"Sono profondamente amareggiato per questa scissione. È una sconfitta di tutti, di chi è uscito e di chi resta. È una sconfitta anche mia; ho il rammarico di non essere riuscito a schermare l'attività del gruppo consiliare dalle beghe correntizie interne al partito, mai realmente sanate dopo le primarie e la sconfitta al ballottaggio".
Rompe il silenzio il capogruppo del Partito Democratico in consiglio comunale, Stefano Palumbo, e a dieci giorni dalla conferenza stampa indetta da Americo Di Benedetto, Emanuela Iorio e Antonio Nardantonio per annunciare la decisione di aderire al 'Passo possibile', lasciando i dem, spiega come la rottura, in realtà, venga a valle di spaccature mai sanate in seno al partito. E poco c'entra l'assenza dello stesso Palumbo, e di Stefano Albano, consigliere e segretario cittadino dei democratici, al discusso consiglio comunale sulla riorganizzazione degli uffici regionali, indicata come la causa dei dissapori con i fuoriusciti e che, invece, ha rappresentanto soltanto l'ultima goccia che ha fatto traboccare il vaso. "Avevo comunicato al gruppo consiliare che non avrei partecipato al consiglio comunale come forma di dissenso per l'assenza dei nostri rappresentanti regionali", chiarisce il capogruppo. Che aggiunge: "Avevo chiesto da tempo che fosse fatta chiarezza sulla vicenda e sollevato dei dubbi in merito: invece, si è arrivati al giorno del consiglio senza avere una posizione e senza nessuno, che ne avesse titolarità, presente in aula per spiegare le ragioni della riorganizzazione. Le responsabilità si assumono non si delegano". Chiaro il riferimento al consigliere Pierpaolo Pietrucci e al vice presidente della Giunta regionale Giovanni Lolli. "Io sono abituato a fare così e siccome è indubbio che sia stato proprio quel consiglio comunale, complice anche la mia assenza, l'episodio da cui è scaturita l'escalation che ha portato alla rottura, ho ritenuto doveroso, nel tentativo di scongiurare la fuoriuscita dei tre consiglieri, rimettere il mio ruolo di capogruppo alla volontà dello stesso gruppo".
La risposta? "Grazie ma questo sarebbe giusto qualora fossi tu il problema... una magra consolazione".
Palumbo ribadisce la sua contrarietà alla riorganizzazione degli uffici regionali così come definita dalla giunta regionale guidata da Luciano D'Alfonso: "Nonostante alcune motivazioni oggettive alla base della decisione di riorganizzare i dipartimenti, resto contrario in particolar modo in merito all'opportunità politica di fare un'azione di riorganizzazione a fine legislatura nel momento in cui si dovrebbero raccogliere i frutti di quanto programmato negli anni precedenti". Dunque, l'affondo: "Penso alla riforma del trasporto pubblico locale, alla delocalizzazione della sede Arta per la realizzazione del masterplan del San Salvatore oltre che alla riorganizzazione degli uffici: ebbene, mi costa ammetterlo ma spesso con la Regione è più in sintonia Pierluigi Biondi di quanto lo sia io".
E a proposito di 'trasversalità', il capogruppo dem condivide la denuncia del deputato e assessore comunale della Lega, Luigi D'Eramo, che, nei giorni scorsi, aveva avvertito la 'politica' di tenersi lontana dalle nomine a capo degli uffici speciali della ricostruzione. "Sono d'accordo con lui sul fatto che la guida degli uffici debba rispondere ad un principio di terzietà nei confronti della politica; mi convince meno, però, la buona fede delle sue considerazioni che, nel gergo politico, corrispondono ad un tentativo di rompere i piani che altri, evidentemente, stanno costruendo e da cui si sente escluso per ritagliarsi, così, una voce in capitolo sulla nomina dei due responsabili. In fondo è il solito schema: anche all'Aquila, la Lega alza la voce contro tutti, in primis contro le forze di centrodestra".
Tornando alla discussa scissione, Palumbo assicura che "con i consiglieri fuoriusciti dal gruppo i rapporti non cambieranno, non saranno mai avversari. Faccio comunque un appello all'intelligenza di ognuno affinché quanto accaduto non crei ulteriori strascichi. Anzi, mi auguro che ognuno sappia da questo inedito assetto in consiglio trovare un rinnovato slancio. Ne ha bisogno la città che sembra piombata in uno stato di apatia e disillusione, divenuta indifferente a qualsiasi accadimento".
Americo Di Benedetto, in conferenza stampa, ha sottolineato come serva una opposizione più costruttiva; altri, in seno al Pd, chiedono, invece, che l'azione consiliare sia più aggressiva. "Ci tengo a ricordate che la mia è stata la prima voce degli sconfitti - tiene a rivendicare Palumbo - quando a criticare alcune posizioni di Biondi e della sua amministrazione si raccoglievano solo insulti; altri preferivano non esporsi, altri ancora presenziavano più alle inaugurazioni dell'amministrazione che alle battaglie dell'opposizione. Il tempo però rende giustizia alle posizioni chiare, bisogna sapere solo da che lato si guarda il mondo e cercare di essere coerenti. Detto questo, l'opposizione è una funzione assegnata democraticamente alle forze di minoranza che ritengo vada esercitata sia in chiave di denuncia che di proposta. Denunciare la perdita di fondi utilizzabili per l'organizzazione della Perdonanza, per le politiche sociali o per il parco della luna, contestare alcune nomine di dubbia compatibilità, contrastare gli atti amministrativi lacunosi e spesso dannosi per l'ente non è forse un compito che l'opposizione svolge nell'interesse e a tutela della città? Poi ci sono gli scontri dovuti ad una diversa visione sul futuro: sul destino di Collemaggio, della sede unica e degli uffici comunali, delle scuole e su tante altre importanti questioni, in un anno l'amministrazione ha soltanto messo in discussione le scelte fatte dal precedente governo senza mai chiarire la propria idea, se mai ci fosse, su un riassetto urbanistico complessivo della città".
Venendo alle proposte - continua Palumbo - da parte dell’opposizione non sono mancate, "ne cito alcune delle ultime avanzate da me: la realizzazione del masterplan per il polo universitario all'ex San Salvatore, il completamento del nucleo Alzheimer all'ex Onpi o la proposta del nuovo regolamento per i CTP avanzata insieme al 'Passo Possibile'; denotano chiaramente la volontà di contribuire al miglioramento della qualità amministrativa. Voglio ricordare, inoltre, come in occasione dello scontro che alcuni esponenti politici pescaresi avevano aperto sul capoluogo di regione fui io a proporre alla conferenza dei capigruppo un ordine del giorno in cui si dava pieno mandato e sostegno al Sindaco di difendere, a nome di tutto il consiglio comunale, l'onore della città; c'era ampio spazio per aprire uno scontro con la maggioranza silente dinanzi alle gravi parole di Lorenzo Sospiri, capogruppo di Forza Italia in consiglio regionale: ho ritenuto, però, che la città e la difesa dei suoi interessi venissero prima. Più che di una opposizione costruttiva o aggressiva, dunque, ritengo ci sia bisogno di una opposizione complessivamente più forte, presente e coesa, soprattutto attiva, che lavori, capace di incidere meglio sulla vita amministrativa e politica".
E' sufficiente al centrosinistra cittadino per ritrovare la strada smarrita? "Assolutamente no. Occorre ricostruire un fronte che vada oltre i confini politici definiti in consiglio comunale; ci vuole confronto, dialogo ma soprattutto impegno civico genuino, disinteressato, non legato agli appuntamenti elettorali. Le distanze che attualmente separano le forze progressiste non si colmano con i buoni propositi ma attraverso il confronto e l'azione su temi reali; è un lavoro imprescindibile se si vuole iniziare a ricostruire una prospettiva reale".
E sul Partito Democratico, Stefano Palumbo riconosce la fase di evidente difficoltà, a livello nazionale e locale, con una ulteriore stoccata: "a livello regionale, il partito è oramai inesistente". La sindrome, dice, è comune a tutti e si chiama autoreferenzialità: "Si continua a ragionare in funzione di ruoli e di appuntamenti elettorali, lasciando sullo sfondo il ruolo nobile che un sistema democratico come quello del nostro Paese assegna ad un partito. É paradossale che questo avvenga in un momento in cui sono tante le persone che non si riconoscono culturalmente nei partiti attualmente al Governo sia nazionale che cittadino. All'Aquila fuori dai partiti ci sono energie e competenze incredibili che vanno coinvolte; il Partito Democratico in cui vorrei stare dovrebbe aprirsi a loro, cercare la loro contaminazione, accettare le critiche per ritrovare il contatto vero con i problemi quotidiani della società che ormai anche l'intermediazione delle categorie fa fatica a rappresentare. Questo è possibile, però, solo con la disponibilità da parte di ognuno a rinunciare alle posizioni di rendita acquisite secondo una gerarchia verticistica che nel corso degli anni ha ingessato completamente il Partito rendendolo respingente".