“Il ballottaggio è una partita completamente nuova, sono convinto che ce la possiamo fare”.
Due giorni dopo le elezioni, con un quadro politico reso più chiaro dai dati definitivi ma non ancora ufficiali (lo diventeranno dopo lo spoglio del famigerato seggio 72) sui voti di lista e sulle preferenze, il candidato del centrodestra Pierluigi Biondi ribadisce quanto affermato a caldo, quando, a seggi non ancora scrutinati, erano uscite le prime proiezioni. E cioè che il divario di 12 punti scavato da Di Benedetto e dal centrosinistra al primo turno è tutt’altro che incolmabile.
La rimonta, per quanto difficile, non è affatto un’impresa impossibile.
Quello di Biondi non è solo ottimismo della volontà, sbandierato per dare un’iniezione di fiducia alle sue truppe. A farlo guardare con “positività” all’appuntamento del 25 giugno ci sono soprattutto alcuni dati riguardanti i flussi elettorali.
“Un primo dato che fa ben sperare” dice Biondi “è che ho preso 1200 voti in più rispetto alle liste. L’altro è che un buon 4% delle preferenze, corrispondenti a 1500 voti, andate al centrosinistra viene da candidati consiglieri (Elia Serpetti, Paolo Romano, Massimilianmo Venta e Massimiliano Pieri, tutti candidati nella fila della lista civica di Di Benedetto Il passo possibile, ndr) che cinque anni fa stavano con il centrodestra”.
Osserva Biondi che Di Benedetto, che ha ottenuto un risultato nettamemente inferiore a quello delle liste che lo appoggiavano, è andato a pescare molti voti in un elettorato tradizionalmente di centrodestra. L’obiettivo (la speranza) dell’ex sindaco di Villa Sant’Angelo è riportare quei voti a casa, confidando nel fatto che al ballottaggio, liberi da condizionamenti e da obblighi familistici, gli elettori potranano esprimersi liberamente “tra la scelta della continuità, rappresentata dal centrosinistra, e quella del rinnovamento, rappresentato dal centrodestra”.
Centrodestra che, dice Biondi, può considerarsi soddisfatto per il risultato riportato e che ha ancora ampi margini di crescita; a differenza della compagine avversaria, che invece “ha fatto già il massimo e più di così non può fare. Due mesi fa i sondaggi ci davano 40 punti sotto. Abbiamo affrontato una corazzata che poteva contare sul consenso alimentato dalla gestione delle risorse della ricostruzione e da una serie di situazioni lasciate appese nella speranza di, dal bando Fare Centro ai fondi per la cultura, dalle graduatorie a tempo determinato dei vigili urbani agli elenchi della ricostruzione privata. Malgrado questo, siamo riusciti a ottenere il 34%, il che vuol dire che un aquilano su tre ha votato per il centrodestra. Se vinceremo noi, inoltre, ci sarà un ricambio più ampio delle componenti consiliari e un ingresso in consiglio comunale di un maggior numero di donne: otto”.
In caso di vittoria del centrodestra, tra l’altro, non si verificherebbe la cosiddetta ipotesi anatra zoppa, da molti paventata alla luce del risultato del primo turno, dove le liste di Di Benedetto hanno superato la soglia del 50%: “Ci sono delle sentenze abbastanza recenti del Tar” rassicura Biondi “che considerano comunque il principio di governabilità preminente”.
La rivincita di Biondi passerà anche per un deciso cambio di passo in campagna elettorale. A molti è sembrato che, soprattutto nei giorni immediatamente precedenti il voto, il centrodestra sia stato troppo “distruttivo” e poco propositivo, troppo concentrato ad attaccare il centrosinistra sul passato e poco attento a spiegare le proprio proposte per il futuro.
L’obiettivo delle prossime due settimane, lascia intendere Biondi, è quello di correggere il tiro: fermo restando che “era necessario inchiodare il Pd e il centrosinistra alle proprie responsabilità” dice il candidato sindaco “ci saranno dei cambiamenti. Inizieremo anzitutto con l’illustrare nel dettaglio il nostro programma dei cento giorni”.
Un altro aiuto a Biondi potrebbe arrivare da tutti quegli elettori che al primo turno hanno appoggiato i candidati civici (Trifuoggi, Cimoroni, Silveri) o i Cinque Stelle. Anche se non sono organici alla destra, dice Biondi (che comunque, a scanso di equivoci, ribadisce che non farà apparentamenti), quei voti sono comunque espressione di un giudizio negativo sull’amministrazione uscente e dunque sintomatici di una voglia di cambiamento.
La speranza, insomma, è che possa succedere anche all’Aquila quello che, l’anno scorso, accadde a Torino, dove la Appendino riuscì a battere al ballottaggio Fassino, pur partendo da un gap di venti punti del primo turno; o quello che si verificò al referendum costituzionale del 4 dicembre scorso, quando gli elettori votarono in massa No malgrado la schiacciante macchina della propaganda messa in moto da Renzi e dal Pd.