Stavolta, la retorica d'alfonsiana non ha depotenziato il vespaio di polemiche sollevato dalla decisione di Regione Abruzzo di costituirsi in giudizio innanzi alla Corte Costituzionale, avverso le 9 regioni con cui aveva presentato richiesta di referendum e a sostegno, invece, del Governo, per chiedere che il referendum stesso sia dichiarato inammissibile.
Un passo indietro clamoroso.
Il prossimo 19 gennaio, innanzi alla Corte, si troveranno, da un lato, il Governo Italiano e Regione Abruzzo e, dall'altro, le 9 regioni promotrici del referendum 'No Triv': Basilicata, Marche, Puglia, Sardegna, Veneto, Calabria, Liguria, Campania e Molise.
Come noto, a seguito delle modifiche introdotte con la legge di Stabilità, l'ufficio centrale per i referendum presso la Cassazione - che in precedenza, il 26 novembre scorso, aveva dichiarato conformi alla legge i sei quesiti referendari presentati avverso le trivellazioni - ha disposto che solo uno dei quesiti mantiene i requisiti di conformità. In sostanza, sono stati dichiarati inammissibili i referendum che investono norme dello Sblocca Italia, mentre è stato ammesso quello che riguarda misure del decreto Sviluppo sul divieto di trivellazioni per l'estrazione di idrocarburi entro le 12 miglia marine: è il quesito che potrebbe salvare l'Abruzzo dal progetto 'Ombrina mare', la cui concessione è stata sospesa per 12 mesi.
Se è vero però che tre dei sei quesiti sono stati in effetti soddisfatti con le modifiche introdotte dalla 'finanziaria', ne restano insoddisfatti due: si tratta del quesito relativo alla durata dei permessi e delle concessioni e di quello sul "piano delle aree". Eppure, Regione Abruzzo ha deciso di defilarsi.
Una scelta che è stata 'svelata', qualche giorno fa, dall'ex consigliere regionale Maurizio Acerbo. "L'Abruzzo ha rotto di fatto il fronte delle Regioni che si erano coalizzate contro il dilagare delle trivellazioni in mare. La cosa più grave è che lo ha fatto non solo nascondendolo alla cittadinanza ma persino in maniera illegittima visto che il Consiglio Regionale è all'oscuro di tutto", la denuncia di Acerbo. "Lo avranno deciso D'Alfonso e la sua Giunta per ingraziarsi Renzi ma va sottolineato che non era nelle loro facoltà in quanto queste decisioni spettavano al Consiglio regionale".
Un atto gravissimo ed irresponsabile, ha sottolineato il Coordinamento nazionale 'No Triv'. "Avrebbe dovuto essere il Consiglio Regionale, che rappresenta tutti gli Abruzzesi, a discutere e decidere se deliberare su questo drastico cambio di rotta. Il Presidente D'Alfonso e la Giunta si dimettano immediatamente".
In effetti, l'avvocatura della Regione Abruzzo ha depositato l'atto di costituzione al fianco del Governo, firmato dal consigliere delegato del Consiglio Lucrezio Paolini (Idv), chiedendo il rigetto dei quesiti su decisione della Giunta regionale che ha deliberato l'11 gennaio scorso e senza che il Consiglio abbia avuto modo di esprimersi con atti ufficiali. "Qui - l'affondo del coordinamento nazionale 'No triv' - non siamo semplicemente di fronte al tradimento, di per sé grave, irresponsabile e censurabile, del referendum ma ad un atto squadrista di cui non può sfuggire la natura violenta e potenzialmente eversiva, al cospetto del quale le forze sinceramente democratiche, al netto della diversità di opinioni sull’oggetto del referendum, non possono rimanere inerti".
Innanzi al vespaio di polemiche che si è scatenato a seguito della denuncia di Acerbo e dei comitati No Triv, D'Alfonso non ha potuto far altro che 'tirar fuori' le carte. Dunque, sul profilo Facebook ha pubblicato la delibera approvata dalla Giunta regionale, o meglio dal Governatore e da soli tre assessori presenti alla riunione: Marinella Sclocco, Dino Pepe e Donato Di Matteo. "Questa delibera - ha inteso sottolineare - è stata adottata poiché con i commi 239 e 242 dell’art. 1 della legge 208/2015 (Legge di Stabilità 2016) il Governo ha introdotto le modifiche normative richieste dalla Regione Abruzzo sulle trivellazioni petrolifere ed è quindi cessata la materia del contendere".
Tali modifiche - si legge in delibera - sono "pienamente satisfattive rispetto alle domande referendarie poste" e hanno ottenuto "il medesimo effetto abrogativo che si sarebbe prodotto in via referendaria, con piena soddisfazione delle prerogative dell’Ente regionale promotore" con conseguente "caducazione di tutte le richieste referendarie a tal fine formulate".
In altre parole - eccola, la retorica d'alfonsiana - "risolta la questione di Ombrina di Ferro, non può che dirsi cessata la materia del contendere referendario. Entro 12 miglia nessuna piattaforma né ginnastica di ferro petrolifera. Dopo il 20 gennaio, riprendiamo un'iniziativa istituzionale per fronteggiare e risolvere il tema delle isole Tremiti, usando i tavoli istituzionali".
Mare blue, Ombrina di ferro, ginnastica petrolifera: sta di fatto che Regione Abruzzo si è tirata indietro. E resta un'altra questione sul tavolo: il Consiglio regionale non ha avuto modo di esprimersi, almeno con atti ufficiali. Un atto c'è, in verità, non ufficiale però: un documento, guarda caso datato 11 gennaio, con cui 18 consiglieri di maggioranza hanno chiesto di non sollevare il conflitto di attribuzione tra poteri dello Stato innanzi alla Corte Costituzionale mirante a recuperare due dei sei quesiti referendari precedentemente assorbiti dall’ordinanza della Cassazione del 7 gennaio. Un atto che impegna il presidente della Giunta ad attivarsi per ampliare il potere delle Regioni in materia di autorizzazioni per le attività estrattive.
"In Abruzzo ormai siamo a questo", hanno sottolineato gli attivisti. "Ad un pezzo di carta in luogo di una delibera del Consiglio regionale, firmato dai soli consiglieri di maggioranza, con il quale si 'autorizza' il rappresentante del Consiglio regionale (Paolini) a non agire a tutela del referendum davanti alla Corte costituzionale. Il 'documento' reca persino la firma del Presidente del Consiglio regionale Di Pangrazio", la denuncia. "In ogni caso - ha inteso ribadire il Coordinamento 'No Triv' - manca la delibera del consiglio regionale con la quale si è 'autorizzato' il rappresentante del Consiglio regionale (Paolini) a tirarsi fuori dal referendum e a costituirsi davanti alla Corte costituzionale contro le altre 9 regioni perché il prossimo 19 gennaio sia affossato il referendum".
"È assai grave che a firmare questo 'volantino' sia il Presidente del Consiglio Di Pangrazio - ha dunque aggiunto Maurizio Acerbo - che pur di non scontentare D'Alfonso dimentica che il suo ruolo sarebbe quello di difendere le prerogative dell'assemblea regionale. Quel pezzo di carta non vale nulla ma testimonia quanto sia caduta in basso la nostra Regione".
Parole durissime che hanno costretto D'Alfonso, ancora, sulla difensiva: "La rappresentanza legale della Regione non riguarda assolutamente il Consiglio Regionale, del quale 18 consiglieri hanno sostenuto la posizione che si ritrova negli atti", ha spiegato il Governatore. "E la Giunta - ha incalzato - ha la competenza per ogni contenzioso. Tutto qui. Abbiamo guadagnato noi la norma salva mare Blue contro ombrina di Ferro. Chi sostiene il contrario (cioè che Ombrina di ferro non è morta) lo fa per vizio! Voglio essere classe dirigente che trova le soluzioni - ha quindi aggiunto - e quando i problemi si riducono o si risolvono totalmente, come nel caso di Ombrina di ferro, sono abituato a mettere punto ed andare a capo! Non sono e non sarò mai una 'tipografia errante' che vuole stamparci libri a vita (per me a vuoto) per improbabili carriere. Il referendum è stato concepito dalle Regioni (con l'Abruzzo come primissima protagonista dalla convocazione di Termoli) per avere la Norma salva Mare Blue, non per coltivare una guerra senza fine tra le istituzioni. Palazzo Chigi ha assunto impegno ed ha mantenuto. Adesso mi adopero per salvare le Tremiti. Il resto lo rubrico come resistenza di certa 'tipografia'".
Una presa di posizione che fa e farà molto 'rumore', come il silenzio piuttosto imbarazzato di assessori, sottosegretari e consiglieri regionali della maggioranza di centrosinistra. "D'Alfonso, nella scelta tra il suo territorio e il benvolere di Renzi, proprio non ce la fa a scegliere l’Abruzzo e, ancora una volta, dice sì a Renzi, prendendo in giro tutti gli abruzzesi. E lo fa attraverso un atto di Giunta, alla 'chetichella', come un bimbo che non vuole farsi scoprire dalla mamma mentre ruba la marmellata dalla credenza", l'affondo dei consiglieri regionali del Movimento 5 Stelle. "Nessuna considerazione per le decisioni prese all'unanimità dal Consiglio al completo, il Goverantore prende in giro i consiglieri di maggioranza e di centro destra che ci avevano messo la faccia per promuovere il referendum. Non prende in giro il M5S che era, con grande rammarico, certo che salvare il 'mare blu' non fosse realmente intenzione di D'Alfonso. Forse meglio salvare quel rapporto (quasi inesistente) con Renzi".