Dopo la manifestazione "tutti convocati" del 30 marzo 2016 viene da pensare che forse, a sette anni dal sisma, siamo entrati in una seconda fase nella richiesta di verità e giustizia, per le morti dovute alle irresponsabili rassicurazioni della Commissione Grandi Rischi e a quant'altro avvenne (e non) prima della scossa delle 3:32 del 6 aprile 2009.
Il lavoro continuo ed imperterrito fatto da alcuni parenti delle vittime, ha fatto sì che questa richiesta penetrasse più in profondità nella popolazione, raggiungendo nel tempo anche strati più popolari della cittadinanza che vive sul territorio, aumentando quindi la massa critica e la forza stessa della richiesta.
Qualcosa che intanto è già positivo per il conseguimento di una verità storica, per il formarsi di una coscienza collettiva, per essere più pronti come comunità -almeno in teoria - a riconoscere un nuovo "Bertolaso".
Guido Bertolaso diventato un - adesso - sin troppo facile bersaglio.
Ma il processo grandi rischi bis -forse IL processo - è aperto e da ancora una speranza di giustizia, mettendo alla sbarra degli imputati il 'burattinaio' della famosa riunione-farsa.
Un burattinaio a sua volta pericolosa creatura dei poteri trasversali dello Stato, scoperto a sinistra ma affinato e reso un fenomeno a parte nel 2009 da Berlusconi, che lo ha fatto un suo speciale strumento di cui servirsi a partire dall'emergenza del terremoto dell'Aquila.
Ora i parenti delle vittime hanno giustamente lanciato l'iniziativa per far appello a Bertolaso affinché rinunci subito alla prescrizione (è possibile firmare dalle 16:30 alle 20:30 dal venerdì alla domenica presso la fontana Luminosa e domenica anche allo stadio).
Lui, che ora è l'incandidabile candidato sindaco di Roma.
La candidatura di Bertolaso a Roma infatti ha contribuito ad inimicare l'ex capo della Protezione civile ancora di più agli aquilani (e non solo), che vogliono vederlo difendersi dalle accuse alla sbarra invece che sgomitare per andare in Campidoglio. I parenti delle vittime infatti sono encomiabilmente ancora fiduciosi nella giustizia dello Stato e, di conseguenza, la città con loro.
A proposito la città... Difficile dire cosa sia rimasto dell'Aquila ed intorno a chi e cosa questa città sta mettendo le fondamenta per ricominciare-ad-essere. Di certo la frammentazione sociale ed urbana promossa scientificamente in conseguenza delle difficili condizioni prodotte dal sisma, non ha aiutato il crearsi di massa critica e la possibilità di portare avanti con successo vertenze comuni. Dividi et impera! il noto detto che conosce bene chi detiene il potere politico.
Inoltre gli aquilani hanno generalmente, da sempre, i loro tempi...vogliono prima vederci chiaro nelle cose.
Però ecco che, dall'accampamento del Parco dell'Unicef, dagli spazi conquistati dall'attivismo cittadino since 2009/10, attraversando le piazze e le strade percorse in carriola - una coscienza cittadina richiamata dai parenti delle vittime, ha contaminato, con la richiesta di verità e giustizia, anche un altro dei pochi spazi sociali rimasti in città: lo stadio.
Spazio di continuità dell'identità cittadina, del rito, di aggregazione popolare, di libertà d'espressioni, di produzione simbolica. Per forza quindi spazio di resistenza. Una coscienza entrata tramite il gruppo ultras dei Red Blue Eagles che ha scelto di farsi carico della responsabilità di comprendere e veicolare quella richiesta di vertià e giustizia, sdoganandola, in un certo qual senso. Anche loro hanno deciso di lottare, anche su questo campo, per la giustizia (d'altronde il mondo ultras è cambiato da quando per sopravvivere ha dovuto schierarsi contro la tessera del tifoso e la repressione).
Di che è fatta dunque la ricostruzione dell'Aquila? Di certo passa anche per la nuova piazza del 30 marzo 2016, in cui Vittorini ha ricordato alla gente qualcosa di sacrosanto: bisogna impegnarsi a ricostruire la verità sul terremoto, altrimenti quella che ricostruiremo non sarà una città.
Non solo. Se si rinuncia a verità e giustizia, si rinuncia alla necessità, ancora più ampia, di avere memoria.
Questa coscienza cittadina mai totalmente sopita, allora, deve far propri gli strumenti necessari a un'elaborazione collettiva - non più prorogabile - della perdita di senso conseguente al sisma. Altrimenti questa sarà una città senza storia, pronta a ripetere sé stessa e i suoi errori. Mai in pace.