Domenica, 17 Luglio 2016 23:56

Referendum Costituzionale: potrebbe 'segnare' la vita politica regionale... e le ammininistrative a L'Aquila

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L'ipotesi dello spacchettamento del referendum sulle riforme costituzionali, avanzata da alcuni onorevoli di area centrista che avevano persino iniziato a raccogliere delle firme, è tramontata ancor prima che se ne potesse discutere compiutamente.

Se è vero che la riforma Boschi si compone di 37 articoli a modifica di quasi un terzo della nostra Costituzione e che, dunque, si poteva anche pensare che il referendum potesse essere divisibile in più quesiti - chi vorrebbe modificare il Bicameralismo potrebbe anche voler tutelare, al contrario, il Titolo V - è altrettanto vero che la stessa Costituzione stabilisce che il referendum sia semplicemente integrativo della volontà parlamentare. I cittadini, dunque, saranno chiamati a votare sulla legge di riforma approvata in Parlamento: pertanto, essendo la riforma - per quanto eterogenea - contenuta in una sola legge costituzionale, il referendum non potrà che essere unico.

"Lo spacchettamento del referendun sulle riforme costituzionali in più di un quesito a mio avviso non sta in piedi", aveva lasciato intendere il premier Matteo Renzi, nei giorni scorsi. "In ballo c’è la Costituzione e la Costituzione ha delle regole, non è possibile spacchettare e fare una consultazione 'à la carte'".

Insomma, il Presidente del Consiglio tira dritto sulla strada del referendum che chiamerà alle urne i cittadini italiani, con ogni probabilità, agli inizi di novembre, domenica 6 a quanto si apprende, per evitare il ponte del 30 ottobre. "Volete continuare con questo Parlamento o cambiare? Volete un sistema in cui le Regioni continuino con i poteri di oggi o meno?", ha rilanciato, convinto di poter vincere la sfida. E convinto nell'intendimento di non modificare l'Italicum. "Per me la legge elettorale c’è, e prima non c’era perché bocciata dalla Corte costituzionale. E l’Italicum è una legge che garantisce stabilità, con qualcuno che vince e altri che perdono, il che per me è un fatto positivo. Poi se il Parlamento riesce a farne un’altra, si accomodino".

Così, è iniziata la lunga campagna elettorale con l'idea di sottrarre il referendum al rischio 'personalizzazione' cui lo stesso Renzi l'aveva legato - quasi fosse un voto al Governo - almeno fino ai risultati delle consultazioni amministrative che hanno fatto suonare più di un campanello d'allarme in seno al 'cerchio magico' del premier segretario. Una campagna che, ha promesso, sarà tutta sul merito della riforma "che riduce la politica e i suoi costi" e che, per questo, "sarà votata anche da molti elettori del Movimento 5 Stelle e della Lega, anche se non dai loro parlamentari", la sfida.

 

'Basta un Sì', al via la campagna per i referendum. Idillio Boschi - D'Alfonso

Via alla campagna 'Basta un Si', insomma. Sabato pomeriggio, la ministra Maria Elena Boschi ha fatto tappa in Abruzzo, accolta a Pescara dal presidente della Giunta regionale Luciano D'Alfonso. "Le Regioni, i consiglieri regionali, ma anche i sindaci e gli enti locali saranno i componenti del nuovo Senato. Nel momento in cui dovremo decidere a livello nazionale di queste materie, quindi l'energia, come l'ambiante, come anche i trasporti, i rappresentanti dei territori parteciperanno alle decisioni a livello nazionale come componenti del Senato", ha spiegato.

"Dobbiamo affrontare questo referendum pensando a qual è il futuro dell'Italia e qual è il Paese che vogliamo costruire insieme non per i prossimi sei mesi o per i prossimi due anni, ma per i prossimi 30 anni. Avere un Paese più stabile, più semplice, più efficiente - ha aggiunto il ministro - ridurre del 30 per cento il numero dei parlamentari, chiarire i poteri dello Stato e delle Regioni, avere leggi approvate in tempi certi, non per avere più leggi, ma per poter approvare le leggi che servono nei tempi in cui serve dare risposte ai cittadini, è la scelta che dobbiamo fare al referendum".

"Si tratta di una battaglia rilevante", ha sottolineato il governatore D'Alfonso, 'illuminato' nel ritrovato idillio con Palazzo Chigi. "Una grande partita nazionale che può essere sintetizzata su questa coppia di questioni: il dibattito politico italiano - ha incalzato - è stato sempre articolabile tra una spinta alla modernizzazione e una spinta alla radicalizzazione identitaria, o all'ossequio identitario. Alcuni, hanno sempre scelto di essere identitari, di precisare il chi si è e il cosa si debba essere; altri, invece, hanno preferito rendere funzionale e funzionante, moderno e modernizzato, l'apparato delle regole, l'infrastruttura delle istituzioni. Hanno preferito lavorare, insomma, perché alla comunità corrispondesse un patrimonio di regole, norme e istituzioni all'altezza dei diritti attesi e pretesi. La riforma costituzionale che, a ragione, porta il nome del ministro Boschi opera proprio in questo senso", il pensiero di D'Alfonso.

Ben consapevole che, in Abruzzo, il risultato del referendum potrebbe segnare profondamente la vita politica regionale e anche la vita politica della città capoluogo, dell'Aquila, chiamata a scegliere il successore di Massimo Cialente, la prossima primavera.

Abruzzo, e se vincesse il Sì?

Vincesse il Si, Renzi ne uscirebbe profondamente rafforzato, solidamente 'puntellato' fino alla scadenza naturale della legislatura, la primavera del 2018. Gli equilibri in seno alla maggioranza di Governo, così, e di riflesso nel corpo del Partito Democratico, potrebbero cambiare. Il premier-segretario ha deciso di arrivare al referendum senza ulteriori spaccature: è chiaro, tuttavia, che gli attacchi ricevuti in Direzione a commento dei risultati delle ultime amministrative non sono stati dimenticati. E dunque, non è difficile ipotizzare che le minoranze verrebbero ulteriormente - definitivamente ? - 'isolate' e che il Pd potrebbe davvero compiere la metamorfosi centrista a cui Renzi sta lavorando da lungo tempo.

D'altra parte, il progetto di consolidamento del centro, per stabilizzare la maggioranza di governo, è già avviato. Il viceministro all'economia Enrico Zanetti ha lasciato il gruppo di 'Scelta Civica' con i parlamentari Mariano Rabino, Angelo D’Agostino e Giulio Cesare Sottanelli, deputato abruzzese. La collocazione immediata è nel misto. La prospettiva è la fusione con 'Ala' - il gruppo che fa riferimento a Denis Verdini - che alla Camera ha già una dozzina di parlamentari: "Non aderiamo ad Ala - ha sottolineato Zanetti – ma faremo con Ala una cosa nuova, l’Alde italiana".

Un partito né di destra né di sinistra perché "per una decina d'anni la competizione sarà tra il sistema e l'antisistema". Un partito che aiuti il Pd a isolare una parte di sè, a sinistra, e che "riduca significativamente il potere di veto di singole componenti, come la minoranza dem". In questo senso, i Comitati per il Si al referendum, guidati dal liberale Marcello Pera, dovrebbero essere l’embrione del nuovo soggetto di centro, gruppi parlamentari e partito. E potrebbe confluirvi anche Angelino Alfano. Il primo risultato della grande “stabilizzazione” al centro è stato il voto, al Senato, sulla riforma del bilancio degli enti locali.

Dovesse vincere il Si, la strada centrista prenderebbe ancora maggior vigore. Con ripercussioni a Roma e, ovviamente, sui livelli locali del Partito Democratico. Anche a L'Aquila dove, faticosamente, il centrosinistra di stampo ulivista che, fino ad oggi, ha sostenuto la Giunta Cialente, prosegue la sua interlocuzione in vista delle prossime elezioni amministrative. Per ora, la volontà è di mantenere salda la coalizione e, anzi, di allargarla, se possibile. Tuttavia, una deriva centrista del Pd nazionale potrebbe minare il sottile equilibrio che ha tenuto insieme il centrosinistra in questi anni.

A quel punto, non si potrebbe escludere una candidatura democrat in linea con i nuovi indirizzi, col pensiero che corre ad Americo Di Benedetto.

E le forze di sinistra? Potrebbero decidere di confluire su una candidatura forte alle primarie, da contrapporre all'indicazione democrat, tentando, così, di rovesciare il tavolo o, dovesse andar male, imponendo, magari, un vicesindaco capace di garantire e rappresentare le istanze della sinistra in seno alla coalizione. Altresì, non può escludersi l'ipotesi di una rottura, con la sinistra che potrebbe organizzarsi per una candidatura autonoma, raccogliendo anche le correnti di minoranza in seno al Pd.

Si dovesse davvero arrivare al rischio rottura, i democrat potrebbero anche tentare di convincere Pierpaolo Pietrucci a scendere in campo: e il nome di Pietrucci sarebbe una garanzia anche per le forze di sinistra.

E Giovanni Lolli? Potrebbe restare in Regione, come vicepresidente, in attesa, appunto, della primavera 2018, con la 'scadenza' naturale del governo Renzi: non è un mistero che Luciano D'Alfonso punti ad una poltrona da Ministro, alle Infrastrutture per dare un nome agli intendimenti, e con la svolta centrista dei democratici, il nome del governatore abruzzese sarebbe più che spendibile per Matteo Renzi in vista della campagna elettorale per le elezioni politiche. A quel punto, il Pd aquilano pare convinto che il vicepresidente sarebbe candidato più che naturale alla successione, con l'appoggio di pezzi forti di partito, nel chietino in particolare.

Innanzi alla possibilità di avere il primo presidente di Regione aquilano, il Pd locale rinuncerebbe insomma all'idea di candidare Lolli alla successione di Cialente, pur complicandosi la vita.

 

E se vincesse il No?

E se dovesse vincere il No? "Non esiste l’ipotesi che io possa restare se perdo", ha confermato Renzi nei giorni scorsi. "Se esco sconfitto, me ne vado". Tuttavia, resterebbe segretario del Pd - ed ecco perché ha deciso di non mollare, innanzi alla richiesta della minoranza dem di scindere il ruolo di premier da quello di segretario - consapevole che senza il Partito democratico i numeri per fare un altro governo non ci sarebbero.

Cosa potrebbe succedere, dunque? Potrebbe nascere un governo di scopo, di brevissima durata, con un presidente pro-tempore - Piero Grasso ? - giusto per votare la Legge di Stabilità. Poi, si tornerebbe alle urne, con Renzi che si giocherebbe la 'carriera' con l'Italicum. Ipotesi che, al momento, pare piuttosto remota: nessuno vuole andare a elezioni anticipate, ne è convinto Renzi e non soltanto lui, che scommette, come detto, sulla vittoria del Si.

Ma dovesse andare diversamente? A quel punto, si potrebbe votare per le politiche già nella prossima primavera. Renzi potrebbe aprire alle minoranze, tentando di ricucire i rapporti dentro il partito, rinunciando magari, dovesse vincere, alla segreteria; oppure, potrebbe dar seguito comunque alla rottura centrista già avviata. Anche in questo caso, la scelta avrebbe ripercussioni anche al livello locale, ovviamente.

Difficile immaginare che D'Alfonso sarebbe pronto a lasciare Palazzo Silone a soli tre anni dall'elezione a governatore e, dunque, Lolli tornerebbe in lizza per la candidatura a sindaco dell'Aquila. Al di là degli annunci dei giorni scorsi, però, tornerebbe di moda anche il nome di Stefania Pezzopane che potrebbe puntare alle amministrative piuttosto che alle politiche, più insidiose ovviamente. Entrambi, garantirebbero la coalizione ulivista a meno che Renzi non arrivasse davvero ad una rottura centrista traumatica in seno al Pd, con gli scenari che abbiamo già ipotizzato.

 

Ultima modifica il Lunedì, 18 Luglio 2016 21:52

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