Era da tempo che non capitava di vedere tutto - o quasi - il centrodestra aquilano riunito. Tutti insieme, come ai vecchi tempi, seduti intorno a un tavolo, senza divisioni né rancori.
A riuscire nell’impresa, sebbene per lo spazio e il tempo limitati di una conferenza stampa, sono stati l’ex assessore regionale Gianfranco Giuliante e il senatore Altero Mattioli, entrambi di Forza Italia,
L’occasione è stata offerta dal referendum costituzionale del prossimo 4 dicembre.
Matteoli, come altri parlamentari di Forza Italia, è impegnato, in questi giorni, in un tour per sostenere le ragioni del No alla riforma della Carta voluta dal governo Renzi. Anche se la tappa aquilana - e i presenti hanno tenuto a precisarlo – è stata organizzata non sotto l’egida e la bandiera forzista ma come iniziativa della fondazione Libertà e Bene Comune, che fa capo all’ex ministro delle Infrastrutture.
Davanti ai giornalisti, accanto a Giuliante e Matteoli, si sono seduti – invitati da Giuliante - volti vecchi e nuovi del centrodestra cittadino: il consigliere comunale e candidato sindaco in pectore di Noi con Salvini, Lugi D’Eramo, e il coordinatore provinciale Emanuele Imprudente; il capogruppo di Forza Italia in consiglio comunale Guido Liris; l’ex manager della Asl dell’Aquila Giancarlo Silveri; l’ex coordinatore provinciale di Forza Italia Roberto Santangelo; l’ex sindaco dell’Aquila Biagio Tempesta; l’attuale coordinatore comunale del partito Stefano Morelli; il sindaco di Navelli Paolo Federico e la presidente del Ctp di S. Elia Sabrina Di Cosimo.
“Quando ci sono argomenti di politica generale come il No alla riforma costituzionale voluta da Renzi” ha detto Giuliante quasi a smorzare facili entusiasmi “è più facile aggregare. Tutto diventa più complicato quando si affrontano tematiche locali”.
“Questa riforma” ha affermato Giuliante “accentua a dismisura i poteri del presidente del Consiglio a discapito di quelli del parlamento, compromette la rappresentatività di quest’ultimo, altera il sistema del bilanciamento tra i vari poteri dello Stato. In questo è una riforma perfettamente coerente con lo stile e la gestione del potere che ha avuto Renzi finora. Il suo è un potere leaderistico, dove a comandare è l’esecutivo e non più il parlamento”.
“Questa riforma cambia, di fatto, la forma di governo dello Stato” ha dichiarato Matteoli. “Se vincesse il sì, con il nuovo assetto parlamentare e la nuova legge elettorale, potrebbe arrivare ad avere la maggioranza assoluta, e quindi a comandare, un partito con il 22%. Se poi pensiamo che 320 deputati saranno nominati e che il senato non sarà più elettivo, direi che è una riforma che abbassa il livello di democrazia”.
“Inoltre” ha proseguito Matteoli “se vincesse il sì, verrebbe esautorato il presidente della Repubblica, visto che uno degli articoli prevede che, su richiesta di un terzo dei deputati, un testo di legge possa essere preventivamente sottoposto al giudizio di costituzionalità della Consulta. E poi non è vero né che si metterà fine al bicameralismo perfetto, perché il senato continuerà ad avere potestà legislativa su molte materie, né che si ridurranno i costi della politica, perché è vero che i senatori saranno di meno e non percepiranno indennità, ma tutta la struttura del senato, con i suoi dipendenti, rimarrà in piedi. Va bene, insomma, la spending review ma questa non si può fare a colpi di riforme costituzionali”.
A onor del vero Matteoli, come molti altri suoi compagni di partito, votò sì, in parlamento, al ddl Boschi-Renzi: “Quando si votò in senato” ha precisato l’ex ministro in apertura di conferenza stampa “c’era un accordo, quello che è stato poi ribattezzato “patto del Nazareno”, che prevedeva, oltre alla riforma costituzionale, anche altre cose, dalla riforma della giustizia alla scelta condivisa del capo dello Stato. Quando poi, con l’elezione di Mattarella, quel patto è venuto meno, sono venute a mancare anche le ragioni e le condizioni che ci avevano spinto a votare sì alla riforma costituzionale”.
“Intendiamoci” ha proseguito Matteoli “anche noi vogliamo che non ci sia più il bicameralismo perfetto ma vogliamo che la sua abolizione sia fatta in maniera democratica. Non siamo per il No solo perché vogliamo mantenere lo status quo”.
Se vincesse il No, ha spiegato Matteoli, “si dovrebbe fare subito una nuova legge elettorale e poi andare al voto. Fatto questo, le varie forze politiche dovrebbero tornare a sedersi intorno a un tavolo per fare insieme le riforme”.
Per quanto riguarda Forza Italia, Matteoli è convinto che dovrà continuare a essere la forza trainante del centrodestra: “Auspico” ha affermato il senatore “che Forza Italia possa tornare a essere competitiva all’interno di una coalizione unita. Però bisogna che Forza Italia sia primaria in questa coalizione, perché possiamo tornare a vincere solo se c’è il centrodestra. Se invece c’è una destra-centro sarà più difficile. E lo dice un uomo come me che viene da destra”.
E la scelta del leader? ”Non amo le primarie perché preferisco che a scegliere siano i partiti dopo aver discusso ed essersi confrontati al loro interno. Le primarie sono una scappatoia dovuta al fatto che i partiti non esistono più, sono allo sfascio. Se vogliamo farle, però, dobbiamo istituzionalizzarle con una legge, altrimenti sarà il caos. Certo, se dovessimo farle io non farò certo le barricate. Ma mi piacerebbe che i partiti tornassero a discutere, a fare congressi, a riunire gli organi; insomma, a fare politica. Cosa che negli ultimi tempi è venuta meno”.
Primarie, scelta del leader, costruzione del programma e della coalizione di governo: sono tutte tematiche (e problematiche) che interessano da vicino anche il centrodestra locale.
Sulle comunali del 2017, Giuliante ha detto: “La riunificazione del centrodestra è la conditio sine qua non per giocare una battaglia attiva nell’ambito delle prossime elezioni. In questo momento, però, vedo solo persone interessate al piccolo cabotaggio. Questa è una città che è stata oggettivamente marginalizzata dal contesto regionale e che ha perso dignità, orgoglio e capacità reattiva. Se non si riacquista questo elemento identitario, tutte le battaglie che verranno si trasformeranno solo in tentativi di spartirsi la fetta della ricostruzione porteranno il rischio di trovarsi con una città che non esiste più. Credo che il tavolo di oggi ha dimostrato che esistono possibilità oggettive di un colloquio nell’ambito del centrodestra. Le candidature, all’Aquila, si possono costruire e debbono venire fuori da una condivisione di tutte le diverse anime del centrodestra ma se si vuole vincere e essere trasversali rispetto al contesto non bisogna pensare a contabilizzare le percentuali delle singole forze politiche o dei singoli soggetti. C’è bisogno” ha concluso Giuliante “di una rivoluzione culturale e di un appello forte alla città affinché riscopra se stessa, perché sta perdendo tutto, in alcuni casi per insipienza di chi non capisce cosa sta succedendo nella dinamica complessiva a livello regionale, in altri perché si è distratti dal piccolo cabotaggio personale”.