Sabato 22 ottobre, all’interno di un Auditorium del Parco brulicante di persone si è tornati a parlare dell’Eccidio dei Nove Martiri aquilani. I nove ragazzi tra i 17 e i 21 anni brutalmente uccisi dal regime nazi-fascista il 23 settembre del 1943.
L’occasione per tornare a parlare di questa storia, impressa nell’aquilanitas identitaria della nostra città, è stata la presentazione dell’ultimo libro dello storico Walter Cavalieri, intitolato “Processo per i Nove Martiri Aquilani”.
Nel volume, come ha tenuto a precisare lo stesso autore, sono presenti elementi inediti che sono emersi dalla desecretazione dei documenti processuali conseguenti all’esecuzione. Infatti, come ha spiegato la la direttrice dell’Archivio di Stato dell’Aquila, Marta Vittorini, alcuni documenti, considerati ultrasensibili, possono essere resi pubblici solamente a settanta anni di distanza dall’accaduto, in modo tale da non violare la privacy degli individui coinvolti.
Per presentare il libro sono interveni Fabrizio Marinelli, Presidente dell’Assemblea dei Soci della Fondazione Carispaq, Maria Teresa Giusti, Docente Ordinario presso l’Università D’Annunzio di Chieti-Pescara e, la già nominata, Marta vittorini. Inoltre, la presentazione è stata impreziosita dalle letture di alcuni brani tratti dal libro da parte dell’attrice Tiziana Gioia. Quest’ultimo elemento ha fatto sì che si creasse un’atmosfera in grado di superare il tempo regalandoci squarci di storia mai vissuti. Sono intervenuti anche il Vicesindaco Raffaele Daniele, l’ex sindaco Massimo Cialente e Vladimiro Placidi.
Ovviamente ha preso la parola anche lo stesso Cavalieri, il quale nel parlare del libro ha sottolineato che fra le ricorrenze civili quella dei Nove Martiri è la più radicata nella città. Eppure, il professore ha notato come questo episodio sia sempre stato in bilico fra cerimonie encomiastiche e reazioni riduzionistiche e denigratorie.
“L’opinione pubblica aquilana traballa fra il considerare questi nove giovani dei partigiani combattenti o vice versa dei giovanotti sprovveduti che si sono lanciati in una goliardata. Per me questa ambivalenza è insopportabile. Vedere queste due posizioni drasticamente opposte mi ha sempre sconcertato, per questo ho provato ricercare da storico la veridicità delle cose.” Così l’autore ha spigato la motivazione che lo ha spinto verso questa ricerca. E nel proseguire ha dichiarato “ La verità è irraggiungibile ma lo sforzo ermeneutico di capire o avvicinarsi alla verità va fatto e merita la fatica e la dedizione di chi si dedica a questi studi. Il macigno fino ad oggi contro cui ci si è scontrati è la secretazione di questi atti perché non si era mai sentito parlare direttamente le voci dei personaggi del tempo, come il vescovo Confalonieri il console Masciocchi, i cittadini e i compagni dei nove giovani. Questo impedimento ha frenato un ulteriore avvicinamento alla verità.” Ma Cavalieri ha assicurato che nel suo ultimo volume non c’è spazio per la letteratura, in questo libro sarà possibile trovare solo realtà storica.
Il professore si è spinto fino ad affermare che questo è un libro che si è scritto da solo, attraverso la trasposizione dei dialoghi, dei verbali e dei documenti che facevano parte del processo.
Del libro è protagonista una madre, un’insegnate siciliana, Diega Caico, che cerca di dare un senso alla morte del figlio. La donna cerca di trovare risposta a questa domanda "Per quale motivo di trenta ragazzi solo dieci sono stati presi tra cui uno liberato, e i nove restanti uccisi senza processo?"
Lo scopo di questo libro è capire davvero cosa accadde, al fine di attrezzarci intellettualmente all’anniversario degli ottant’anni dall’Eccidio dei Nove Martiri, che sarà celebrato l’anno venturo, perché come scrisse Corrado Colacito “L’episodio dei nove martiri, una perla nel fango” dell’Italia di quegli anni.
È necessario affermare che la storia narrata da questo libro è una storia legata a tutti gli aquilani ma che non tutti gli aquilani conoscono a fondo.
La storia di un eccidio, una storia del passato ma che resta attuale. La storia di una sofferenza che non passa mai, che resta nelle ossa di chi vive il presente. Soprattutto in un presente in cui quelle logiche di guerra, quei crimini indicibili restano ben saldi e presenti.