Venerdì, 22 Novembre 2013 18:50

Ricostruzione e tutela del patrimonio storico: intervista a Fabio Redi

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In questi giorni di continuo dibattito sulle metodologie da seguire e le scelte da effettuare per la ricostruzione della città nel rispetto delle importanti tracce storiche leggibili in molte aree in corso di restauro, abbiamo incontrato chi della storia e dell’archeologia, in particolare del Medioevo, ha fatto un lavoro e una missione: il professor Fabio Redi, titolare della Cattedra di Archeologia Medievale presso l’Università degli Studi dell’Aquila.

Da vent'anni il professore porta avanti ricerche sulla città dell’Aquila e il suo territorio lavorando a scavi archeologici in siti come Amiternum e Ocre e all’analisi, rilievo e ricostruzione degli edifici storici del nucleo urbano.

 

Cosa ne pensa dell’assemblea pubblica organizzata per il “caso” di Porta Barete dall’Amministrazione Comunale, lo vede come un primo tentativo di coinvolgimento della cittadinanza nel processo di ricostruzione?

"Certamente è stata un’iniziativa molto positiva, che fa sperare in un seguito nel caso specifico, con ulteriori sviluppi in altri casi analoghi e quindi complessivamente: dobbiamo evitare toni accesi e polemiche eccessive, per un dibattito aperto e rispettoso anche di posizioni contrarie".

Qual è la sua posizione, da medievista, sul progetto di riqualificazione di Porta Barete e del circuito delle mura cittadine affidato alla Direzione Regionale per i Beni Culturali e Paesaggistici?

"Quanto al progetto di restauro e di riqualificazione del circuito murario cittadino, non posso che esprimere pieno consenso per l’iniziativa e approvazione per l’operato della Direzione Regionale, anche se una lettura stratigrafica degli elevati da parte degli archeologi, in più stretta collaborazione con i tecnici e i vertici della Direzione Regionale, preliminarmente all’intervento, sarebbe stata auspicabile, data la convergenza degli interessi scientifici e la complementarietà delle metodologie. Quanto a Porta Barete, mi sembra che l’ultima ipotesi presentata da Monsignor Antonini sia apprezzabile e da non rigettare, in quanto tiene in debito conto le ragionevoli esigenze degli abitanti del comparto insieme con le possibilità di rimuovere il terrapieno fra la Porta e la chiesa di S. Croce, di riaprire la porta e di collegarla con la chiesa e la viabilità soprastanti attraverso un percorso pedonale e gradinata. Certamente la riapertura della Porta e il conseguente percorso pedonale richiedono un serio ripensamento della viabilità: via Vicentini pedonale, per non correre il rischio di essere travolti dal traffico mentre si esce dalla Porta, e la rampa di via Roma, con una diversa e più formalmente qualificata soluzione del soprapassaggio e della ricucitura delle mura dell’anteporta con il tratto adiacente al Tribunale. Non archi tipo acquedotto romano, bensì linguaggio e materiali moderni".

Sono passati più di 4 anni dal terremoto, e in città sono iniziati numerosi cantieri di ricostruzione e restauro. L’Università dell’Aquila, e in particolare il Dipartimento di Scienze Umane, custode della storia della città, è stato coinvolto? In che modo?

"Purtroppo la città o le Istituzioni dimenticano abbondantemente che l’Università, con i suoi diversi ricercatori, da molti anni ha in osservazione le strutture edilizie, storiche e urbanistiche della città e che ha affinato strumenti di ricerca e diagnostica all’avanguardia".

Un esempio. La Basilica di Collemaggio, il cui progetto di restauro sarà finanziato dall’ENI. Lei si è occupato in passato di studiare la basilica dove ha effettuato anche scavi archeologici. La Cattedra di Archeologia Medievale sarà coinvolta nel progetto? Sarà possibile, per cittadini e turisti, visitare i resti archeologici rinvenuti?

"Quello che auspichiamo e speriamo fermamente è il coinvolgimento sostanziale nella progettazione degli interventi, in quanto unici depositari della conoscenza delle preesistenze archeologiche e strutturali della basilica da noi analizzate stratigraficamente dal 2002 al 2009, con rinvenimenti di eccezionale interesse per la storia del monumento ma anche per la scelta di soluzioni statiche e strutturali di restauro e di fruizione da parte di un largo pubblico".

Un’ultima domanda: pensa che il suo lavoro, in collaborazione con la Direzione Regionale per i Beni Culturali e Paesaggistici e con la Soprintendenza per i Beni Archeologici, e non da ultimo con l’amministrazione comunale, possa essere utile alla creazione di nuove figure professionali sulle quali investire per ricostruire una città migliore e valorizzare il nostro territorio dal punto di vista storico-artistico?

"Mi sembra scontata una risposta affermativa, perché ho speso un’intera carriera lavorativa in questa direzione: collaborazione e integrazione fra le diverse Istituzioni, valorizzazione dei risultati della ricerca, occupazione delle giovani professionalità formate dall’Università".

 

Un vero e proprio lavoro di squadra dunque, in cui ognuno possa mettere in campo le proprie capacità e competenze sarebbe auspicabile anzi necessario per la reale rinascita della città dell’Aquila, a prescindere dal caso di Porta Barete che ha scatenato il dibattito. Ci auspichiamo che gli enti preposti possano accogliere questo invito, arrivato dall’Università, per la costruzione di percorsi e progetti di collaborazione che possano rappresentare anche una prospettiva occupazionale nel settore troppo spesso dimenticato delle scienze umane".

Ultima modifica il Sabato, 23 Novembre 2013 01:24

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