Roberto Marzetti, già direttore Asl a cavallo del terremoto del 2009, è il primo uomo delle istituzioni a scrivere un libro, da questa prospettiva, sui fatti successivi all'immediato dopo sisma. Questo, in un certo senso, fa di lui anche la prima gola profonda (whistleblower), forse - chissà - inaugurando una fase di memorie e testimonianze dall'interno.
Il libro si chiama Il volo di L'Aquila e Marzetti, che in realtà lo aveva già pronto da un po', lo scrive inserendo anche una chiave di romanzo che gli permette di far parlare anche dei personaggi con nomi di fantasia, ovviamente ispirati a persone reali.
Usa però la prima persona per raccontare la propria esperienza concentrandosi, come non poteva essere altrimenti, sulla stipula dell'assicurazione, la sua cacciata ed il conseguente utilizzo fatto dal suo successore dei soldi della polizza, non per l'ospedale San Salvatore ma per ripianare i debiti della Asl di Avezzano, Pescara e Chieti. Una storia raccontata, per tempo, da ben pochi, come per esempio il Comitato 3e32 (MCCM) che svolse questa inchiesta.
"Quella Giunta regionale ha operato contro la città" ha affermato Marzetti al pubblico dell'Auditorium del Parco, composto per lo più dall'ambiente sanitario cittadino, Sindaco Cialente incluso. Un mondo che è un pezzo importante di amministrazione e potere, e attraverso il quale è passata dunque una parte delle vicende che contano del dopo sisma.
Un "furto politico" dunque quello dell'assicurazione, che non solo "non permise di ricostruire l'Ospedale" ("dei 45milioni della polizza solo 24 sarebbero stati necessari alla ricostruzione in sé per sé") ma con cui "è stato negato all'Ospedale dell'Aquila di fare il salto di qualità attraverso l'acquisto per 16milioni di nuove apparecchiature".
Marzetti ha raccontato di come, subito dopo il sisma, affrontò con Bertolaso la questione di far partire subito i lavori pesanti per l'Ospedale senza passare per i lunghi bandi europei, e degli inspiegabili ritardi a riguardo, nonostante un decreto apposito fosse stato preparato (sappiamo tutti come è andata poi a finire con le chirurgie ricostruite dopo sei anni dal sisma e il delta della "lungo degenza" che non è attualmente ancora agibile).
Il libro si inserisce nel solco della narrazione della difesa istituzionale dell'Aquila dagli avvoltoi, in particolare dal cosiddetto "modello teramano" di cui maggiore esponente fu l'allora assessore regionale Venturoni.
Non a caso nella presentazione moderata da Luca Bergamotto, al tavolo dei relatori era seduto il Sindaco dell'Aquila Massimo Cialente che non ha perso occasione per raccontare nuovamente la storia della notte del 4 maggio, quella in cui si provò a far passare il decreto che permetteva di delocalizzare uffici, ambulatori, strutture e corsi di laurea fuori una L'Aquila, reputata - evidentemente - ormai morta e da spolpare.
Ovviamente tutte storie che si raccontano ora, anni dopo, e di cui mai fu resa partecipe la cittadinanza. Tutto si giocava su pochi tavoli, senza neanche l'idea di un maggiore coinvolgimento democratico. Come se i cittadini non fossero maturi abbastanza per sapere.
In tal senso vale la pena notare che hanno fatto comunque gioco al sindaco Cialente e alla città, l'enorme peso contrattuale potenziale costituito da 100mila cittadini (includendo studenti e i comuni limitrofi del territorio). Cosa che differisce - per esempio - dall'attuale situazione del dopo sisma di Amatrice.
"Quella notte - racconta sempre Cialente - dissi che avrei chiamato la città per dirgli cosa stava succedendo. Mi tolsero il telefono dalle mani, tanto che chiesi se fossi sotto arresto". E ancora: "Il giorno dopo mi trovavo nella sala del Consiglio regionale insieme a coloro che il giorno prima volevano pugnalarmi. Decisi di non dire nulla". Ma Perché? Viene da chiedersi ora.
"Alla fine abbiamo vinto - ha aggiunto il sindaco - ribellandoci senza saperlo con i bambini che alle 6 si svegliavano sulla costa per tornare a scuola a L'Aquila. Grazie a tutti coloro che hanno scelto di rimanere. Ma in questa storia - ha concluso - ci sono le responsabilità del centro destra abruzzese e aquilano. Perché non ci hanno creduto, o non ci hanno voluto credere". Cialente ha anche rivelato che sta scrivendo anche lui un libro che probabilmente titolerà "L'Aquila - una storia italiana".
Ma torniamo a Marzetti. L'ex manager asl non è solo l'amministratore (l'unico) che pensò ad assicurare una proprietà pubblica (l'Ospedale) per il terremoto. E' anche il cittadino pescarese che si è innamorato dell'Aquila e che più degli stessi aquilani sa raccontarne pregi e difetti. Nel libro c'è anche molto di tutto questo.
E c'è la sua sofferenza di aver visto quella città in ginocchio dopo il terremoto e c'è la sua di storia, quella di un uomo buono, che pur non essendo certamente un amministratore perfetto, è rimasto indignato di fronte le ingiustizie che ha vissuto e visto in prima persona. Un uomo che la mattina del primo settembre 2009 scelse di essere conciliante con quelli - tra cui chi scrive - del Comitato 3e32 che da Via Strinella avevano spostato tutto il baraccone a Collemaggio.
In "Il volo di L'aquila" Marzetti racconta anche l'estrema prontezza d'intervento dei soccorsi il 6 aprile, "quasi sospetta come se qualcuno si aspettasse già in realtà un big one anche se non sapendo esattamente dove e quando". Infine l'ex Manager ha da un lato elogiato l'efficenza della Protezione civile, criticando fortemente allo stesso tempo la funzione di organizzatrice di Grandi Eventi che in quel momento svolgeva, fino alla tentata trasformazione - poi fortunatamente mai avvenuta - in Spa. Eppure, al tempo, non tutti furono contrari. Ma questa è un'altra storia e chissà un altro libro.