Riceviamo e pubblichiamo una lettera recapitataci in redazione da parte del consigliere comunale di Rocca di Mezzo (L'Aquila) ed ex coordinatore dei sindaci del cratere sismico abruzzese, Emilio Nusca, a proposito della ricostruzione dei comuni del cratere.
Ieri ho avuto modo di leggere l'ultima circolare dell'USRC (Ufficio speciale per la ricostruzione del cratere, ndr) a proposito dei "requisiti" per l'assegnazione dei fondi della ricostruzione ai Comuni.
Prima di questa circolare, per poter ricevere l'assegnazione dei fondi per l'edilizia privata, un Comune doveva presentare all'USRC di Fossa tutti i provvedimenti autorizzativi necessari all'immediata cantierizzazione: il nulla osta economico degli UTR (Uffici territoriali ricostruzione, ndr), il provvedimento urbanistico autorizzativo del Comune (permesso a costruire, DIA, SCIA), il nulla osta della Sovrintendenza (per gli edifici vincolati) e l'attestazione di avvenuto deposito del Genio Civile.
Ora, invece, all'indomani dell'entrata in vigore della L.R. 28/2011, i Sindaci, per ottenere i fondi per la ricostruzione degli aggregati, in luogo dell'attestazione di avvenuto deposito (che non esiste più) devono comunicare all'USRC gli estremi del provvedimento di Autorizzazione Sismica. Cosa significhi questo cambiamento è facile da intuire: un'enorme dilatazione dei tempi. Prima bastava che venisse depositato presso il Genio Civile il progetto di ristrutturazione, ora bisogna attendere che il progetto venga approvato. E considerando la mole di lavoro a cui attualmente è sottoposto questo ufficio, è altamente improbabile, per non dire impossibile, che l'autorizzazione si ottenga entro i 60 gg previsti dalla legge.
Senza entrare nelle questioni di competenza, che pur vedrebbero i Sindaci come gli unici depositari delle responsabilità sull'attività edilizia in generale ed in particolare su quella del terremoto (e quindi gli unici che possono decidere se e come concedere i contributi), quello che spiace constatare è che a questo problema si risponde con un atto burocratico e non politico. Cosa intendo dire? Che invece di chiedere alla Regione di intervenire in termini organizzativi sull'Ufficio del Genio Civile per fare in modo che i tempi dell’istruttoria siano quelli di un corretto procedimento amministrativo, si "impone" semplicemente ai Comuni di aspettare che l'iter amministrativo si concluda (chissà quando?).
Se a questa attesa aggiungiamo le lungaggini e le "particolarità" di ogni singolo UTR (istruttorie, richieste, comportamenti diversi a seconda dell'ufficio territoriale in cui ci si imbatte) non si fa certamente un buon servizio alla ricostruzione. I tempi si dilatano a dismisura. Come certamente si atrofizzeranno se fosse vera la voce sulla mancanza di risorse economiche per prorogare il personale a tempo determinato in forza negli UTR e nei Comuni.
I problemi sono numerosi, alcuni appena accennati, molti altri tipici della eccessiva burocratizzazione che il processo della ricostruzione ha ormai imboccato. E' arrivato il momento in cui c'è bisogno di una maggiore assunzione di responsabilità da parte dei soggetti deputati alla gestione del processo della ricostruzione. Gli scarica barile non servono più.
Non si può consentire che all'interno del meccanismo della ricostruzione ci siano percorsi a diverse velocità per cui i tempi di istruttoria da UTR a UTR mutano sensibilmente e, per questo, alcune Aree siano penalizzate rispetto ad altre. La macchina è unica e deve procedere alla stessa velocità per tutti. L'applicazione cartesiana del principio del c.d. "tiraggio" può valere quando tutto funziona alla perfezione e ognuno fa la sua parte. Ma adesso, purtroppo, questo ancora non avviene. Bisogna certamente lavorare perche ciò accada, ma nel frattempo bisogna mettere in atto soluzioni che sappiano armonizzare situazioni ancora troppo diverse.
E' necessario, inoltre, che si ristabilisca un primato della politica. Di quella politica che, meglio di altri, conosce e interpreta le esigenze dei cittadini. Di quella politica che a volte è in grado di prendere decisioni difficili, impopolari. Ricordo bene gli sforzi che furono fatti dal tavolo di Coordinamento dei Sindaci affinché tutti i Comuni del Cratere fossero messi nelle stesse condizioni per iniziare la ricostruzione degli edifici, avvicinando le sorti dei comuni "virtuosi" (quelli che avevano già avevano approvato il Piano di Ricostruzione) a quelli che, per varie vicissitudini, ancora non affidavano l'incarico per la redazione del piano. Furono messi da parte i piccoli interessi di campanile per abbracciare un principio più ampio di cooperazione/collaborazione che ci ha consentito di andare avanti e ottenere i risultati che abbiamo ottenuto. Bisogna tornare a quello spirito, a quel modo di operare.
I Sindaci, insieme, devono tornare ad essere i veri protagonisti della ricostruzione cosi come hanno chiesto ed ottenuto con la Legge Barca. Devono far sentire la propria voce, attraverso i consueti canali istituzionali. Nei confronti della Regione, ad esempio, che con molta disinvoltura ha adottato una legge (del Genio Civile) senza preoccuparsi delle problematiche che la nuova normativa porta con sè. Oppure nei confronti del Governo per il problema dei precari, linfa vitale degli uffici del terremoto.
Devono far sentire la loro voce nei confronti dell'USRC, attraverso un confronto sincero con gli organismi dirigenti, per evitare che vengano predisposti ed emanati provvedimenti che, senza il necessario "filtro" del tavolo di Coordinamento, rischiano di diventare addirittura controproducenti per i territori.
Se non si ritessono le maglie di una tela che sembra essersi dilatata in maniera eccessiva, con la conseguente prevaricazione delle competenze, sarà sempre più difficile spiegare al cittadino che, dopo sette anni dal terremoto, dovrà attendere ancora molto perché possa veder finanziato il progetto della propria abitazione. E questo i Sindaci lo sanno bene.
Emilio Nusca