Quella di ieri al parco del Castello, promossa dai parenti delle vittime con Vincenzo Vittorini e Maurizio Cora che si sono esposti in prima persona, è stata un'operazione verità riuscita.
Il passaggio pronunciato dal consigliere comunale Vittorini, che forse più di tutti riassume il senso dell'iniziativa e la lotta ancora in corso da parte di un pezzo di città, è stata questo: "Della ricostruzione non mi importa. Si dice che la città 'sarà più bella di prima', bene, ma se non si arriva alla verità, L'Aquila sarà ricostruita su un peccato originale. Non può esserci ricostruzione senza verità".
Ovviamente, la verità di cui si sta parlando è quella intorno alla Commissione Grandi Rischi che si riunì a L'Aquila esattamente sette anni fa. La verità sulle irresponsabili riassicurazioni ricevute e le morti provocate. Sulla "strage" dell'Aquila, come la chiama senza mezzi termini Vittorini.
Ma come fare per coinvolgere maggiormente la popolazione su un tema che nel corso degli anni è stato affrontato soprattutto nelle aule di tribunale prendendo delle pieghe non proprio commestibili ai più?
Vittorini ha deciso di ricominciare da capo, con una sorta di spiegazione popolare, perché rivolta direttamente alla folla, nella pubblica piazza. Ripercorrendo la tortuosa vicenda giudiziaria, servendosi di testimonianze audio e video che hanno toccato gli snodi e le questioni principali della storia del processo Grandi Rischi. Che, ricordiamolo, ha visto la condanna di Bernardo De Bernardinis, l'assoluzione degli altri 6 scienziati presenti in quella riunione e che vede il processo "bis" ancora in corso - ma a rischio prescrizione - per l'allora capo della Protezione Civile Guido Bertolaso, definito da molti il "mandante" di quella riunione farsa.
Il tutto con il cuore e l'intelletto volto verso la ricerca di una verità che è stata in tutti i modi osteggiata: "Lo Stato deve prendersi le sue responsabilità".
"A L'Aquila si è potuto svolgere un processo dignitoso senza alcun problema per gli imputati - ha raccontato Vittorini - quello che non scorderò invece sono i ghigni delle difese. Uno, quelli se li porta a vita", ha affermato il chirurgo cercando di trasmettere alla folla il profondo senso di frustrazione ed ingiustizia che purtroppo il processo ha lasciato in primis alle parti civili.
Un processo che ha visto sotto accusa il gota della Scienza italiana, difeso dal gota dell'avvocatura italiana. Legali capaci di sfruttare ogni trucco del proprio mestiere e della propria esperienza per difendere i propri clienti.
Così la responsabilità è stata dirottata verso la stampa e anzi, quella svoltasi a L'Aquila il 31 marzo del 2009, proprio non era una riunione della Commissione Grandi Rischi, come ha incredibilmente recepito la sentenza d'Appello. Qualcosa che fa pensare più al raggiro dell'acqua in Fontamara, anche lì messo in atto sapientemente dalle istituzioni ai danni della popolazione, che ad un processo che abbia come fine quello di arrivare alla verità.
Un raggiro contro cui, però, un pezzo di questo città, forse sorprendentemente, è ancora in lotta: "Noi non staremo zitti neanche se dovessimo restare in quattro", ha urlato dal palco Vincenzo Vittorini ricordando i gruppi dei Red Blue Eagles e del Comitato 3e32, sempre presenti al fianco dei parenti delle vittime, anche nelle giornate romane della Cassazione.
Il chirurgo, che nel sisma ha perso la moglie ed una figlia, ha ricevuto poi molti applausi quando ha invitato gli aquilani ad indignarsi di più, sottolineando i danni che il poco interesse ha provocato nell'ultima udienza della Grandi Rischi bis: "Ci fossero state 5mila persone fuori il tribunale come a Viareggio, il giudice non avrebbe potuto dire che questo è un processo come un altro, rinviandolo a giugno".
E ancora: "Non ci si può ritrovare solo il giorno della fiaccolata, per essere comunità bisogna battersi sempre. E invece a L'Aquila non ci battiamo abbastanza, pare che ci siamo inventati tutto noi partenti delle vittime".
Ma il cuore dell'operazione verità nella pubblica Piazza è stato il sollevare le contraddizioni venute fuori dal processo e dalla ricerca della verità: il verbale - modificato - fatto firmare il 6 aprile, a terremoto avvenuto. La conferenza stampa, di cui è incredibilmente sparito l'audio, ma in cui - nello spezzone ritrovato dalla trasmissione Presa Diretta - si conferma il messaggio rassicurante di De Bernardinis con Dolce e Calvi (altri due membri della commissione appena terminata) presenti in sala e che non si oppongono minimamente alla teoria pseudoscientifica dello scarico di energia.
Sono state fatte ascoltare alla folla molte intercettazioni, in cui tutti i coinvolti asseriscono di aver partecipato alla "Commissione Grandi Rischi" come d'altronde è scritto anche nel verbale sottoscritto dai partecipanti, mentre, come detto, nella sentenza assolutoria d'appello, la Corte arriva a negare che quella fosse una formale riunione della Cgr.
Commissione Grandi Rischi a cui - Vittorini ha voluto ricordare - Giuseppe Zamberletti (fondatore storico del Dipartimento di Protezione Civile) si rifiutò di andare perché contrario ai modi e ai tempi con cui era stata convocata.
Per descrivere Bertolaso alla folla, Vittorini ha tirato fuori la categoria giuridica - utilizzata per Schettino - dell' 'incauto idiota' che pensa che l'inimmaginabile non possa mai accadere e si sopravvaluta come un super uomo. Bertolaso e quell'ormai famosa telefonata all'allora assessore Stati in cui, alle orecchie di chi possiede un'intelligenza propria, si fa mandante dell'"operazione mediatica" per "rassicurare" gli aquilani.
Pur senza intenzione di un assalto frontale, Vittorini non ha potuto risparmiare, parlando di fronte al popolo, il sindaco Massimo Cialente, ovviamente assente. Cialente è accusato dai parenti delle vittime in primo luogo per la testimonianza resa in fase di dibattimento processuale, in cui ha dichiarato di essere uscito terrorizzato dalla riunione a cui partecipò in prima persona, negando quindi la rassicurazione e salvando probabilmente sé stesso e tutti gli altri (De Bernardinis a parte, che del bicchiere di Montepulciano parlò prima e a parte). Pur rivestendo il ruolo più difficile, quello del primo cittadino, su Cialente grava la responsabilità di essere stato troppo, eccessivamente, vicino nel dopo sisma a Bertolaso.
In realtà nel dopo sisma Bertolaso fu pressoché santificato da buona parte dell'Aquila ancora sotto shock, indotta da buona parte della stampa per cui l'allora capo della Protezione Civile appariva simile ad una sorta di Padre Pio tecnocrate, il salvatore degli sfollati. Un errore di (eccessiva) credibilità che si è pagato evidentemente nel tempo.
Solo in pochi, tra cui i comitati sorti dopo il sisma, in primis il 3e32, si opposero frontalmente al potere assoluto di Bertolaso cercando di comunicare a tutta la città le sue responsabilità e il suo sconfinato, quanto pericoloso, potere.
Ma forse non tutto è perduto. Ieri, i parenti delle vittime hanno saputo con nuova energia convocare una piazza e riavvicinarla all'ostinata ricerca di verità e giustizia avviata da subito dopo il sisma. In molti hanno ascoltato un racconto di cui conoscevano solo delle parti sfilacciate. Probabilmente, alcuni, non ne sapevano quasi nulla di quanto accaduto in questi anni.
Con la speranza che la Grandi Rischi Bis giunga all'individuazione dei responsabili, L'Aquila può svegliare la propria coscienza cercando e trovando la sua verità. Una conoscenza comune che può restare anche al di là delle aule giudiziarie.
Se oggi l'allora salvatore degli sfollati venisse in città, come proposto da Berlusconi in chiave elezioni romane, non troverebbe di certo una bella accoglienza.