"Se ci sarà una richiesta in tal senso, vedremo", ha risposto Giovanni Lolli al giornalista Stefano Dascoli de 'Il Messaggero' che gli chiedeva della possibile candidatura a primo cittadino dell'Aquila.
Se ci sarà una richiesta. Eccolo, il nodo politico: è tempo, oramai, che scriviamo della possibile investitura a Sindaco del vice presidente della Giunta regionale, l'unico che potrebbe garantire la tenuta della maggioranza 'ulivista' di centrosinistra. Nei giorni scorsi, i capigruppo di Sel/Sinistra Italiana e Rifondazione comunista - Giustino Masciocco e Enrico Perilli – hanno spedito al Pd un messaggio piuttosto chiaro, in questo senso: "Non possiamo credere che anche all’Aquila stiano maturando le condizioni politiche per la nascita del Partito della Nazione: nel caso così fosse, lo combatteremo, insieme ad altri, con tutta la forza (politica) possibile".
Riferimento più che esplicito alle voci che vorrebbero il Pd locale al lavoro per disegnare un progetto di governo intorno ad Americo Di Benedetto, elogiato pubblicamente, e in varie occasioni, dal governatore Luciano D'Alfonso, quasi fosse una vera e propria investitura. Ed in effetti, la segreteria aquilana ha iniziato a percorrere la strada che porterebbe alla candidatura del presidente della Gran Sasso Acqua, già sindaco di Acciano, con l'idea di rompere equilibri consolidati da anni e di 'rottamare' l'attuale classe dirigente. Non è detto che andrà fino in fondo, però. Anzi. Candidare Di Benedetto significherebbe rompere non solo la coalizione di centrosinistra ma procurare spaccature, dentro il partito, che sarebbero poi difficili da sanare.
E' chiaro a tutti che il nome di Giovanni Lolli risolverebbe ogni problema, in seno al Pd e al centrosinistra cittadino. Ma è vero anche - come ha sottolineato il vice presidente della Giunta regionale in varie occasioni - che L'Aquila, così, "rinuncerebbe ad una postazione importante in Regione".
Lolli teme di esporsi, la sua azione politica a Palazzo Silone rischierebbe di perdere forza e credibilità, proprio ora che il rapporto con D'Alfonso si sta logorando, "veniamo da mondi diversi e abbiamo approcci diversi, ma siamo complementari" ha sottolineato con una buona dose di diplomazia. Per questo, potrebbe attendere una richiesta esplicita del Partito Democratico, e della coalizione che, in questi anni, ha sostenuto la giunta Cialente. "Se ci sarà una richiesta in tal senso, vedremo", le parole ai microfoni de 'Il Messaggero'. Così, giustificherebbe l'addio a Palazzo Silone e avrebbe maggiore forza, e con lui il Pd dell'Aquila, per chiedere a D'Alfonso che la poltrona di vicepresidente venga assicurata ad un aquilano. Cialente? Chissà.
La richiesta, però, non è ancora arrivata, non in maniera ufficiale almeno.
E il motivo va individuato proprio nell'intenzione del Partito Democratico, della segreteria cittadina in particolare, di rompere equilibri consolidati. I 'giovani' democrat, come sono stati ribattezzati dalla stampa, temono che presentarsi subito da Lolli per chiedergli di scendere in campo significherebbe dare il via libera ad una sorta di 'Cialente ter', con la conferma - in ruoli chiave dell'amministrazione - di 'pezzi' importanti dell'attuale classe dirigente. Attendere invece, lasciar intendere di essere al lavoro per costruire un'alternativa di governo, quella rappresentata da Di Benedetto appunto, darebbe maggior forza alla segreteria del partito, al momento di decidere su chi puntare, per imporre alcune scelte considerate non più rinviabili.
A giochi fatti, il candidato dovrebbe essere Lolli, con la proposta di una squadra di governo che il rinnovato Pd aquilano vorrebbe molto diversa, però, rispetto all'attuale. Sul percorso del 'Progetto L'Aquila', per intenderci, che potrebbe rappresentare il programma di governo per una legislatura che, se il centrosinistra dovesse vincere le elezioni, si vorrebbe di rottura seppure nella continuità.