Fine 2020. E’ quella la data entro la quale potrebbe concludersi la ricostruzione privata nel centro storico dell’Aquila mentre per le frazioni si dovrà attendere un anno in più.
Ad affermarlo, davanti la commissione consiliare Programmazione e territorio, è stato il responsabile dell’Usra (Ufficio speciale per la ricostruzione dell’Aquila) Raniero Fabrizi. “Entro la fine del 2018” ha detto Fabrizi “potrebbero essere chiuse tutte le istruttorie delle parametriche e partire tutti i cantieri. Dato che, una volta avviati i lavori, bisogna necessariamenti portarli a termine entro due anni, il 2020 è una prospettiva possibile. Per quanto riguarda i centri storici delle frazioni, invece” ha precisato Fabrizi “nella dozzina che, in virtù dei danni riportati, sono stati individuate come prioritarie, ci vorrà un anno in più e quindi parliamo del 2021”.
Si tratta, ovviamente, di previsioni attendibili a patto che tutto vada come dovrebbe andare sui vari livelli (tecnico, amministrativo, contabile) nei quali si articola il processo della ricostruzione. Occorrerà, soprattutto, che lo Stato non faccia mancare i soldi e che l’esame delle pratiche e l’apertura dei cantieri procedano speditamente.
A tal proposito, ha detto Fabrizi, le criticità sono ancora molte. Le più urgenti da risolvere sono i ritardi con cui i tecnici presentano i progetti e le integrazioni e le ormai note strozzature che si sono venute a creare in seno al Genio civile da quando è entrata in vigore la legge che ne ha riformato il funzionamento.
Il responsabile Usra ha specificato subito che, nell'ultimo anno, sono diminuiti sia l'importo mensile dei contributi erogati - si è passati dai 100 milioni di euro al mese del 2015 di progetti approvati agli attuali 30 ma questo dipende soprattutto dal fatto che sono partite le pratiche delle frazioni per cui si è passati da un importo medio di 10 milioni, quello dei grandi aggregati del centro storico dell'Aquila, a un importo medio di 1/2 milioni - sia il "tiraggio" generale, e ciò per colpa della lentezza con cui vengono presentate le schede parametriche (parte 2).
La “pigrizia” e l'inerzia di alcuni progettisti sta diventando un problema serio, tanto che, ha detto Biondi, si sta pensando di introdurre nuove norme per istituire un sistema di incentivi e penalità in grado di premiare i tecnici virtuosi e “punire” quelli ritardatari.
“Oggi” ha spiegato Biondi “le penalità scattano solo dopo che viene concesso il buono contributo, se il cantiere non parte dopo 30 giorni e se i lavori non vengono completati dentro due anni. Stiamo ragionando sulla possibilità di introdurre delle penalità per chi non rispetta i tempi anche nella fase precedente, quella della presentazione delle parametriche”. Misure del genere andrebbero introdotte ex lege ma, ha detto Biondi “preferiremmo arrivare a un accordo con gli ordini professionali, in un’ottica di collaborazione tra le parti”.
Ma quello dei ritardi nella consegna dei progetti non è l’unico problema cui Biondi ha detto di voler porre rimedio in tempi brevi. Altra grana da risolvere è quella del personale assunto dopo il terremoto, sia i vincitori del concorso Ripam che i precari a tempo determinato del comune.
I primi, in teoria, dovrebbero avere un contratto a tempo indeterminato e, a partire dal 2021, dovrebbero entrare a far parte della pianta organica del comune. Una recente sentenza di un giudice del lavoro, tuttavia, ha stabilito che, in realtà, i loro debbano essere considerati contratti a tempo determinato. Questa indeterminatezza sta spingendo molti vincitori del concorso ad andarsene e ad accettare offerte di lavoro più stabili. Il risultato è che su 128 assunti con il concorsone Ripam, 40 sono andati via. E sostituirli non è semplice e immediato, perché la legge italiana dice che chi abbandona un posto pubblico ha diritto di conservarlo per 6 mesi e perché comunque coloro che subentrano devono essere formati e prendere dimestichezza con le procedure amministrative. Questi vuoti di organico e questi frequenti avvicendamenti producono effetti negativi a cascata e risultano essere un altro dei fattori di rallentamento dell’esame delle pratiche.
Per superare questa impasse, Biondi ha preannunciato di voler chiedere al governo, in particolare alla De Micheli, di “definire, in via ultimativa, i Ripam come assunti a tempo determinato con fondi a carico dello Stato e di dare al comune la possibilità di stabilizzare personale precario chiedendo una deroga alla legge Madia non in ordine alle caratteristiche che deve avere il personale ma in ordine ai vincoli alle assunzioni a cui è soggetto lo stesso comune. Ovviamente, una volta che questo personale sarà stabilizzato, avremo bisogno anche della copertura finanziaria per pagarlo perché ora viene pagato con i fondi per l’assistenza tecnica trasferiti annualmente dal Cipe”.
Tra le altre note dolenti individuate da Biondi ci sono i ritardi nei pagamenti dei Sal finali, fermi attualmente a febbraio (“Ho inviato una lettera per sollecitare, ne va della tenuta di tutto il sistema”) e alcuni vuoti originatisi nella ricostruzione del centro – Biondi li ha definiti “buchi neri” - dovuti principalmente al fatto che la commissione pareri sulle demolizioni, dove ad avere l’ultima parola è sempre la Soprintendenza, ha respinto alcuni progetti che prevedevano l’abbattimento imponendo invece un intervento restaurativo (un esempio è l'edificio ancora puntellato che si trova a piazza Chiarino). Il risultato è che, per quei progetti, bisognerà ricominciare da capo. “Certe posizioni della commissione pareri sono un po’ rigide” ha detto il sindaco.
Un’ultima proposta è stata avanzata poi sulle parametriche. In sostanza, l’idea è quella di velocizzare le pratiche di progetti al di sotto del milione di euro. “L’ipotesi allo studio è la seguente: si presenta la parametrica 1: se questa quantifica un contributo massimo concedibile inferiore a questo tetto al momento della presentazione della parametrica parte 2 si fa un’istruttoria spedita per cui si apre la pratica, si vede se il computo metrico è minore o uguale all’importo della parametrica 1 e si dà direttamente il buono contributo, rimandando i controlli sul cantiere. In questo modo si sgraverebbero gli uffici dall’istruttoria e si aumenterebbero i controlli sui cantieri che oggi sono un po’ blandi”.
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