"Pur senza raggiungere i toni di violenta volgarità del suo amico campano anche il Presidente della Regione Abruzzo continua ad abusare del suo ruolo istituzionale nella campagna referendaria sulla Costituzione". E' l'accusa lanciata attraverso una nota da Maurizio Acerbo, leader abruzzese di Rifondazione comunista, nei confronti di Luciano D'Alfonso.
Secondo Acerbo, il governatore abruzzese ha convocato domenica a Pescara i sindaci pronunciando le seguenti parole: "In questi ultimi sette giorni vi voglio chiedere di scatenarvi, voglio parlare alle vostre mogli invitando anche loro a scatenarsi. Deve aumentare la quantità di vostre iniziative, anche frontali. Quando siete candidati voi, ogni minuto è dedicato alla campagna elettorale. Deve scattare questo".
"D'Alfonso probabilmente ha modulato le parole in modo da non incorrere nell'accusa penale di voto di scambio ma far balenare centinaia di milioni di euro di fondi ancora assegnare - dopo il 4 dicembre - con Masterplan, Psr dell'agricolutra, Por-Fesr del Piano di sviluppo urbano, fondi Fse e Fsc nazionale e ricordare il suo ruolo in cabina di regia suona come un avvertimento ben chiaro a chi lo conosce", attacca il segretario di Rifondazione comunista.
La nota completa di Maurizio Acerbo
Pur senza raggiungere i toni di violenta volgarità del suo amico campano anche il Presidente della Regione Abruzzo continua ad abusare del suo ruolo istituzionale nella campagna referendaria sulla Costituzione.
Probabilmente la presenza di due giornalisti - che D'Alfonso ha immediatamente identificato - lo ha portato a tenere un intervento più garbato ma la sostanza è la stessa.
D'Alfonso dice ai sindaci: "In questi ultimi sette giorni vi voglio chiedere di scatenarvi, voglio parlare alle vostre mogli invitando anche loro a scatenarsi. Deve aumentare la quantità di vostre iniziative, anche frontali. Quando siete candidati voi, ogni minuto è dedicato alla campagna elettorale. Deve scattare questo".
Il Presidente usa la sua carica per condizionare l'orientamento dei sindaci che soprattutto nei piccoli comuni in caso di scarso risultato del Si potrebbero temere ritorsioni in termini di finanziamenti e disattenzione da parte della Regione.
D'Alfonso probabilmente ha modulato le parole in modo da non incorrere nell'accusa penale di voto di scambio ma far balenare centinaia di milioni di euro di fondi ancora assegnare - dopo il 4 dicembre - con Masterplan, Psr dell'agricolutra, Por-Fesr del Piano di sviluppo urbano, fondi Fse e Fsc nazionale e ricordare il suo ruolo in cabina di regia suona come un avvertimento ben chiaro a chi lo conosce.
D'Alfonso invita, o per meglio dire, ordina agli amministratori locali di fare campagna a tappeto come se fossero candidati. Democristiano com'è intende dire che si aspetta che portino al sì la stessa quantità di voti che controllano e muovano nelle elezioni amministrative. Dati misurabili, controllabili, su cui chiedere conto.
Insomma in ballo non c'è la Costituzione ma i soldoni. Bisogna far votare Sì non lo fa sulla base del contenuto della "deforma" costituzionale ma della costruzione di una filiera politica in cui D'Alfonso rappresenta l'anello di congiunzione col Presidente del Consiglio.
La solita vecchia politica clientelare che viene mobilitata per fare il casa per casa gettando nell'ultima settimana il peso delle cariche amministrative.
Ennesima dimostrazione che la casta regionale, proprio quella che si è avvalsa della prescrizione e coinvolta in molteplici vicende giudiziarie come D'Alfonso, non vede il Si come un pericolo ma come un'opportunità.
Non consentiamo a questi politicanti da terzo mondo di stravolgere la Costituzione. I soldi pubblici non sono di Renzi nè di D'Alfonso.
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Negli ultimi cinque giorni di questa lunghissima campagna referendaria, almeno per quanto ci riguarda, non bisogna fare altro che continuare a mobilitarsi, tutti: parlare con tutti, spiegare le tante ragioni perché questa riforma sia da bocciare e respingere con un no, consapevole e motivato.
E non farlo a suon di slogan stanchi, ripetitivi e consunti. Semplicemente spiegando cosa dice quel testo di riforma.
E se il presidente D'Alfonso convoca i sindaci per farli "scatenare", dall'alto della sua e delle rispettive cariche pubbliche, noi continueremo a spiegare che è una riforma pessima e scritta male; una riforma che non toglie il Senato ma la sua eleggibilità, non supera il bicameralismo, non semplifica né velocizza la formazione delle leggi, ma complica e rallenta, non taglia i costi se non in via residuale, non crea una Camera delle Regioni ma di consiglieri regionali e sindaci che non si sa come saranno individuati, indebolisce gli strumenti di democrazia diretta, stravolge il meccanismo parlamentare a tutto favore del governo, riaccentra i poteri allo Stato indebolendo e svuotando le autonomie locali, cambia i meccanismi di elezione degli organismi di garanzia e pure quello di dichiarazione di stato di guerra.
Ecco, come sin da gennaio questo faremo fino alla fine. Senza scatenarci, questo non è un party, ma un referendum; bensì mobilitandoci ancora, determinati, consapevoli e preparati. E avremmo preferito che il presidente di Regione ed i vari sindaci, che dovrebbero rappresentare per intero le proprie comunità di riferimento, non avessero fatto diventare le proprie cariche, cariche istituzionali, di parte.
Noi, caro presidente, voteremo No, mobiliteremo tutte le nostre energie parlando con tutti; ci faremo tanti piccoli comitati per il No, come dall'inizio, come da gennaio, spiegando, non approfittando del ruolo che hanno dato a lei e tutti gli amministratori sia cittadini che voteranno No che quelli che voteranno Si.
Voteremo No anche per sottolineare che tutti i cittadini hanno pari dignità, anche per una campagna referendaria; soprattutto per questa, sottolineando ancora una volta e ancora un altro aspetto del dettato della Costituzione vigente. Il cui testo è, in sintesi e raffrontato con quello della riforma, il motivo per il quale voteremo e faremo a tutti votare NO.