Venerdì, 27 Aprile 2018 00:11

Intervista a Giovanni Lolli: "Sinistra deve rimettersi in connessione con i problemi reali della gente". Non servono leader, il modello è Zingaretti

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“Per governare servono maggioranze parlamentari: il Movimento 5 Stelle sta scoprendo che pur avendo ottenuto un risultato elettorale importante non è in grado di formare un governo; d’altra parte, vengo dal PCI che pur conquistando il 34% dei consensi stava all’opposizione. Ebbene, le alleanze si costruiscono riconoscendo agli interlocutori pari dignità: se al PD si chiede semplicemente d’accodarsi ai Cinque Stelle, dando un sostegno ad un progetto già scritto e confezionato, allora è meglio stare all’opposizione; al contrario, se il Movimento 5 Stelle ha compreso che, da solo, non va da nessuna parte e, dunque, è disponibile a sedere intorno ad un tavolo per discutere, penso che il PD debba aprire al dialogo, con pari dignità che, ovviamente, non significa uguale rapporto di forze, considerato che i pentastellati hanno ottenuto ben altro consenso. Così, si potrebbe davvero dar vita ad un Governo”.

Ospite di Polis su laQtv [qui puoi rivedere la puntata], il vice presidente della Giunta regionale Giovanni Lolli commenta così la delicata fase politica che sta vivendo il Paese, con l’apertura ai dem di Luigi Di Maio e i timidi passi verso i pentastellati del segretario reggente Maurizio Martina.

Le vicende romane s’intrecciano con la crisi del governo regionale, a valle del deludente risultato elettorale alle politiche; col governatore Luciano D’Alfonso che attende la convalida a senatore per lasciare Palazzo Silone, la difficile opera di ricucitura della coalizione di centrosinistra è stata affidata proprio a Lolli che, fino alle elezioni, guiderà la Regione. “Si parte dal riconoscimento di ciò che è accaduto il 4 marzo: un messaggio così chiaro e forte non può essere ignorato; abbiamo assistito ad una formidabile, fortissima critica per come abbiamo governato, in Italia e in Abruzzo. Me ne dispiaccio, penso che abbiamo provato a governare meglio di quanto i cittadini non abbiano riconosciuto: tuttavia, in democrazia non esiste una politica giusta che la gente non capisce. Abbiamo ignorato una monumentale questione sociale: nove anni di crisi hanno scavato nel profondo della società. Sono aumentate povertà e disuguaglianza; non ci sono soltanto le famiglie, e purtroppo sono tante, che non ce la fanno ad arrivare alla fine del mese, ci sono nuclei familiari che, pure non vivendo situazioni di disagio, vedono - per la prima volta in vita loro - il futuro divenire incerto. In questi anni, l’abruzzese – qui o all’estero – ha faticato con l’idea di costruire una vita migliore per sé e, soprattutto, per i propri figli: è la prima volta che la gran parte dei cittadini guarda con preoccupazione al futuro e, per questo, è giustamente arrabbiata. Con chi debbono prendersela? Con chi ha governato fino ad oggi, con noi, che abbiamo avuto in sorte di guidare il Paese, e la Regione, in un momento tanto delicato”.

Dunque, prima di pensare ai pure importanti equilibri della maggioranza di centrosinistra all’Emiciclo, “dobbiamo rimetterci in connessione con i problemi reali della gente” riconosce Giovanni Lolli. Che aggiunge: “In questi anni, per la capacità e l’esuberanza del presidente della Giunta regionale abbiamo puntato moltissimo sulle infrastrutture, sull’annunciare e realizzare importanti finanziamenti per grandi opere di cui l’Abruzzo potrà avvalersi moltissimo, in futuro; al cittadino però, che affronta i problemi della vita quotidiana, delle grandi opere non interessa assolutamente nulla. Ci chiede, piuttosto, di essere più concreti nel rispondere ai problemi del lavoro, dei servizi essenziali, della sanità, delle politiche della casa: ebbene, stiamo tentando di ricostruire un perimetro di governo e una prospettiva, oltre le contingenze del momento, attorno ad un programma di fine legislatura - lo definisco modesto nel senso che non siamo all’inizio di un quinquennio ma dobbiamo governare bene i pochi mesi che restano prima delle elezioni - basato, appunto, su questi temi chiave”.

Il modello è dettato dall’esperienza di Nicola Zingaretti; il governatore del Lazio è stato rieletto per un secondo mandato, ed è la prima volta che accade in Regione, riuscendo nel ‘miracolo’ di ottenere voti anche da cittadini che, lo stesso giorno, in occasione delle politiche, hanno preferito esprimere la propria preferenza per il Movimento 5 Stelle o un per una delle forze politiche di centrodestra. “Il modello è quello – ribadisce Lolli – un centrosinistra unito, allargato alle migliori esperienze civiche: mi ha colpito che su 320 sindaci del Lazio, più di 230 abbiano sostenuto Zingaretti, e la metà erano espressione di movimenti civici. Il governatore è riuscito ad aggregare forze che non si riconoscono più nei partiti tradizionali, prestando attenzione ai più deboli della società”. Chi potrebbe incarnare il modello Zingaretti, qui in Abruzzo? In questi mesi, si sono fatti i nomi di Giovanni Legnini e, appunto, di Giovanni Lolli. “Lasciamo Legnini al riparo da queste voci: sta svolgendo una funzione essenziale per lo Stato e, fino a quando non si concluderà l’incarico, dovrà affrontarla con imparzialità come ha sempre fatto: non sarebbe giusto tirarlo dentro vicende politiche; lasciamo perdere anche Lolli – si schernisce il vice presidente – che nella vita ha fatto tante cose e, in questo ultimo scorcio di legislatura, si è messo a disposizione per ricreare un clima più sereno, in seno al centrosinistra e in Consiglio regionale, provando a ricostruire un progetto politico serio che possa andare oltre questi ultimi mesi di legislatura. Credo che l’errore del centrosinistra sia stato inseguire l’idea ossessiva del leader, dell’uomo solo al comando capace di risolvere contraddizioni e difficoltà; col vento in poppa, i leader vanno anche bene: appena le cose iniziano ad andar male, però, il leader ti lascia in mutande. Funzionano invece le squadre, il lavoro fatto insieme alle forze sociali, ai rappresentanti delle categorie, ai sindacati: in questi anni, c’è stato una sorta di dileggio di ciò che è apparso come vecchio, ma una società che non funziona attraverso i corpi intermedi è una società di persone sole, e le persone sole sono più esposte al tiranno di turno”.

Con Lolli, si è discusso poi alcune vertenze che stanno interessando la Regione e il cratere, in particolare, a partire dalle crisi industriali e del lavoro che il vice presidente conosce benissimo, detenendo la delega alle attività produttive. “L’Abruzzo è una regione molto industrializzata; si pensi che la media del prodotto interno lordo determinata dall’industria nelle regioni meridionali si attesta al 9%: in Abruzzo, invece, siamo al 26%. Questo apparato industriale, importante e ramificato, alla crisi ha retto a fatica: oggi, c’è un pezzo del sistema industriale medio grande che sta andando benissimo, parliamo delle imprese che hanno puntato su ricerca e innovazione, che stanno sui mercati internazionali; industrie meno grandi, invece, non avendo innovato e investito in ricerca sono in difficoltà. E le crisi si susseguono: alcune sono particolarmente dolorose, non essendo giustificate dalla crisi ma da scelte oscene di multinazionali che decidono di delocalizzare altrove. Infine, ci sono le imprese con meno di 9 dipendenti che rappresentano il 94% delle aziende di Regione Abruzzo: in questi anni hanno innovato poco, hanno badato piuttosto a sopravvivere considerato pure che l’accesso al credito è diventato complicatissimo, e i quattrini li hanno messi spesso i titolari. Messa così direi che il sistema industriale ha alcuni chiari e ancora molti scuri”.

Stando a L’Aquila, le vertenze più spinose riguardano gli ex lavoratori Intecs ed il call center ECare per il quale – spiega Lolli - “abbiamo trovato un accordo sindacale complesso: manca soltanto la firma delle Rsu di Roma, e speriamo facciano in fretta: così, potremo guadagnare un poco di tempo, ma le criticità restano”. La vicenda Intecs, invece, “non si risolve se non si affronta seriamente il problema del destino della città: non si riassorbono ricercatori di tale qualità come potrebbero riassorbirsi altri lavoratori. Abbiamo fatto molti investimenti sulla ricerca. Stiamo puntando sulla space economy che, in questo territorio, ha eccellenze assolute: contando sul fatto che Thales possa partecipare al bando che uscirà il prossimo 8 maggio, e vincerlo, avrà bisogno di una serie di fornitori in loco specializzati nella ricerca applicata allo spazio. Qui sta la possibile soluzione: stiamo valutando la costituzione di una newco che, rifornita dal battente che sarà in grado di mettere in campo Thales, dovesse vincere il bando, darebbe soluzione al problema”.

Altra vicenda che preoccupa la città è la richiesta di restituzione delle agevolazioni fiscali e contributive sospese a imprese e professionisti a seguito del sisma del 2009. “Venire a capo della questione è piuttosto complesso”, riconosce Lolli; “bisogna riaprire la trattativa con la Comunità Europea: dovrà essere un governo legittimato, nel pieno delle sue funzioni, a fare ciò che i governi che si sono succeduti fino ad oggi – e lo dico senza imbarazzo – non sono riusciti a fare, e cioè risolvere la vicenda sul piano politico, come si sta facendo con l’Ilva di Taranto per intenderci. Nel frattempo, l’attuale governo può almeno interpretare, così com’è scritta, la disposizione europea, in attesa che altri possano cambiarla; in sostanza, considerato che negli anni in cui è stata in vigore la nostra sospensione l’Europa aveva portato il de minimis a 500mila euro, il limite non può essere posto a 200mila, e davvero non si comprende il motivo per cui l’Esecutivo abbia interpretato la norma nel modo più restrittivo, senza che fosse scritto esplicitamente nell’atto. Chiediamo dunque che il governo faccia un decreto dando altre disposizioni: in questo senso, qualche apertura c’è stata. Tuttavia, il Governo è in ordinaria amministrazione, e non potrebbe istruire decreti: per questo, abbiamo scritto al Presidente della Repubblica facendo appello alla sua sensibilità, affinché l’esecutivo sia messo nelle condizioni di procedere; ebbene, ho ricevuto una telefonata dal Quirinale: il problema è ben conosciuto dal Capo dello Stato che, nel limite del possibile, ci darà una mano. Nel frattempo, c’è stato il pronunciamento del Tar che ha rigettato la richiesta di sospensiva, richiamando la proroga di 120 giorni concessa dalla Presidenza del Consiglio che, tuttavia, non è stata ancora pubblicata in Gazzetta Ufficiale e dunque, di fatto, non è in vigore; per fortuna, in sentenza è scritto che le aziende che non dovessero mettersi in regola nei tempi stabiliti sono tutelate dal provvedimento governativo che, di conseguenza, ha valore giurisdizionale: per questo, abbiamo dato mandato alle società partecipate da Regione e Comune di scrivere al Commissario spiegando che, in ossequio alla disposizione dei giudici, non invieranno la documentazione richiesta, e credo stiano facendo così anche le altre imprese. Guadagniamo tempo: nei prossimi giorni, verificheremo e valuteremo insieme se è il caso di chiamare di nuovo gli aquilani in piazza, stavolta alzando il tiro, magari manifestando a Roma”.

Ultima battuta sulla centrale a compressione che Snam vorrebbe realizzare a Sulmona, a servizio del metanodotto ‘Rete Adriatica’ che collegherebbe Brindisi a Minerbio per portare il gas dell’est Europa ai paesi del Nord. Altra vicenda assurda – sospira Giovanni Lolli – “se è vero che il metanodotto dovrebbe attraversare le aree indicate dall’Ingv come maggiormente esposte al rischio sismico. Abbiamo fatto proposte alternative: abbiamo indicato un altro percorso, a mare, ed un altro luogo dove realizzare la centrale, a Cupello. Purtroppo, ci siamo scontrati con un muro di gomma. Il Governo si è potuto avvalere del parere favorevole che Regione Abruzzo aveva espresso precedentemente sulla centrale a Sulmona; abbiamo smontato quel parere, ci siamo opposti fino all’ultimo ma l’esecutivo ha avocato a sé la decisione: ero presente al Consiglio dei Ministri che ha deliberato sulla centrale a compressione, non abbiamo potuto far nulla. Sia chiaro, andrà così anche per il metanodotto: avocheranno la decisione superando l’opposizione della Regione. Ma stavolta possiamo giocarci una carta importante, gli usi civici che, al momento, sono insuperabili: se blocchiamo il metanodotto, siamo pronti, come Ente, a ricorrere alla Corte dei Conti nei confronti di un Governo che dovesse decidere di realizzare comunque la centrale: ciò che ha detto Snam, e cioè che verrebbe realizzata ugualmente a servizio delle reti metanifere che già attraversano Sulmona, è una barzelletta se è vero che le reti ci sono da tempo e hanno sempre funzionato perfettamente. Una centrale di tale potenza potrebbe giustificarsi soltanto se a servizio del metanodotto Rete Adriatica”.

Ultima modifica il Venerdì, 27 Aprile 2018 00:35

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