L’11 giugno 2018 il ministro dell’Interno Matteo Salvini decide di negare, dopo giorni di stallo in mare, lo sbarco alla Aquarius, nave che trasporta 629 naufraghi (attraccherà dopo giorni di stallo in mare a Valencia). Ad agosto l’episodio si ripete con la Diciotti, il pattugliatore della Guardia costiera italiana con a bordo 177 migranti tenuto per giorni, sempre per ordine di Salvini, al largo del porto di Catania senza poter toccare terra (vicenda per la quale lo stesso Salvini sarà indagato).
Il celebre scrittore Sandro Veronesi, premio Strega nel 2006 con Caos Calmo, rimane a tal punto turbato da queste due vicende – e dal vocabolario usato dal ministro, che utilizza espressioni come “pacchia” o “crociera” riferendosi alle navi che le ong usano per i loro salvataggi - che inizia a scrivere in privato a amici e colleghi sulla necessità mobilitarsi e fare qualcosa. Non bastano più gli appelli alla ragionevolezza, l’invito ad “aprire i porti” o le invocazione a “restare umani”, pensa Veronesi. E' arrivato il momento di “metterci il corpo”. A iniziare dal suo.
Per questo, lancia un appello sul Corriere della Sera a Roberto Saviano e a altri esponenti del mondo della cultura proponendo l’idea di salire sulle navi delle ong per documentare quello che sta avvenendo al largo della Sicilia. Dà vita anche a un collettivo, battezzato, non a caso Corpi, per lanciare idee e progetti.
Alla fine Veronesi non riuscirà, per una serie di circostanze sfavorevoli a imbarcarsi sulla nave della Proactiva Open Arms ma decide comunque di raccontare la sua esperienza in un instant book, Cani d’estate (La nave di Teseo), scritto “abbaiare” contro il razzismo e tentare di scuotere l’indifferenza.
Il libro verrà presentato oggi all’Aquila (ore 17, libreria Colacchi, via Enrico Fermi: ingresso libero) e a dialogare con Veronesi ci sarà un altro scrittore, anch’egli vincitore del Premio Strega (nel 2016, con La scuola cattolica): Edoardo Albinati. L’incontro è organizzato da Greta Salve.
Anche Albinati ha scritto un pamphlet, Cronistoria di un pensiero infame (Baldini e Castoldi), incentrato sugli stessi temi del libro di Veronesi, affrontati, però, con una vis polemica e un taglio diversi.
Il casus belli che ha ispirato il libro, infatti, è un fatto accaduto personalmente allo scrittore romano.
Il 12 giugno 2018, proprio neelle stesse ore in cui l’Aquarius viene respinta dal governo italiano, Albinati, durante la presentazione di un libro a Milano, dice una una frase per cui viene attaccato su alcuni giornali e sui social network: “Sapete, sono arrivato a desiderare che morisse qualcuno, su quella nave. Ho desiderato che morisse un bambino sull’Aquarius”.
Anziché rispondere alle polemiche, Albinati scrive un libro per spiegare perché abbia avuto quel “pensiero infame” e perché sia arrivato a
esprimerlo pubblicamente.
Il libro, però, va oltre le premesse da cui è scaturito e si trasforma in una riflessione su cosa significa mettersi in viaggio in mare come fanno i migranti che arrivano dalla Libia, su chi siano gli intellettuali e quale sia il lavoro degli scrittori, ma anche sul fare a botte o sui detenuti a cui insegna da molti anni.
NewsTown ha rivolto alcune domande a Sandro Veronesi.
Veronesi, sono passati diversi mesi dalle vicende Aquarius e Diciotti ma i casi della Sea Watch e della Sea Eye, arrivati a un lieto fine solo ieri dopo quasi un mese, dimostrano che non è cambiato molto: il governo non ha invertito la rotta sugli sbarchi, forte anche di un’opinione pubblica che, stando ai sondaggi, sembra appoggiare il pugno duro sull’immigrazione. Sembra che il vostro “abbaiare” non sia servito a molto. Lei cosa pensa?
Non credo che abbaiare non sia servito. Ha contribuito a generare un idem sentire che, a parte Salvini e i suoi fan più esaltati, fa giudicare a tutti gli gli altri come intollerabile la situazione che si è creata in queste settimane. L’estate scorsa questo non era avvenuto. Poi, su chi siano i colpevoli e quali debbano essere le iniziative da prendere per evitare il ripetersi di questi fatti drammatici la discussione esplode in tutte le direzioni: ma al momento lo sdegno che l’estate scorsa era di pochi è diventato di molti.
Nel libro lei critica severamente Salvini, che apostrofa ripetutamente definendolo “l’uomo che non conosce il mare”. Qualche giorno fa Roberto Saviano ha attaccato invece Luigi Di Maio, accusato di “paraculismo” per aver proposto di far venire in Italia solo le donne e i bambini della Sea Eye e della Sea Watch, senza, però far attraccare le navi. Cosa è più grave, secondo lei, il comportamento manifestamente ostile e cinico di Salvini, che rivendica e ostenta una politica rigorista e restrittiva sui migranti, Saviano, o la posizione “pilatesca” presa da Di Maio e dei Cinque Stelle?
È più grave il comportamento di Salvini – ma certo che quello di Di Maio, oltre a essere veramente peloso, dà conto del fatto che nemmeno lui si rende conto che l’unica vera cosa che sta succedendo è il dramma vissuto da questi 49 esseri umani e lo slancio quasi eroico degli equipaggi delle navi che li hanno salvati. E non rendendosene conto, cerca di specularci sopra pure lui.
In un recente libro pubblicato dal Mulino, La Lega di Matteo Salvini, Gianluca Passarelli e Dario Tuorto, professori di Scienza politica alla Sapienza e all’Università di Roma, definiscono quello del Carroccio “un messaggio di matrice eversiva dai tratti fascisti”. Il fatto che Salvini abbia, in questo momento, un alto consenso, vuol dire che in Italia è in atto o esiste un pericolo di deriva autoritaria? Come spiega questa virata nazionalista?
Lo spiega benissimo Theodore Adorno: “Un pazzo fa molti pazzi”.
Ha firmato l’appello anti-nazionalista We Europeans di Libération, al quale hanno aderito, tra gli altri, Cacciari, Wim Wenders e Cohn-Bendit?
No. Non ne sapevo nulla.
Dopo che avete fondato Corpi e lanciato gli appelli per salire sulle navi delle ong, c’è qualche partito o qualche politico che vi hanno appoggiato o che si sono interessati alla vostra iniziativa?
In quanto partito politico, nessuno – anche perché saremmo stati noi a respingerlo, nel caso che uno si fosse fatto avanti per mettere il cappello sopra la nostra iniziativa. Vero è che in questi mesi ci siamo trovati a lottare fianco a fianco con alcuni deputati, che si erano impegnati a titolo personale: Nicola Fratojanni, Erasmo Palazzotto, Riccardo Magi in forma proprio diretta, e Pier Francesco Majorino, Pippo Civati, Elly Schlein e altri in forma meno frontale ma costante e ugualmente apprezzata.
Si aspettava un’adesione, da parte di scrittori, artisti e intellettuali, maggiore rispetto a quella che c'è stata?
No. Non è stata un’adesione insufficiente, secondo me. Siamo in tanti davvero.
La sua, come quella di Albinati, è anche una riflessione, seppur indiretta, sugli intellettuali. Chi sono e che ruolo hanno oggi gli intellettuali?
Più che altro lo è quella di Albinati – e nel suo libro si trovano passaggi illuminanti, al proposito. Per quanto riguarda me non c’è quella lucidità, e questo spiega perché io non sappia bene cosa rispondere a questa domanda.
Sempre Passarelli e Tuorto sostengono, nel loro libro, che il successo e il consenso di cui gode in questo momento la Lega dipendono anche dall’“assenza di memoria storica degli italiani, dalla debolezza delle nostre istituzioni e dal fatto che siamo uno dei Paesi europei con il più alto tasso di analfabetismo funzionale”. In un altro Paese, con uno Stato e delle istituzioni più forti, un’opinione pubblica più informata e un sistema dell’informazione più forte, scrivono i due professori, Salvini non avrebbe tutto questo seguito. Lo pensa anche lei?
Temo che le caratteristiche che lei enumera, pur perniciosissime, non siano peculiari di questo ventaccio che soffia sull’occidente. In molti altri paesi, anche quelli presi a modello per partecipazione democratica e qualità dell’informazione, ci sono figure di estrema destra che stanno ottenendo consenso facendo leva su disinformazione, razzismo e aggressività sociale. Ma l’avanzata di Salvini, come dice lei, non lo ha ancora portato a nulla, visto che è solo un vice-primo ministro.
I social si sono dimostrati un’arma efficacissima nelle mani del cosiddetto fronte sovranista-xenofobo. Senza i social saremmo arrivati, secondo lei, a questo clima di odio e rabbia? Cosa si dovrebbe fare per arginare il fenomeno delle fake news sui migranti divulgate attraverso i social?
Sì, credo che i social media, così come sono gestiti ora, siano lo strumento principale con cui il mondo occidentale si è contaminato di tutte le stronzate che stanno alla base del successo delle destre estreme. Cosa si può fare? Piantarla col mito morto e sepolto della totale "libertà" del web, e introdurre regole anche lì, come ce ne sono nella società reale. Prima tra tutte, l’obbligo di legare l’account utilizzato alla propria identità – facendo fuori in un colpo solo quell’esercito di bot che è il principale veicolo di diffusione delle fake news e dell’odio politico.
Cosa pensa della ribellione dei sindaci al decreto sicurezza? E’ giusto, per un sindaco, non applicare la legge, dar vita a pratiche di disobbedienza civile? Anche voi vi muoverete su questo tema, dando vita ad altre mobilitazioni o iniziative?
Non si tratta di non applicare una legge: si tratta semmai di sospendere l'applicazione dei suoi articoli più controversi, in attesa del pronunciamento della Consulta circa la loro costituzionalità. E questo mi pare sensato, perché venire informato dopo due anni del fatto che una legge che ti ha vessato non era costituzionale mi sembra ridicolo. Dopodiché noi, come gruppo d’impegno, non abbiamo né titolo né intenzione di metterci a trasgredire le leggi – anche perché non servirebbe a nulla, e in questo caso nemmeno potremmo farlo. Possiamo dare il nostro sostegno, questo sì, agli amministratori che, per principio di cautela, decidano di aspettare il pronunciamento della Consulta su certe leggi, prima di applicarle.