mesi ed anche alcuni anni ma giungono pur sempre a lunghe, secolari soste. Il fatto è che nel nostro Abruzzo montano non esiste altra materia-prima da cui la ripresa possa prendere le mosse e creare nuovi posti di lavoro. Ragion per cui il discorso turistico può e deve essere assolutamente ripreso, anzi potenziato. Che il turismo costituisca la sola chance per la nostra ripresa economica lo conferma autoritativamente anche il noto studio dell’OCSE, del marzo 2012. E non v’è bisogno di ricordare quanto tale risorsa abbia costituito per la stessa Italia, ancora negli anni Sessanta/Settanta, una delle maggiori entrate del bilancio statale. Il Piano Strategico del Turismo italiano 2017-2022, appena approvato dal Consiglio dei Ministri, tende a recuperare gli indici di quegli anni.
Cosa suggerirebbe, quindi, ai candidati a Sindaco dell’Aquila, ai partiti e alle liste civiche che entreranno in competizione nelle elezioni comunali aquilane del 2017?
Lancio loro un vibrante appello chiedendo che il turismo sostenibile costituisca non uno dei vari punti dei loro Programmi, come finora è stato, ma la scelta strategica attorno a cui far ruotare e da cui far dipendere tutto il resto: ricostruzione, piano regolatore, politiche generali. Un turismo, quindi, da intendere come criterio normativo di base per ogni intervento sull’esistente patrimonio naturalistico ed architettonico-artistico della città e della zona, e di rigoroso adeguamento, al criterio in parola, di ogni successiva pianificazione paesaggistica, insediativo-urbanistica ed infrastrutturale in termini sia di sicurezza sia di bellezza, cubatura, disegno, materiali, colore, ecc. Ricostruire bene e solidamente la città è necessario, ma non basta: occorre anche darle un futuro, e il turismo è la sola risorsa che in tal senso il territorio offre, fonte di un indotto importante di lavoro e che, trattandosi di ricchezza organica al territorio, non è delocalizzabile come lo fu l’Italtel. Inoltre è ecologicamente sicuro, il che non è poco.
In che si sostanzierebbe il turismo nel nostro Abruzzo montano, o come è da intendersi declinato?
Il trinomio natura-arte-cultura, segreto della riuscita dopo che da un centocinquant’anni tramontò la materia prima della nostra economia – pastorizia e zafferano – può declinarsi in molteplici aree di sviluppo:
- il turismo culturale e religioso, per investire nello straordinario patrimonio architettonico-artistico del centro storico cittadino e dei nostri borghi antichi, creando agenzie per visite guidate di monumenti e itinerari per uno, due, tre giorni, nella locale tradizione musicale (auditorium e concerti), cinematografica e teatrale di qualità, nell’Università, nell’artigianato, in eventi unici quali la Perdonanza celestiniana di agosto e i poli devozionali come i santi Corpi di Celestino V e Bernardino da Siena;
- il turismo naturalistico di montagna, da valere però per tutte le stagioni, non solo invernale (campi di sci e alberghi) ma anche estivo, innervato in una rete infrastrutturale e orientato soprattutto ad utenti che desiderino passare lunghi o brevi periodi nei borghi rivitalizzati, in luoghi di villeggiatura con buon clima, ambiente piacevole, ottimi servizi, trekking, cavallo...;
- il turismo enogastronomico e via dicendo.
Osservo come lei parli sempre di territorio, la Città la vede solo organica ad esso...
Questo forse perché provengo dal Contado. Il piano di ripresa non può considerare la sola città, giacché essa, pur sempre nostro fiore all’occhiello e nostro orgoglio, non potrebbe vivere e prosperare in un entroterra deserto. Il turismo come scelta strategica deve necessariamente essere a raggio territoriale (questa era anche l’originaria conclusione del citato studio OCSE), non valere solo per la Città capoluogo ma anche e primariamente per il suo territorio, anzi per l’intero Abruzzo montano, del quale L’Aquila costituirebbe campione ed apri-pista. E il tutto, collocato in una strategia di offerta integrata ‘mari e monti’ Tirreno-Adriatico, sull’asse Roma-Pescara con L’Aquila quale anello centrale di riferimento. Specificamente per la città, si potenzieranno i poli esistenti e/o da creare: quello universitario, quello elettronico e farmaceutico, la pubblica amministrazione, la ricerca, l’alta tecnologia, lo sport.
Pensa lei possibile che la nostra gente di montagna, chiusa di carattere com’è, riesca ad adattarsi ad un’industria essenzialmente aperta e dinamica come il turismo?
Le montagne forgiano duramente il nostro carattere, è vero, ma solo al primo approccio. E comunque si pensi ad un popolo altrettanto duramente forgiato dalle montagne, eppure fortemente sviluppato, come quello svizzero. La nostra ‘chiusura’ non è genetica. Se lo fosse, sarebbe inspiegabile l’eccezionale fioritura demografica, economico-commerciale, politica e culturale che fra il XIII e XVI secolo portò l’Aquila a diventare la seconda città del regno dopo Napoli, aperta a raggio tanto italiano quanto europeo. La nostra chiusura è effetto di condizionamenti storici, data pressappoco dalla dominazione spagnola in poi. I dati storici però son suscettibili per sé stessi a cambiare, e in un favorevole assetto come quello odierno e con un’adeguata accorta politica educazionale attraverso corsi formativi specifici fin dalle scuole primarie, possono modificare di nuovo il nostro carattere, restituendo alla nostra gente quell’apertura all’altro e quel dinamismo imprenditoriale che caratterizzò L’Aquila fino al ‘600 ed oggi si fa indispensabile per la riconversione al turismo dell’economia di base dell’Abruzzo Aquilano.