Martedì, 24 Novembre 2020 18:46

Intervista a Raffaele Colapietra che oggi festeggia 89 anni

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Oggi, L’Aquila festeggia il compleanno di uno dei suoi figli più illustri, lo storico Raffaele Colapietra, che compie 89 anni di mercoledì, “il mio giorno preferito della settimana – sorride – il giorno in cui sono nato, alle 10 di sera in via Cascina, nel quarto di Santa Maria, battezzato in Santa Maria Paganica, con radici dunque molto profonde in città”.

Colapietra ha attraversato un pezzo di storia dell’Aquila, di cui conosce corsi principali e stretti vicoli, piazze, cortili di palazzi nobiliari e chiostri che ne raccontano secoli di vita; certo è che l’89esimo compleanno cade in un periodo storico davvero straordinario, nella sua accezione di 'fuori dall’ordinario', in cui “bisogna sopravvivere, prima di tutto” riflette. “E’ una posizione difensiva, ma nella difesa c’è l’osservazione di ciò che accade intorno a noi; ebbene, oltre le circostanze degli ultimi giorni - che mettono l’Abruzzo in una situazione particolarmente difficile e critica, e la nostra città più di ogni altra - mi pare che, a livello generale, sia venuto meno, credo definitivamente, il mito del nord e della Lombardia; da un punto di vista politico, in senso lato s’intende, può essere un elemento positivo. Le avanguardie settentrionali, leghiste o lombarde, hanno dimostrato tutta la loro pochezza. Abbiamo assistito alla mediocrità con cui l’Italia ha reagito a questo imprevedibile flagello e, tutto sommato, all’energia con cui il governo nazionale ha affrontato e cerca di governare un momento inimmaginabile, almeno fino a poco tempo fa”.

Colapietra non conosce il fumettista Zerocalcare, finito sulla copertina dell’Espresso come l’ultimo degli intellettuali; una provocazione, forse, quella del settimanale, che segna una mancanza, quella degli intellettuali appunto, in un momento così drammatico per il paese. “Se è così, non lo prendo comunque come un handicap”, risponde però Colapietra; “la parola decisiva spetta alla politica: non mi pare che la politica, oggi come oggi, sia così inefficiente, enunciativa come viene spesso denunciato. La politica ha una sua strategia di rigore, e il rigore è l’unica via che può essere seguita in questo momento. E’ la popolazione che deve aderire a questo rigore rinunciando, per esempio, ai cenoni di Natale, che non fanno parte della liturgia, della religiosità piuttosto rappresentano l’ostentazione di un benessere al quale si può, cristianamente anzitutto e poi umanamente, rinunciare”.

Una discussione, quella sulle festività natalizie e sulla necessità di ‘tenere aperto’ il paese almeno per darci la possibilità di fare le compere, che, per alcuni – al di là della sacrosanta necessità di dare ossigeno ai piccoli commercianti – restituisce il senso di cittadini divenuti oramai consumatori.

Un ragionamento che convince Colapietra: “Non occorreva altro che un flagello spaventoso per intendere che siamo scivolati su questo crinale, in un processo compiuto di americanizzazione. Dal punto di vista del way of life, gli Stati Uniti d’America sono la nazione più indegna d’esercitare il primato tra quelle che, a partire dai persiani e passando per greci, romani, francesi, spagnoli, inglesi e tedeschi, abbiano avuto una leadership mondiale. Una civiltà consumistica tutt’altro che pregevole e che, al confronto con flagelli di tipo medievale come quello che stiamo vivendo, mostra la sua pochezza, spirituale e civile”.

Nelle prossime settimane verrà presentato un libro uscito qualche giorno fa per la Textus Edizioni, “Intervista sull’Aquila. Storia della città in sessanta risposte”, un’intervista a Colapietra a cura di Marta Vittorini. Non vi sveliamo altro ma, all’ultima domanda, lo storico sottolinea come L’Aquila, già prima del terremoto, stesse vivendo una fase di addormentamento culturale e civile.

Una fase che, chiarisce ai nostri microfoni, “è destinata a durare ben oltre il covid. Lo shock dato alla città dal terremoto è difficilmente sanabile, direi difficilmente governabile: la città è entrata in un lungo periodo in cui lascia viversi e contemplarsi, con forme più o meno occasionali di protesta, di ambizione al cambiamento che restano, però, allo stato velleitario. La città si è resa molto mediocre e vive molto mediocremente”, ammantandosi – aggiungiamo noi – di uno sguardo retorico sul passato che non permette di guardare compiutamente al futuro.

“La sorte ha fatto sì che io non avessi, nella mia lunga vita, il conforto di una vicinanza femminile giovanile: non ho avuto una sorellina, non ho avuto una figlioletta da proteggere. Questo è stata L’Aquila per me, una figlioletta da difendere: rispetto all’Aquila, sono sempre stato nella posizione di chi deve aiutarla, e non mi sono mai inebriato delle sue magnifiche sorti e progressive; la città deve essere innanzitutto amata e rispettata, non glorificata in forme dissennate altrimenti si perde il senso delle proporzioni e si sfiora il ridicolo. E che debba essere ridicolizzata mia figlia, mia sorella, santo iddio proprio no. L’aquilanitas è la cosa più vuota che possa esistere, una espressione astratta, senza senso, di cui purtroppo si fa largo uso. Piuttosto, avrei voluto che le cose veramente aquilane venissero valorizzate, che si conoscesse meglio la storia della città”.

Una nota amara, che non spegne il sorriso dello storico pensando alla giornata di festa: “Oggi, mangerò una cosa che piace soltanto a me” scherza Colapietra, salutandoci; “Un primo piatto di cipolle”.

Ultima modifica il Mercoledì, 25 Novembre 2020 10:51

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