Erano le 6:30 di ieri mattina quando gli agenti della Digos di Torino, coadiuvati dalle Forze di polizia, hanno effettuato diverse perquisizioni tra la Val di Susa e la città di Torino.
Nel mandato per la prima volta si è fatto riferimento all'articolo 280 comma 1 n.3 cp e 10 e 121 497/74 del codice penale italiano, cioè l'imputazione relativa all'«attentato con finalità terroristiche e di eversione» che prevede pene da sei a venti anni di reclusione.
Gli avvisi di garanzia - firmati dai pm Andrea Padalino e Antonio Rinaudo - si riferiscono agli episodi accaduti in Val di Susa la notte del 10 luglio scorso e costituiscono un'improvvisa escalation per quanto riguarda i capi d'accusa utilizzati nei confronti dei militanti del movimento.
Non è la prima volta che la Procura, con a capo Gian Carlo Caselli, viene contestata dai No Tav per l'applicazione, giudicata persecutoria, del diritto penale.
L'accusa di Paladino e Rinaudo ha sorpreso anche molti giuristi, in un paese che si interroga sempre di più sulla giustizia e sul suo rapporto con la politica, nelle ore in cui si attende il verdetto della sentenza definitiva su Silvio Berlusconi, al tempo del governo delle larghe intese.
"E' democratico rischiare pene così severe per un petardo o un fuoco d'artificio? - Si chiedono i notav - Cosa, piuttosto, è stato trovato nelle perquisizioni?".
Nella conferenza stampa convocata ieri presso la Comunità montana di Bussoleno, i No Tav hanno raccontato che gli agenti hanno sequestrato solo computer, cellulari, cartine geografiche, magliette e fazzoletti. Niente, insomma, che possa ricondurre ad attività definite "terroristiche".
"In Val Susa terroristi non ce ne sono - ha tagliato corto, in conferenza stampa, il parlamentare 5 Stelle Ivan Della Valle - a meno che non si voglia chiamare in questo modo i cittadini informati che scelgono di difendere il loro territorio, ma allora questa è la fine della politica e della democrazia. Vogliamo capire - ha continuato il Deputato - come ha fatto la Procura ad essere di questo avviso. Stiamo valutando, come gruppo parlamentare, di chiedere al Ministro della giustizia l'invio di ispettori. Si parla di terrorismo - ha concluso Della Valle - ma qui bisogna ragionare di politica del terrore. Così stanno cercando di zittire un popolo".
Le perquisizioni hanno riguardato anche "La Credenza" di Bussoleno, lo storico punto di riferimento dei No Tav della Valle, e inoltre sede sindacale e del locale circolo di Rifondazione Comunista.
"E' stata un'intimidazione – ha detto a NewsTown Francesco Richetto, Valsusino ed attivista No Tav - tesa a far passare quella che è una mobilitazione popolare per qualcos'altro. In Italia, se i movimenti non riguardano solo le opinioni ma diventano davvero incisivi, allora vengono colpiti. Qui, però, nessuno si lascia scoraggiare. Domani da Bussoleno partirà una fiaccolata di solidarietà mentre prosegue, come sempre, il classico campeggio No Tav a Venaus".
"In Val Susa ormai è lecito parlare di anomalia giuridica – sostiene Ilia Antenucci, aquilana No Tav che in questi giorni si trova in zona - l'imputazione, «attentato con finalità terroristiche e di eversione» – prosegue Antenucci che a L'Aquila partecipa alle attività del Comitato 3e32 - lascia spazio ad una lettura inquietante, quella che la Procura voglia mettere i tasselli che consentano di alzare la repressione giuridica fino all'imputazione del reato di associazione eversiva. Caselli sembra come aver nostalgia degli anni di piombo, le sue tesi non trovano aderenza con la realtà. Inoltre, ci risulta che alcuni attivisti coinvolti nelle perquisizioni il 10 luglio non erano proprio in Valle, il che solleva dubbi su come sia stata messa su l'indagine stessa anche da un punto di vista tecnico".
Di certo ieri si è fatta notare l'assenza dalle scene dello stesso Caselli, che in altre operazioni simili non si era affatto sottratto ai riflettori.
L'accusa di attentato con finalità terroristiche, arriva dopo che sabato scorso una manifestazione pacifica e partecipata di oltre 3mila persone era partita da Giaglione per raggiungere il cantiere. Ventuno Sindaci della Valle, in quella occasione, avevano chiesto al Governo Letta un confronto sulla questione Tav: "Forse ha infastidito che tutti questi rappresentanti istituzionali siano tornati a schierasi apertamente con il movimento, chiedendo la ripresa del dialogo ma a patto che si sospenda la militarizzazione della Valle e si fermino i lavori nel cantiere del tunnel geognostico alla Maddalena – ha dichiarato Alberto Perino, uno dei portavoce più influenti del movimento.
Tra i rappresentanti istituzionali di cui Perino parla c'è sicuramente quel Sandro Plano, Presidente della Comunità montana, escluso nel dicembre scorso dalle primarie del Pd. Ieri in conferenza stampa, ha concluso il suo intervento affermando: "Preferisco chi sbaglia inseguendo il sogno di un mondo migliore che chi lo fa per il portafoglio".
Dichiarazioni che devono aver mandato su tutte le furie il senatore Pd Stefano Esposito, accanito sostenitore dell'alta velocità, che la scorsa settimana se l'era presa anche con un'attivista pisana che aveva pubblicamente denunciato violenze e molestie sessuali da parte della polizia in Valle.
Nel cantiere-fortino in cui insieme ad altri militanti era stata trascinata erano presenti, secondo i No Tav, anche i magistrati Padalino e Rinaudo.
"Ci hanno definito ufficialmente come terroristi ed eversori perché ci ostiniamo a difendere il nostro territorio per cercare di evitare gli sprechi che ingrassano i banchieri, le cooperative rosse e gli affaristi di ogni colore" chiosa Perino in un intervento sul blog di Beppe Grillo, e chissà se poi le perquisizioni di ieri non tornino a favore del No Tav e del suo sempre più ampio consenso popolare.
Realizzare o meno l'alta velocità in Val Susa corrisponde ad una scelta politica ed è su quel terreno che si continuerà a giocare la partita.
"A Sarà Düra!", gridano da più di 20anni migliaia di Valsusini.