Il primo giorno all'Università dell'Aquila e il secondo presso la spazio di CaseMatte, la proiezione del film La trattativa di Sabina Guzzanti ha riempito 'le sale' del capoluogo abruzzese in ogni ordine di posto.
La regista sta promuovendo così il suo nuovo film, che dopo aver trovato poco spazio nella distribuzione ufficiale, sta girando il Paese grazie al grande interesse del pubblico e delle associazioni sparse sul territorio (il Comitato 3e32/CaseMatte per L'Aquila).
La causa sta evidentemente nel tema trattato che ripercorre le fasi della cosiddetta trattativa Stato mafia sulla scia del Processo aperto dalla Procura di Firenze nel 1998 e che ha subito un grosso impulso nel 2009 grazie alle rivelazioni di Massimo Ciancimino, figlio di Vito.
Il film è girato con un linguaggio ibrido che miscela fiction e documentario, in cui Guzzanti dichiara anche nello stesso film il meccanismo scenico, auto dichiarando da subito che ciò che si sta per vedere è una rappresentazione e svelando gli autori:" "Siamo un gruppo di lavoratori dello spettacolo e abbiamo scelto di mettere in scena i fatti sinora noti nella trattativa Stato Mafia" afferma nella pellicola la regista.
La ricostruzione si basa su intercettazioni, testimonianze di pentiti, atti processuali, documenti storici e interviste a magistrati (come Luca Tescaroli, Alfonso Sabella, Antonio Ingroia) e all'ex ministro Mancino.
Ne risulta un film dal buon ritmo che tiene lo spettatore incollato allo schermo, ma sopratutto molto coraggioso che ha come merito principale quello di rinfrescare la memoria degli italiani su un argomento tabù come quello della trattativa tra lo Stato e la mafia successiva al periodo delle stragi che si verificarono tra i 1992 e il 1993.
E' proprio da lì che parte la complicata ricostruzione storica: dopo il maxiprocesso alla Mafia l'organizzazione guidata al tempo da Salvatore Riina sceglie di rispondere con violenza attaccando direttamente lo Stato. Da qui i sanguinosi quanto spettacolari omicidi del politico Salvo Lima e poi dei giudici antimafia Giovanni Falcone e Paolo Borsellino; le bombe che esploderanno tra Roma, Firenze e Milano fino al 93' causando una decina di vittime e seminando terrore in tutta Italia sotto il settennato del Presidente della Repubblica Oscar Scalfaro.
Sarebbe stato a quel punto che pezzi dello Stato avrebbero scelto di trattare per porre fine a quegli attentati e ricondurre mafia e Stato ad una più pacifica convivenza. Nell'ambito delle vicende di questa trattativa anche l'ex Ministro dell'Interno Nicola Mancino è stato indagato per falsa testimonianza nel 2012.
Il film sposa la teoria secondo cui la mafia poi depose le armi con l'inaugurazione della nuova stagione politica che ha avuto in Forza Italia, Silvio Berlusconi e Marcello dell'Utri i suoi protagonisti. Così, con un partito che secondo la tesi del film avrebbe unito mafia a pezzi di massoneria, "la mafia stava ottenendo quello che voleva", come dichiarato dal collaboratore Gaspare Spatuzza.
Guzzanti ripercorre e mostra la vicenda dell'omicidio di Borsellino e della "costruzione del colpevole" Enzo Scarantino; dell'incontro avuto prima della morte dallo stesso Borsellino con il Ministro Mancino, il capo della polizia Parisi e il numero tre dei servizi segreti Contrada dal quale il magistrato "tornò visibilmente scosso", come testimonia il pentito Gaspare Mutulo che Borsellino stava interrogando prima e dopo l'incontro; dell'incontro tra i vertici dei Ros (per contro del colonnello Mario Mori) e Vito Ciancimino per cercare di riportare Riina a ragionare; del controverso arresto dello stesso Riina nel primo giorno di installazione a capo della Procura di Palermo di Gian Carlo Caselli; della mancata perquisizione al covo di Riina che avrebbe con ogni probabilità permesso di acquisire documenti importanti; e della vicenda che vede come protagonista l'infiltrato Luigi Ilardo (che finirà assassinato) ed il colonnello Michele Riccio grande accusatore del Maresciallo Mori accusato (assolto in primo grado nel 2013) di favoreggiamento al boss Provenzano.