"Sono convinta che, ancora una volta, L'Aquila e l'Abruzzo saranno determinanti nel dire No ad una proposta di riforma Costituzionale che non è una buona riforma per l'Italia".
A dirlo l'onorevole di Forza Italia Mara Carfagna che, ieri sera, ha incontrato i cittadini aquilani all'Auditorium Ance, gremito per l'occasione. "Siamo chiamati al voto su una riforma - ha sottolineato Carfagna, nel suo intervento - approvata da un Parlamento eletto con una legge dichiarata incostituzionale, da una maggioranza, dunque, illegittima: questo - ha aggiunto - avrebbe dovuto consigliare un poco più di prudenza, di umiltà, un atteggiamento meno arrogante; avrebbe dovuto 'spingere' alla ricerca di un accordo, di una condivisione larga, e avrebbe dovuto sconsigliare la modifica dei principi dello Stato per mezzo di una procedura che è sembrata più un colpo di mano che un grande processo riformatore".
Nel momento più basso della sua legittimazione, ha proseguito la parlamentare forzista, il Governo Renzi ha "imposto" al Parlamento "il cambiamento più radicale degli ultimi 70 anni: non si può che tenere presente, infatti, il combinato disposto tra riforma costituzionale e riforma della legge elettorale. Se si prevede una sola Camera titolare del rapporto di fiducia col Governo, infatti, è fondamentale il modo in cui quella Camera viene eletta: ebbene, l'enorme premio di maggioranza previsto dall'Italicum consegna la Camera dei Deputati nelle mani del leader che vince le elezioni seppure rappresentando una minoranza. Basterà il voto di un italiano su quattro per avere in mano Montecitorio e, così, condizionare persino la nomina dei pesi e contrappesi democratici".
"Ho capito che questi signori sono allergici al voto popolare - ha incalzato Mara Carfagna - ma tentare di prendere in mano le leve del potere rappresentando una minoranza nel paese e inserendo in Costituzione, tra l'altro, le regole che possano legittimarlo, è una manovra che dobbiamo assolutamente sventare".
Carfagna è convinta che Renzi stia utilizzando la riforma costituzionale "per ottenere legittimazione popolare, il consenso che non ha mai avuto: è entrato a Palazzo Chigi passando dalla porta di servizio". E d'altra parte, "la riforma ha elementi di merito profondamente sbagliati: dire No, vuol dire opporsi ad un tentativo arrogante e maldestro di mettere le mani sulla Costituzione imponendo regole sbagliate, che peggiorano e non migliorano l'esistente. Non si può promuovere il cambiamento per il cambiamento, non si può cambiare per il gusto di cambiare".
Entrando nel merito del disegno di legge Boschi, dunque, Carfagna si è concentrata sul Senato della Repubblica "che non viene abolito - ha ribadito - ma soltanto trasformato: viene abolito soltanto il diritto dei cittadini ad eleggersi i propri rappresentanti, come già accaduto, tra l'altro, con le Province. Per il resto, il Senato resterà così com'è, con i costi che verranno scaricati sulle tasche dei cittadini, privati del loro diritto al voto". Senza alcuna investitura democratica, Palazzo Madama manterrà compiti importanti: "il potere di fare le leggi costituzionali, per esempio, o di ratificare i trattati europei; le norme relative all'immigrazione, la lotta al terrorismo, la difesa comune, persino le questioni bancarie, e mi rendo conto che non si tratta di un argomento piacevole per il governo Renzi, resterebbero materie di competenza del Senato. Per dire: un eventuale "bail-in", un eventuale fiscal compact, passerebbe dal voto di senatori non legittimati dal consenso popolare".
Carfagna ha provato a smontare anche il "mito" della semplificazione: "Passasse la riforma, i procedimenti legislativi non verrebbero affatto semplificati, anzi; oggi, esiste un solo procedimento bicamerale, vincesse il Si ne avremmo diversi: per molte materie, resterebbe il bicamerale, per altre verrebbe differenziato a seconda delle modalità d'intervento concesso al Senato. Non si semplifica nulla, insomma, piuttosto si acuirebbero i possibili 'conflitti' tra i due rami del Parlamento". Pericolo che Carfagna vede anche nel diverso comparto di competenze tra Stato e Regioni, col passo indietro sul Titolo V della Costituzione. "Per molte materie delicate, importanti per la vita quotidiana dei cittadini, i conflitti d'attribuzione verrebbero inaspriti da una riforma pasticciata. Tra l'altro, le Regioni a statuto speciale - le più spendaccione - non verrebbero toccate, anzi verrebbero investite da maggiore competenza e autonomia; e si acuirebbero, come non bastasse, le differenze di trattamenbto tra le regioni in pareggio di bilancio e quelle che non l'hanno raggiunto, le regioni del Sud in particolare, che soffrono una capacità fiscale minore e, col criterio di ripartizione delle risorse, vengono penalizzate rispetto alle regioni del Nord. La loro libertà d'azione - ha concluso Carfagna - verrebbe ulteriormente ridimensionata".