La Perdonanza Celestiniana 2013 sarà densa di novità, almeno per quanto riguarda i suoi aspetti rituali. Questo è l'elemento rilevante emerso dalla presentazione, svoltasi ieri in Comune, della 719esima edizione della manifestazione più importante in città. “Un'edizione di transizione”, come l'ha definita il sindaco Massimo Cialente, che durante il tradizionale corteo del 28 agosto porterà per la prima volta la Bolla del Perdono. Questo ovviamente non significa che il Sindaco sarà il nuovo Giovin Signore – come ironizza in queste ore qualcuno sui social networks – il quale comunque manterrà il suo posto, accompagnato come sempre dalla Dama della Bolla.
Una novità rilevante, suggerita da Walter Cavalieri. Aquilano doc, professore e storico, Cavalieri è entrato quest'anno nel Comitato Perdonanza.
Il lavoro che in queste ultime settimane ha svolto è proprio quello, certosino, di ricostruzione storica, con l'obiettivo di introdurre alcune modifiche che tendono ad avvicinarsi alla realtà.
Abbiamo cercato di capire insieme a lui l'importanza del riavvicinamento alla realtà storica per una manifestazione come la Perdonanza Celestiniana.
Qual è il motivo profondo per cui ha suggerito al Comitato Perdonanza di far portare la bolla al Sindaco e non, come di consueto, alla Dama della Bolla?
Il corteo è solitamente l'atto con cui il proprietario della bolla – il camerlengo del Comune che l'ha ricevuta da Celestino – arriva all'arcivescovado e invita il Vescovo a partecipare alla Perdonanza. Dunque dev'essere il Sindaco che va in Curia e invita il Vescovo ad unirsi, e questo spiega anche il cambiamento del percorso del corteo nell'edizione di quest'anno. E' un corteo che c'entra poco con personaggi, in alcuni casi anche 'settecenteschi', presenti solitamente durante la sfilata.
Tutta la manifestazione non ruota intorno a un simbolo ma attorno a un documento autentico che è la Bolla di Celestino. E' stata ampiamente dimostrata l'autenticità della Bolla del Perdono, occorre dunque puntare su questa unicità. E' un documento che ha consentito a L'Aquila anche di avere una certa fortuna economica nel '300, di porre le basi di quello che sarebbe stato il secolo d'oro nel '400, quello dell'arrivo dei mercanti forestieri in città e anche dell'insediamento di comunità straniere come quella tedesca, ebrea o francese.
Un'altra novità di quest'anno è quella che lei ha chiamato “respect zone”, cioè la decisione di evitare lo svolgimento di eventi laici e ludici nella zona di Collemaggio e del Parco del Sole. Perché?
E' giusto, per motivi di rispetto e di divisione tra la parte laica e quella religiosa, che quella zona non sia sede di grandi eventi musicali e spettacolari. Storicamente la Perdonanza è collegata anche a una grande fiera, e quindi anche ad aspetti laici e ludici, però è giusto che si svolgano in altre aree, magari quelle che necessitano di rivitalizzazione, all'interno del nostro centro storico: da San Basilio a San Bernardino passando per Piazza Duomo.
Il Comitato Perdonanza, di cui lei fa parte, si è riunito solo tre mesi prima della manifestazione. Questo non ha aiutato certamente a un cambiamento radicale dell'approccio alla manifestazione. Quali altre novità sono in programma, nell'ottica di un lavoro di pianificazione a 'lungo termine', per le prossime edizioni?
Già dal prossimo settembre mi piacerebbe che si avviasse una campagna di studio sulla storia della nascita della città e della Perdonanza all'interno delle scuole di ogni ordine e grado. E' giustissimo che i giovani si divertano nei concerti e negli eventi durante la settimana della Perdonanza, ma sarebbe bello anche che sapessero il perché e l'origine della manifestazione.
A proposito di concerti ed eventi culturali, quest'anno – anche grazie alla 'esclusione' dell'area di Collemaggio – le iniziative si svolgeranno quasi esclusivamente nelle piazze del centro storico. C'è in programma, visto il policentrismo che la città vive oggi, un futuro 'decentramento' degli appuntamenti della Perdonanza?
Credo che per il futuro sia auspicabile. La Perdonanza, in forma scenografica e spettacolare, si è riavviata due volte: nel 1932 con Adelchi Serena e nel 1983 con Tullio De Rubeis. In entrambi i casi è stata pensata una manifestazione che potesse essere in grado di attrarre visitatori da fuori città e turisti. Mi sembra invece che, viceversa, in questo momento dovremmo pensare di più a una Perdonanza della città, nella città e soprattutto per la città. Può e deve essere un'occasione per ricostruire un territorio dal punto di vista della propria identità, della coesione sociale e dei valori, soprattutto quelli laici che sono impliciti nella Bolla del Perdono: pace, perdono, rispetto per le persone e per l'ambiente. Altrimenti rischia di diventare un mero spot turistico che, tra l'altro, ha già ampiamente dimostrato di non essere funzionale all'economia cittandina. Questa ricostruzione identitaria passa anche per il decentramento delle location, dobbiamo trovare il coraggio di spingerci fuori le mura: la fascia fluviale dell'Aterno, Amiternum e Madonna Fore sono degli esempi. Far vivere la Perdonanza alla città significa soprattutto farla conoscere ai giovanissimi che - a quattro anni dal sisma - si può dire che non l'abbiano ancora conosciuta.