È successo due o tre settimane fa che un ambizioso progetto astronomico invadesse le prime pagine dei giornali a causa di una sonda schiantatasi su Marte.
Oltre a far buttare orecchi e occhi, seppure in maniera superficiale, a questioni scientifiche intorno a noi, a mia madre ha richiamato alla mente un nome altisonante della storia della moda del quale – qui un pubblico mea culpa – non avevo mai sentito parlare: Elsa Schiaparelli, nipote del famoso astronomo Giovanni dal quale la sonda ha preso il nome.
Elsa Schiaparelli, classe 1890, non è stata solo una stilista di inizio secolo. Elsa Schiaparelli è stata una rivoluzionaria nel modo di concepire la moda, è stata una delle promotrici del cambiamento sociale femminile attraverso l’estetica e la consapevolezza.
Ma procediamo con ordine. Figlia dell’aristocrazia piemontese, questa ragazza non è esattamente quella che si potrebbe definire una figlia del popolo: da parte di madre e padre, zii, nonni e avi, fin da giovane riceve stimoli ben lontani da quelli ricevuti dalla maggior parte delle sue coetanee. Abbandonata le velleità da palcoscenico - ambizioni non consone ad una giovane donna del suo rango - all’età di 21 anni, pubblica delle poesie dalle sfumature osè ritenute disonorevoli per la famiglia che la confina in un convento in Svizzera. Nell’arco di un decennio Elsa vive a Londra, si sposa e si trasferisce a New York e mette al mondo una bimba che crescerà sola a causa dell’insuccesso del suo matrimonio. Nel periodo newyorkese la Shiaparelli assapora il fermento artistico di quegli anni entrando nella cerchia dei maggiori esponenti dell’avanguardia dadaista come Man Ray e Marcel Duchamp. Nei primi anni 20 la non ancora stilista ritorna in Europa, a Parigi, ospite nientepopodimenoche della famiglia Picabia, tanto per rimanere connessi a ciò che era rimasto negli Stati Uniti.
A Parigi iniziano a delinearsi i contorni della filosofia Schiaparelli. Grazie alle innovazioni di Paul Poiret (altro avanguardista della moda del tempo) Elsa si tuffa a piè pari nel fermento parigino di stoffe e creazioni volte a vestire una donna libera dalle convezioni e dai corsetti del secolo da poco concluso. Una moda alla portata di tutti che però si opponeva ai tagli rigorosi di quella che allora era considerata la sua principale rivale Coco Chanel. Se con quest’ultima si divideva le clienti e il motore principe delle creazioni, le allontanavano il ceto sociale di origine e le soluzioni stilistiche: siamo negli anni ’30 e la maison Schiaparelli veste le donne in maniera colorata, sportiva, con cerniere e applicazioni fantasiose, zeppe e turbanti. Le influenze surrealiste e dadaiste sono manifeste nei suoi abiti e gli accostamenti sono coerentemente disturbanti. Iconico è l’abito Aragosta del 1937 in collaborazione con Salvador Dalì. Famosa è la nuance del suo rosa shocking, sdoganato anche per l’abbigliamento quotidiano.
Ed è anche a lei che dobbiamo l’attuale concetto di sfilata: è stata la prima a portare in passerella donne alte e magre dal fisico androgino che, a suo dire, esaltavano meglio le sue creazioni. Sarebbe cuorioso confrontarsi con lei adesso, in tempi di orgoglio curvy, fatto sta che un secolo fa l’idea era shockante tanto quanto il suo rosa e l’abito scheletro, sempre con Dalì! L’arte al servizio del genio, e viceversa. Ancora oggi la maison continua a persevare con l’elaganza composta ma non scontata del colore e non cancella l’impronta frivola, bizzarra e non convenzionale della sua fondatrice.
Durante il periodo della Seconda Guerra Mondiale la stilista si reca di nuovo a New York ma al suo ritorno Parigi è cambiata: la guerra ha modificato i connotati alla società e, di conseguenza alla moda, che nel frattempo ha eletto Christian Dior suo principe quindi nel 1954 Schiaparelli torna alle origini ritirandosi e scrivendo la sua biografia Shocking Life all’interno della quale racconta la sua vita anticonformista e parla alle donne.
E' lì che stila i 12 comandamenti della donna moderna:
- Le donne conoscono poco di sé stesse e dovrebbero sforzarsi di conoscersi meglio.
- Una donna che compra un vestito costoso e lo modifica, spesso con risultati disastrosi, è una scialacquatrice e una folle.
- La maggior parte delle donne (e degli uomini) non vede i colori. Dovrebbe chiedere consiglio.
- Ricordate: il venti per cento delle donne ha un complesso di inferiorità. Il settanta per cento coltiva illusioni.
- Il novanta per cento ha paura di essere appariscenti e di quello che dice la gente, così compra un abito grigio. Dovrebbero osare ad essere diverse.
- Le donne dovrebbero imparare a fidarsi dei consigli di persone esperte e competenti.
- Dovrebbero scegliere i vestiti sole o in compagnia di un uomo.
- Non dovrebbero mai fare acquisti insieme a un'altra donna, che a volte consciamente e spesso inconsciamente è portata ad essere gelosa.
- Dovrebbero comprare poche cose e solo le migliori o le più economiche.
- Non adattare mai il vestito al corpo, ma abituare il corpo a adattarsi al vestito.
- Una donna dovrebbe fare la maggior parte dei suoi acquisti in un unico posto dove è conosciuta e rispettata, senza precipitarsi qua e là a provare ogni nuova moda.
- E dovrebbe pagare i suoi conti.
Così parlava e pensava 60 anni fa la rivoluzionaria Schiaparelli facendo il sunto della sua esistenza. Anche se dal canto suo lo shopping al femminile è da evitare, un giretto insieme a questa marziana della moda me lo sarei fatto più che volentieri...