Venerdì, 13 Settembre 2013 16:47

Siria, ci sono anche armi italiane negli arsenali di Bashar al Assad

di 

La soluzione è vicina: la Siria avrebbe accettato il piano russo per la messa sotto controllo internazionale delle armi chimiche. A confermarlo, in una intervista a Russia24, il presidente Bashar al Assad. Nelle scorse ore, l'invio alle Nazioni Unite dei documenti necessari alla firma della Convenzione internazionale che bandisce le armi chimiche.

Washington, però, tentenna. In pochi, alla Casa Bianca, credono alle parole di Assad. La verità è che la diplomazia russa ha messo con le spalle al muro gli Stati Uniti. In un editoriale firmato per il New York Times, Putin ha sottolineato che la Russia "non sta proteggendo il governo siriano, ma la normativa internazionale". E ha voluto mettere in guardia sulle conseguenze di un potenziale attacco americano contro Damasco, che sarebbe, senza l'appoggio dell'Onu, un "atto di aggressione".

"Non c'è dubbio che gas sia stato usato in Siria. Ci sono ragioni per ritenere, però, che non sia stato l'esercito siriano ma le forze dell'opposizione, decise a provocare un intervento delle potenze straniere", ha incalzato il presidente russo. "Dobbiamo smetterla di usare il linguaggio della forza e tornare sulla strada della diplomazia. Una nuova opportunità per evitare un'azione militare è emersa negli ultimi giorni. Gli Stati Uniti, la Russia e tutti i membri della comunità internazionale devono trarre vantaggi dalla volontà del governo siriano a mettere l'arsenale chimico sotto il controllo internazionale per una successiva distruzione".

Scacco matto. La questione è al centro dell'incontro a Ginevra fra il segretario di Stato americano, John Kerry e il ministro degli Esteri russo, Sergei Lavrov. In attesa di avere ulteriori elementi lunedi prossimo, quando sarà reso pubblico il rapporto degli ispettori Onu sugli attacchi con armi chimiche, compreso quello del 21 agosto che ha aperto la strada alla reazione americana.

Se è vero che l'intervento americano potrebbe essere sventato, la situazione in Siria resta drammatica. L'Unicef ha rivelato che sono circa 7mila i bambini che hanno perso la vita da quando è esplosa la guerra civile, mentre un altro milione (di cui 740mila sotto gli 11 anni) è iscritto nel registro dei rifugiati. Nel complesso, sono 6.800.000 le persone colpite dal conflitto, di cui la metà, 3.128.000, sono minori. Nelle ultime settimane, in media, 2.500 bambini ogni giorno hanno lasciato il paese. Una vera e propria catastrofe. Che si è incancrenita, dopo due anni e mezzo di violenza.

Le potenze occidentali discutono, oggi, di un intervento militare. In due anni, però, la comunità internazionale non è stata in grado di imporre un embargo sulle forniture di armi verso la Siria. L’Unione Europea, che dopo le prime repressioni violente nel maggio 2011 aveva implementato un embargo di armi, dallo scorso maggio ha addirittura deciso di allentare le misure restrittive lasciando cosi, ad ogni paese membro, la possibilità di “decidere autonomamente”.

E indovinate un pò qual è il principale partner europeo per le spese militari del regime di Assad? L'Italia. A denunciarlo, documenti ufficiali dell'Ue e i dati resi disponibili dal Campaign Against Arms Trade (Caat).

Cosa abbiamo venduto al regime siriano? A leggere le inchieste del portale Unimondo.org, che con il giornalista Giorgio Beretta segue la vicenda da tempo, parliamo in particolare di 500 sistemi di puntamento Turms, visori termici e laser che consentono ai carri armati di sparare con altissima precisione anche in movimento. Produzione Selex Es (prima Officine Galileo, poi Galileo Avionica e ancora Selex Galileo) del gruppo Finmeccanica che, nel 1998, ha firmato una mega commessa con la Siria per 229milioni di dollari.

L’autorizzazione del governo italiano a quella fornitura-monstre si può leggerla nella 'Relazione sui materiali d’armamento' che il governo D’Alema trasmise al Parlamento il 31 marzo 1999. "Nel 1998 la quota rilevante delle esportazioni - è scritto - si è concentrata su un solo Paese di destinazione e in pratica per una sola commessa. La Siria infatti si attesta al primo posto, tra i Paesi significativi, con il 21,79% delle esportazioni in armamenti pari a 400,64 miliardi di lire con una autorizzazione".

Non è finita certo lì: le consegne di armi alla Siria hanno raggiunto il picco nel 2003, per poi proseguire fino al 2009.

Certo, è poca cosa rispetto a quanto spedito all'amico Assad dalla Russia. Sfogliando i dati del SIPRI, l’autorevole istituto di ricerca di Stoccolma, nell’ultimo decennio il paese di Putin ha esportato al regime siriano un ampio arsenale che va dai missili portatili alle bombe teleguidate fino, probabilmente, ai caccia MiG-29SMT, per un valore complessivo di oltre un miliardo di dollari.

E' vero, però, che le forniture militari italiane al regime siriano sono state di gran lunga superiori a tutte quelle degli altri paesi europei: si tratta, nell’ultimo decennio, di oltre 131 milioni di euro di materiali militari effettivamente consegnati. Nonostante la legge 185 del 1990, che vieterebbe di esportare armi a Paesi “responsabili di accertate violazioni dei diritti umani”, i governi che si sono susseguiti in questi anni nel nostro paese non hanno mancato di rifornire di armi dittatori e regimi autoritari: gli affari non sono mancati né per le industrie militari a controllo statale come Finmeccanica, né per le aziende di “armi leggere” come la ditta Beretta.

Stando ai dati governativi, le esportazioni di sistemi militari italiani verso la Siria si sarebbero interrotte nel 2011 con l’inizio delle sollevazioni popolari. Ma i ricercatori dell’Osservatorio Permanente sulle Armi Leggere (OPAL) di Brescia hanno notato una singolare coincidenza: proprio a partire dal 2011, sono fortemente aumentate le spedizioni dal distretto armiero bresciano verso tutti i paesi confinanti con la Siria. Il comunicato emesso dall’Osservatorio OPAL riporta una serie di minuziose tabelle elaborate sulla base dei dati dei rapporti ufficiali dell’Unione Europea e dalle cifre fornite dall’ISTAT sulle esportazioni di armi dalla provincia di Brescia. Se, stando ai rapporti europei, l’Italia non avrebbe esportato negli ultimi due anni alcuna arma nemmeno ai paesi confinanti con la Siria, le cifre fornite dall’ISTAT riportano invece ingenti esportazioni verso vari paesi confinanti, tra cui soprattutto la Turchia.

“Si passa da meno di 1,7 milioni di euro di armi esportate da Brescia verso la Turchia nel 2009 ad oltre 36,5 miliardi di euro nel 2012”, afferma a Unimondo.org Carlo Tombola, coordinatore scientifico di OPAL. Sommate a quelle dei due anni precedenti fanno quasi 80 milioni di euro. Facendo due conti, si tratta di almeno 100-150mila armi. Un incremento di esportazioni di tale portata non si spiega solo sulla base della domanda di mercato o per un improvviso interesse da parte della popolazione turca nelle armi da caccia o per il collezionismo.

Inoltre, tra le tipologie di armi riportate dell’ISTAT, figurano non solo le cosiddette “armi sportive” o “per la difesa personale” ma anche tutta un’ampia gamma di pistole semiautomatiche, fucili e carabine per le forze di polizia, fucili a pompa per corpi speciali, contractors e forze di sicurezza: tutto quanto cioè – come recita la legge 110 del 1975 che ne regolamenta l’esportazione – non è destinato “al moderno armamento delle truppe nazionali o estere per l'impiego bellico”. E qui sta il punto che OPAL ha già rilevato in diversi casi: basta che le armi non siano destinate alle Forze armate estere (per le quali è richiesta l’autorizzazione del Ministero degli Esteri) e non abbiano le caratteristiche “per l’impiego bellico” ed è fatta. Si possono esportare con una semplice autorizzazione rilasciata dal Questore.

“È quanto mai grave che l’Italia – che è uno dei maggiori produttori mondiali di queste armi – continui a comunicare all’Unione europea cifre che non trovano riscontro né nelle relazioni governative inviate al parlamento né nei dati sulle esportazioni di armi forniti dall’ISTAT”, aggiunge Tombola. E come Unimondo ha documentato le cifre fornite dall’Italia all’Unione europea sulle esportazioni di armi nell'ultimo biennio sono sempre al ribasso. Funzionari confusi o complice omertà?

Ultima modifica il Domenica, 15 Settembre 2013 11:49

Articoli correlati (da tag)

Chiudi