Si è concluso così il primo grado di giudizio del processo simbolo della maxi inchiesta della procura della Repubblica dell'Aquila, avviata l'indomani del sisma del 6 aprile.La sentenza è arrivata alle 18:03, dopo quasi 3 ore di camera di consiglio. E' stata accolta in silenzio dai parenti degli otto studenti morti nel crollo dell'edificio, la notte del terremoto. Confermate in pieno le tesi del pubblico ministero: i lavori di ristrutturazione, alla fine degli anni '90, non sono stati concausa del crollo ma ne hanno amplificato gli effetti. Se è vero che l'edificio presentava evidenti difetti strutturali, un castello di carta come sostiene nella sua perizia la prof.ssa Mulas, la "parete Rei" e l'aumento dei carichi verticali, dovuti ai lavori, alterarono il regime statico della Casa dello Studente. Si trattò di lavori di ristrutturazione edilizia, non di semplici opere di restauro come sostenuto dai legali della difesa: era pertanto necessario l'adeguamento sismico dell'edificio. Nessuno se ne è preoccupato. Di qui, la condanna a 2 anni e 6 mesi anche per l'architetto Pietro Sebastiani, che rilasciò il certificato di collaudo traendo in inganno Luca D'Innocenzo e Luca Valente, che per questo non evacuarono l'edificio nonostante i ripetuti allarmi dei ragazzi che da giorni denunciavano crepe nella struttura.
Gli indagati per omicidio colposo, disastro colposo e lesioni erano inizialmente 15, quattro dei quali deceduti. Poi, la posizione del progettista ultranovantenne Claudio Botta e' stata stralciata. Dei rimanenti dieci, otto imputati ad aprile 2012 sono stati ammessi al rito abbreviato, che ha consentito di saltare la fase dibattimentale e di chiudere i conti nell'udienza preliminare di oggi, con uno sconto di un terzo della pena. Il giudice ha deciso per il non luogo a procedere per i restanti due imputati, Giorgio Gaudiano, che negli anni '80 ha acquisito la struttura da un privato per conto dell'Ateneo aquilano, e Walter Navarra, che ha svolto in passato dei lavori minori.
In lacrime i parenti e gli amici di Luca, Marco, Luciana, Davide, Angela, Francesco, Hussein e Alessio: "la sentenza dovrà andare al di là - aveva dichiarato ai giornalisti, in mattinata, Antonietta Centofanti - nel senso che dovrà dare il segnale di un'altra modalità di rispetto delle regole, di un altro modo di rapportarsi con la vita". Così è stato, anche se in molti hanno contestato la decisione di archiviare le posizioni dei vertici dell'Adsu che non avrebbero vigilato sulle condizioni della struttura per la quale era stato dato l'allarme in ben due studi: quello firmato da Abruzzo Engineering nel 2004 e il Rapporto Barberi del 1999.
Soddisfatto il pm Picuti: "ero convinto delle mie posizioni", ha detto alla lettura della sentenza, "sono contento siano state accolte le mie richieste". I condannati saranno chiamati anche al risarcimento di 2 milioni di euro di provvisionale.
Dopo due anni e mezzo di dolorose udienze, di stop e ricorsi che hanno rischiato di cancellare il processo, è stata scritta oggi un'altra importante pagina di verità su quanto accaduto a L'Aquila la notte del 6 aprile 2009.