Lunedì, 05 Dicembre 2016 12:27

Renzi dimettendosi si rilancia. Il vuoto politico e la necessità di una sinistra popolare

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Matteo Renzi si è dimesso. Questo bisogna riconoscerglielo

Certo il risultato 60-40 ha aiutato non poco l'oramai ex premier a prendere questa decisione, ma non era scontato lo facesse. Sì, il Primo Ministro ha personalizzato il referendum, commettendo molto probabilmente un errore, ma poi ha effettivamente fatto quello che aveva detto in principio: "Se perdo, mi dimetto". Durante la campagna referendaria aveva provato a smussare questo punto, tanto da mettere in dubbio l'iniziale annuncio, come non hanno mancato di sottolineare tutte le sue, trasversali, opposizioni; invece, ieri sera Renzi ha dato le dimissioni parlando poco dopo la mezzanotte, in un discorso di alto livello, da aspirante statista qual è. Un po' aspirante statista, un po' giocatore di poker, come in molti lo definiscono. Se avesse preso un'altra scelta, l'ex premier avrebbe perso in spessore e credibilità. Dimettersi è stato per lui il modo migliore per uscirne. Qualcosa di sicuramente ben preventivato col suo staff nelle ultime settimane, in vista di altre prospettive politiche.

Qualcuno ha anche scritto che paradossalmente il "Sì" avrebbe finito per favorire il fronte del No mentre il "No" avrebbe finito per favorire Renzi. D'altronde il 40% di consenso politico non è poco e, giocando di rimessa, l'ex Primo Ministro potrebbe provare a far pesare la sua assenza agli italiani per ricandidarsi così alla prossima tornata elettorale o addirittura ad un Renzi Bis. Ovviamente staremo a vedere se l'aspirante statista diventerà davvero tale o rimarrà un buon giocatore di poker. Di certo ha fatto quello che ha detto, "non è poco in questa Italia", come non ha mancato di ribadire nel suo discorso che, sin dalle prime parole, conteneva il messaggio delle dimissioni. Si è confermato un politico coraggioso e risoluto e in un certo senso le sue dimissioni sono già un rilancio.

Si è appena sciolto il fronte del No

La coalizione trasversale del No si è sciolta ieri notte, appena dopo la vittoria. Vista da un "No" di sinistra, osservare Salvini o Brunetta gioire per il medesimo risultato è stato un brutto risveglio.

Quello che più si nota però, nello scenario politico, è la mancanza, il vuoto. La mancanza sia a destra che a sinistra di un'alternativa credibile velocemente percorribile. La mancanza di progetti, di soggetti politici e di leader. Bisogna sempre tenere a mente a cosa era succeduto Renzi: alla vittoria-sconfitta di Bersani, ad un anonimo governo Letta e, prima di loro, al ventennio Berlusconiano (intervallato da Prodi) e Monti (addirittura peggio).

Ci sono i cinque stelle

I secondi arrivati alle scorse politiche, con un grande risultato. Si vedrà nei prossimi mesi se collasseranno in un progetto sempre più simile all'uomo qualunque o se riusciranno a crescere in consistenza politica e maturità, trovando una loro più precisa identità.

Non a caso Di Maio, l'uomo dal profilo più alto in M5S, ieri nel discorso della "vittoria" alla Camera ha insistito nel contrastare l'etichetta di anti-politica, effettivamente priva di senso. Ma lo ha fatto anche per un auto convincimento interno al Cinque Stelle, necessario ad aprire una nuova fase, più istituzionale appunto, in cui Di Maio vuole traghettare i suoi. Qualcosa che deve risultare però anche commestibile alla base.

Ma qual è e quale sarà il vero volto dei Cinque Stelle? In sé, i pentastellati contengono sia istanze antisistemiche (ma anche ambientali e sociali) tanto care alla cultura di sinistra, sia posizioni di pancia su immigrati ed Europa che gli danno consenso anche da destra. Di fatto sono stati l'unica opposizione parlamentare al Governo centrale e in quello di tante Regioni e Città a guida Pd. Hanno conquistato Roma e, sopraTtutto, Torino.

Sono nella posizione di poter diventare il punto di riferimento principale dell'opposizione alla maggioranza parlamentare di un Pd diviso, ma hanno bisogno di un salto di qualità che diminuisca la quantità di "populismo puro" che a volte contengono le loro posizioni: per farlo dovranno iniziare a 'pendere' o da una parte o dall'altra, perdendo fette di elettori ma, chissà, trovandone altre.

Qualcuno ha considerato il voto del No la vittoria del populismo

Sbagliato. Troppo facile. Uno degli errori, nonché degli aspetti più antipatici, è stata proprio l'esagerazione fatta da Renzi e dal Governo verso gli esiti di una vittoria del No e la propaganda invasiva ed estenuante fatta per il Sì.

Come spesso succede, gli si è rivolta contro. Anche il suo è stato populismo, o meglio un anti-populismo di parte che è a sua volta populismo. E anche contro quello moltissimi italiani, sopratutto giovani, hanno votato No. E' stata una "pagina da democrazia evoluta", come ha detto anche l'ex premier, non c'entra niente il populismo, citato a sproposito anche nel caso di Brexit e di Trump, come ultima risposta del pensiero unico.

Certo c'è molto vento che tira a destra, verso le tentazioni di uscire dalla crisi chiudendosi ed in maniera autoritaria. Molti progressisti non hanno problemi ad ammettere di votare per questo per Renzi, o Clinton, i meno peggio. D'altronde Renzi è stato un giovane Primo ministro innovatore in quanto a comunicazione e tipo di leadership politica, che è riuscito a far passare (con tutti i limiti) anche provvedimenti marcatamente progressisti come la legge sulle unioni civili.

E la sinistra?

Il Pd è spaccato ed in uno dei momenti più difficili della sua giovane storia. La galassia delle piccole cellule sorte ufficialmente alla sua sinistra, resta qualcosa di fortemente minoritario. L'unica eccezione arriva da Napoli, dove Pd ed M5S perdono e vince l'unico interprete italiano di un populismo di sinistra, il Sindaco Luigi De Magistris.

E' da Napoli che è partita la maggiore elaborazione di un No sociale, costituente "e ricostituente", dove si parla di movimenti, neo municipalismo e delle esperienze spagnole. E lì che la sinistra italiana dovrebbe guardare perché è lì che dovrebbe "stare". Detto meglio: Podemos è un soggetto non così diverso dal movimento Cinque Stelle, populista anche lui ma con alcuni connotati, però, marcatamente di sinistra. Seppur alle politiche - come M5S - non abbia vinto di poco, intorno a lui, nelle città, molte altri pezzi della sinistra-sinistra hanno avuto il coraggio di lasciarsi attraversare da molte contraddizioni pur di provare, e riuscire, a governare (Madrid, Barcellona, Zaragoza, ecc.).

Ci vorrebbe più coraggio in tal senso anche in Italia e non mancano tentavi per avvicinare l'esperienza De Magistris a quella M5S, la via per un populismo di sinistra. O meglio di una sinistra popolare, quella da ricostruire se ci si vuole opporre alla sempre più preoccupante uscita da destra. Quella delle "barbarie" che hanno esultato anch'esse stamattina, in Italia, con la vittoria del No.

 

 

 

 

 

Ultima modifica il Domenica, 11 Dicembre 2016 18:24

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