E’ stato un Ferragosto solitario. Lontane le feste in Sardegna, circondato da amici e conoscenti, Silvio Berlusconi si è chiuso nella villa di Arcore, con alcuni membri della famiglia, i collaboratori più fidati e la fidanzata Francesca Pascale. Sono giorni difficili: si avvicina l’ora che lo porterà alla privazione della libertà personale. Occorre una decisione rapida.
Cosa fare? Poche le strade percorribili: l’ex premier potrebbe chiedere la grazia, dichiarandosi così colpevole e accettando la condanna, far saltare il governo e portare il paese alle elezioni, o defilarsi dalla vita politica per evitare ripercussioni imprevedibili per le sue aziende. “La grazia verrà prima o poi formalmente richiesta”, si è lasciato sfuggire Piero Longo, avvocato tra quelli che guidano il pool dei legali di Berlusconi. Prima di fare un passo indietro, accusando i giornalisti di aver travisato le sue parole.
In realtà, sarebbe questo l’unico modo per ottenere una rapida riabilitazione: se l’ex premier accettasse la pena, espiandola tramite i servizi sociali, potrebbe arrivare la clemenza del Quirinale. Certo, pesa l’altra condanna in primo grado nel processo Ruby. Se la grazia non dovesse arrivare, comunque, potrebbero bastare appena 9 mesi per finire il periodo di affidamento ed estinguere ugualmente la pena.
La strada è impervia ma percorribile. E potrebbe consentire a Berlusconi di tornare presto protagonista della vita politica. Almeno, ne sono coinvinti i suoi legali che stanno valutando il “lodo Frigerio”. Nel 2001 il deputato di Forza Italia Gianstefano Frigerio venne condannato ad una pena detentiva, con l’aggiunta di 5 anni di interdizione della pena accessoria. Chiese l’affidamento ai servizi sociali, ottenendolo, e la Giunta delle elezioni della Camera congelò la sua situazione. Il 23 settembre del 2004 l’organo di Montecitorio si riunì per ratificare che “l'esito positivo del periodo di prova estingue la pena ed ogni altro effetto penale, e dunque anche la pena accessoria dell'interdizione dai pubblici uffici”. L’allungamento dei tempi volti a sanare la situazione dell’ex premier, tra l’altro, metterebbe in sicurezza il governo di Enrico Letta almeno fino al termine del semestre di presidenza di turno dell’Ue, previsto per il prossimo giugno. Rassicurando così i fautori delle larghe intese, Napolitano su tutti.
Lo scoglio principale con il quale si scontra l’operazione di salvataggio è, però, la legge Severino. È stato chiaro il presidente della giunta delle elezioni e delle immunità del Senato, Dario Stefano (Sel): “L'eventuale grazia che potrebbe concedere Napolitano non c'entra nulla ai fini della incandidabilità, perché la grazia interverrebbe sull'esecuzione della pena principale e non sugli effetti della condanna”.
Dunque Berlusconi, anche successivamente ad un provvedimento di grazia o all’estinzione della pena, risulterebbe incandidabile. E’ per questo che i falchi del partito spingono per far saltare il banco. Ieri, si sono alzati in volo sulle principali spiagge italiane gli aerei con la scritta “Forza Silvio”. E’ partita un’aggressiva campagna sul web e, a metà settembre, si terrà a Milano una grande manifestazione per lanciare la Forza Italia 2.0. L’idea sarebbe sfruttare il neonato brand, ripescato dal ‘94, puntando sulla retorica del “leader perseguitato dalle toghe rosse”. Con la speranza di tornare al governo (lui o chi per lui, a seconda di come evolverà la sua vicenda giudiziaria), e giocarsi da Palazzo Chigi la partita per la salvezza personale. Se dovesse perdere le elezioni, però, Berlusconi avrebbe perso una sponda fondamentale, quella del Quirinale. Staremo a vedere.
Intanto, la battaglia si combatterà in Senato per la decadenza dalla carica di senatore. “Non è affatto pacifico che l’iter del procedimento in Giunta elezioni e immunità sia quello di cui si è parlato nelle scorse settimane”, ha sottolineato Nitto Palma, ex Guardasigilli e presidente della commissione Giustizia del Senato. “È la prima volta che la legge Severino viene applicata ad un parlamentare, e la valutazione di tutte le conseguenze necessiterà un approfondimento che richiederà un tempo adeguato”.
Il centro destra sta tentando di spostare il più in là possibile il momento in cui l’ex premier perderà lo scudo da parlamentare, magari fino all'inizio dell'anno prossimo. Il Movimento 5 stelle e una parte del Pd (guidata da Felice Casson), invece, vorrebbero chiudere la partita già il 9 settembre, quando si riunirà la Giunta, per poi rimandare ad ottobre il fascicolo al giudizio dell’aula. “Rispettiamo le legge e i tempi che questa impone – ha spiegato in una intervista ad Huffington Post Stefania Pezzopane, vicepresidente della Giunta – i termini parlano chiaro e intendiamo rispettarli”.
“Se non sarà il 9 settembre - continua - sarà qualche giorno dopo ma non c’è alcuna possibilità di andare oltre. La Severino è una legge che è stata votata anche dal Pdl quindi non vedo alcuna ragione per cui si debba chiedere approfondimenti. Le parole di Napolitano sono state chiare e inequivocabili: le sentenze si rispettano, noi come giunta dobbiamo soltanto prenderne atto e applicarle”.
Il consiglio di Massimo D’Alema, “fossi Berlusconi mi dimetterei”, è un’ ulteriore conferma di come questa volta per il Pd non ci sia alcun margine di trattativa. Se fosse davvero così, allora non ci sarebbero dubbi: l’ex premier proverebbe a far saltare il banco, con conseguenze davvero difficili da prevedere.