Una situazione drammatica, preoccupante per "lo sviluppo della nostra montagna" - oramai, una frase fatta da campagna elettorale e poco più - per il destino dei lavoratori e dei pur minimi servizi offerti dal Centro turistico Gran Sasso che 'affoga' in un mare di debiti, vittima di una mala gestione che si protrae da anni.
La gravità della vicenda è emersa stamane in Commissione 'Controllo e garanzia', convocata dal presidente Americo Di Benedetto. E l'intricata nomina del dirigente Domenico de Nardis a commissario straordinario, in realtà, è parsa l'ultimo dei problemi sebbene il sindaco Pierluigi Biondi - audito dai Consiglieri commissari - non abbia potuto far altro che riconoscere come si tratti di una "forzatura" lasciando intendere, altresì, che l'unica alternativa possibile era la messa in liquidazione della partecipata.
L'avvocato de Nardis ha chiarito che, dal punto di vista civilistico, le attività poste in essere da chi non è "reale rappresentante giuridico" di una società - in questo caso, il dirigente comunale che non potrebbe assumere l'incarico di amministratore unico stando all'articolo 11 comma 8 del D. Lgs 175/2016 (il testo unico in materia di società di partecipazione pubblica) - potrebbero essere sconfessate soltanto dal 'falso rappresentato', il Comune dell'Aquila in questo caso. Non solo. La situazione di predicata incompatibilità - l'amministratore unico è dipendente dell'amministrazione politica controllante - comporta che la funzione possa essere assunta dal dirigente de Nardis ma non conservata in caso di contestazione che imporrebbe la decadenza dall'uno o dall'altra carica.
Insomma, la 'forzatura' sta nell'assunto che pur essendo illegittima la nomina di de Nardis - non a commissario, ma ad amministratore a tempo come è più corretto definirla - a contestarla dovrebbe essere il Comune dell'Aquila, o meglio il Consiglio comunale. Non accadrà, evidentemente. Anche perché, l'Ente è già - di fatto - solidarmente responsabile delle decisioni assunte dall'amministratore, essendo l'unico azionista della società per azioni, e dunque, pure innanzi ad interlocutori contrattuali, non ci sarebbero riflessi diretti o indiretti sull'amministrazione per la nomina illegittima.
Biondi l'ha detto chiaramente, la situazione ereditata è apparsa subito gravissima: "non essendo ancora in corso il bando per il reperimento dei nuovi organismi d'amministrazione delle aziende pubbliche, avrei potuto lasciare le cose così com'erano, inventarmi un amministratore unico esterno oppure individuare una soluzione mediana - come ho fatto - che rappresenta sicuramente una forzatura procedurale ma non comporta rischi o responsabilità dirette in capo all'Ente, così da operare in via transitoria con la ricognizione urgente e straordinaria affidata al dirigente de Nardis - che si occupava già del controllo sulle partecipate - per provare a raddrizzare la situazione del Centro turistico". D'altra parte, accettare la dimissioni poste responsabilmente sul tavolo da Fulvio Giuliani lasciando vacante la posizione e, di fatto, affidando la gestione ordinaria al presidente del Collegio dei Revisori dei Conti, "avrebbe ricondotto comunque ad una figura fiduciaria della passata amministrazione, pur riconoscendo il ruolo di terzietà svolto dal collegio, e ci mancherebbe altro: voglio avere piena contezza, però, di ciò che è accaduto in questi anni".
Comprensibile, senza dubbio; non si può sottacere, però, che il ritardo nella pubblicazione del bando per la nomina degli amministratori unici delle partecipate attiene alle diverse vedute politiche che si sono manifestate tra le forze di maggioranza. Insomma, la logica dello spoil system - che Biondi giustamente rivendica - in combinato disposto con le tensioni tra i partiti che siedono in Consiglio comunale, che pretendono poltrone e influenze con la vecchia logica spartitoria del 'manuale Cencelli', ha prodotto un ritardo che ha costretto il sindaco dell'Aquila alla forzatura procedurale che abbiamo spiegato. E non si può sottacere che, comunque, l'amministrazione attiva ha assunto una scelta avverso il pronunciamento del collegio sindacale del Ctgs che, riunito il 19 ottobre scorso, ha osservato come "nel silenzio della norma, si ritiene comunque che possa essere considerato legittimo un incarico conferito ad un soggetto, che sia dipendente di una pubblica amministrazione, esclusivamente nel caso in cui quest'ultimo sia posto fuori ruolo". In particolare, l'articolo 23-bis del D. Lgs. 165/2001 prevede "il collocamento in aspettativa quale modalità per la soluzione dell'incompatibilità con la posizione di dipendente della pubblica ammininistrazione". A dire che de Nardis avrebbe dovuto andare in aspettativa, prima di accettare l'incarico di amministratore, seppure a tema.
Oltre le norme, e le 'forzature' per aggirarle, la stessa presenza dell'avvocato in Commissione, stamane, era un evidente e plateale conflitto d'interessi: de Nardis è intervenuto da dirigente comunale con delega al controllo delle partecipate, come controllore dunque, o come amministratore del Ctgs, come controllato da se stesso?
Paradossalmente, la nomina è parsa l'ultimo dei problemi stamane, lo scrivevamo in apertura d'articolo. Infatti, la situazione del Centro turistico è delicatissima e, giusto dirlo subito, la partecipata sarebbe tecnicamente fallita se non si fosse transato a stralcio sul debito con Intesa San Paolo. Ci arriviamo.
Biondi ha ricostruito gli ultimi accadimenti: "All'indomani dell'insediamento, ho voluto un confronto franco con gli amministratori unici delle società partecipate: ho chiesto loro una relazione circa lo stato di salute delle aziende, individuando criticità e potenzialità. Da parte mia, c'è stata la massima collaborazione e disponibilità per traghettare le partecipate, nel miglior modo possibile, verso il rinnovo degli organismi, per il principio sacrosanto dello spoil system". Per ciò che attiene al Ctgs - ha proseguito il sindaco - "il 18 luglio ho partecipato all'assemblea dei soci per l'approvazione del bilancio, seguita ad una prima convocazione andata deserta al finire di giugno: mi è stata sottoposta una relazione del Collegio sindacale che prescriveva alcune operazioni da compiere per ricondurre nell'alveo dell'accettabilità il documento finanziario. Politicamente, avrei potuto bocciarlo: tuttavia, le conseguenze sarebbero state facilmente immaginabili, e non si poteva approvare un bilancio in perdita considerato che era già accaduto negli anni passati". Si sarebbero dovuti portare i libri in tribunale, in altre parole. "Dunque, l'assemblea è stata riconvocata per il 28 luglio, dieci giorni dopo: in quella assemblea, i revisori hanno riferito che le operazioni d'aggiustamento richieste erano state fatte e, così, abbiamo potuto approvare il bilancio".
Tuttavia, a fronte delle pesanti censure dei revisori, "di alcune notizie comunicatemi dal personale e, aggiungo, dall'amministratore unico, ho ravvisato evidenti criticità che invitavano ad una maggiore prudenza - altro che i toni entusiastici utilizzati dal sindaco uscente che aveva rivendicato di aver portato le aziende in attivo - errori gravi, ripetuti e sistematici, un certo 'andazzo consolidato' che mi ha convinto ad intervenire. Molto correttamente, Giuliani aveva rimesso le sue dimissioni: ho convenuto, dunque, di nominare il dirigente de Nardis".
Ma cosa avevano ravvisato i revisori, come mai il bilancio depositato dall'amministratore unico era stato così pesantemente giudicato, tanto da convincere il sindaco a rinviare l'assemblea? E come si è arrivati all'approvazione del 28 luglio scorso? A spiegarlo, il revisore legale Enrico Dell'Elce e il presidente del Collegio sindacale, Luca Verini.
Innanzitutto, e come avevamo già riportato su news-town, i fondi accreditati dal Comune dell'Aquila per la realizzazione degli interventi previsti nel business plan di Invitalia - 7 milioni e 125 mila euro - sono stati utilizzati in parte, e assai impropriamente (i revisori parlano di circa 450 mila euro, Giuliani ha spiegato che la somma è di molto inferiore) per la copertura delle spese correnti, per pagare gli stipendi dei lavoratori in particolare. Poi, il contratto di fornitura di energia elettrica è stato stipulato - più di un anno fa - con la società Aterno Gas & Power srl senza bando di gara, e senza aver invitato all'offerta 5 ditte diffrenti, come prevede il Codice degli Appalti. Tra l'altro, non è mai stato formalmente prorogato. E ancora: non esiste il computo esatto del km effettuati dalla Funivia che non è stata in funzione per un lungo periodo, e il Comune attende la restituzione di circa 60mila euro. Ancora: sono stati assunti 18 dipendenti per la gestione delle strutture ricettive, con un esborso di circa 150 mila euro "senza un idoneo piano di fabbisogno" che avrebbe dovuto autorizzare l'Ente alle assunzioni; inoltre, sono stati sborsati circa 160 mila euro per 16 consulenze esterne, con affidamento diretto e "senza preventiva procedura selettiva", in contrasto - tra l'altro - con gli indirizzi votati dal Consiglio comunale. Per non parlare delle cause legali intentate dai dipendenti, costretti, a loro dire, a svolgere mansioni differenti a quelle previste, "con un notevole aggravio delle spese legali a carico dell’azienda e pignoramenti sui conti della società partecipata".
Non bastasse, il Collegio sindacale ha rilevato "una gestione che attesta, purtroppo, la presenza di una certa improvvisazione"; per dire, manca la trascrizione delle determine nel libro delle delibere dell'amministratore unico, ci sarebbero prelievi bancomat sprovvisti di giustificativo. Persino il sistema d'accesso agli impianti di risalita di Campo Imperatore ha comportato un esborso di circa 100 mila euro essendo incompatibile con quelli di Ovindoli e Campo Felice, con gli appassionati che avevano sottoscritto l'abbonamento unico impossibilitati a fruirne. E si può aggiungere il mancato versamento dell'Iva da luglio, i furti al nolo sci per circa 40 mila euro, il furto di gasolio appena arrivato in quota.
Come ha sottolineato Biondi, "errori gravi, ripetuti e sistematici" che rendevano inattendibile il bilancio, non rispettoso dei principi nazionali ed internazionali. "Così come approvato inizialmente, il bilancio era irricevibile", l'affondo di Dell'Elce. "Per questo, in accordo col presidente Verini, abbiamo sollevato eccezioni piuttosto pesanti chiedendo all'amministratore unico di rivisitare completamente il documento. Abbiamo ravvisato profonde carenze, i dati di bilancio erano riportati in modo erroneo e non erano rispondenti alla realtà". Un esempio, tra gli altri: "nella prima versione, fatto 100 il capitale sociale considerate le perdite pregresse, dato 10 come utile provvisorio d'esercizio - e ci siamo accorti che era sbagliato persino l'arco di elaborazione temporale del dato - il totale del patrimonio netto si attestava a 90. Dopo aver verificato l'errata elaborazione del bilancio, dato il capitale sociale 100, attestato ad 8 l'utile provvisorio, il patrimonio netto era comunque pari a 90. Insomma, nelle due versioni il patrimonio netto era lo stesso, sebbene i dati inseriti fossero diversi".
Anche le sopravvenienze derivate dallo stralcio del mutuo con Intesa San Paolo - e sul punto torneremo - "sono state riportate in modo non corretto, creando problemi a cascata". In effetti, si è posto il problema di come appostare in bilancio il trasferimento straordinario del Comune dell'Aquila ai fini della transazione, pari ad 1 milione e 450 mila euro: "a mio avviso - ha ribadito Dall'Elce - l'importo dovrebbe essere considerato come debito della società nei confronti del Comune; se così non fosse, se il Consiglio dovesse considerare il trasferimento a fondo perduto, andrebbe ulteriormente a pesare sulla posizione debitoria del Ctgs, determinando una sopravvenienze, appunto, tassabile".
Tra l'altro, se è vero che lo stralcio del debito ha portato ad un risparmio di oltre 2 milioni e 689 mila euro - "è vero anche che, depurato il bilancio delle posizioni debitorie verso le banche, si denota un aumento del debito societario di circa 2 milioni di euro".
Tuttavia, la seconda versione del bilancio - riveduta e corretta, nonostante i numeri ballerini e le criticità sollevate, che non possono essersi risolte certo in 10 giorni - ha avuto il parere favorevole del collegio, che l'ha approvato dunque, sebbene abbia formulato alcune ulteriori prescrizioni. In particolare, la "rielaborazione/integrazione del business plan 2014/2018in funzione della realizzazione di investimenti che possano produrre effettiva capacità reddituale". E ancora, "la sollecita e puntuale cura di tutti i profili amministrativo/contabili atta a realizzare in tempi certi, e in ossequio a principi di legalità, entrate derivanti da contratti o da procedure di affidamento di gare/appalti per servizi/prestazioni a carico di privati". Infine, "azioni necessarie ad ottimizzare la gestione sotto l'aspetto economico/finanziario, organizzativo e amministrativo, tali da concretizzare fattivamente il perseguimento dell'oggetto sociale e garantire, quindi, il principio della continuità aziendale".
L'amministratore è stato diffidato, inoltre, a "utilizzare i fondi vincolati esclusivamente alla realizzazione degli investimenti programmati", a prevedere "l'apertura di un conto corrente sui cui far transitare esclusivamente i fondi Cipe" ed a "reintegrare immediatamente le somme". A firmare la diffida il dirigente Domenico de Nardis che, tuttavia, vestiti i panni di amministratore - e come tale ha agito, per esempio affidando un incarico tecnico straordinario a Carlo Bolino, in comando al Comune di Montereale per gestire la fase emergenziale - come primo atto, invece di reintegrare le somme immediatamente come aveva 'invitato' a fare da dirigente, le ha utilizzate per pagare gli stipenti ai lavoratori. Ennesimo paradosso della vicenda.
Come si sia potuto approvare il bilancio, è davvero difficile a dirsi; che la situazione ereditata da Biondi sia drammatica, inutile aggiungerlo. Della nomina di de Nardis, abbiamo scritto. Che altro dire della gestione Giuliani? La relazione dei revisori non ha bisogno di ulteriori commenti. Ma è tutta colpa dell'amministratore uscente, o stiamo parlando della vittima sacrificale di una vicenda che si trascina da anni per una mala gestio che ha attraversato i governi cittadini di destra e sinistra?
Giuliani doveva essere un 'traghettatore', niente di più; avrebbe dovuto condurre la partecipata al conferimento della gestione ai privati. Tuttavia, si è ritrovato tra le mani un Piano industriale propedeutico alla stesura del bando di privatizzazione, approvato dal Consiglio comunale nel marzo 2014, assolutamente irrealistico - prevedeva afflussi giornalieri di 15.000 persone in inverno e 10.000 in estate - e in molti avevano provato a dirlo, in particolare l'allora consigliere comunale di Appello per L'Aquila, Ettore Di Cesare; il debito sfiorava gli 8 milioni di euro, le casse erano vuote, non c'era liquidità, non era possibile accedere a fidi bancari, con l'aggravio di una conclamata eccedenza di personale, figlia di scelte politiche assunte dieci anni fa, ai tempi della Giunta di centrodestra guidata da Biagio Tempesta, e con un'offerta turistica limitata agli impianti di sci.
A domanda precisa, Giuliani ha ribadito di non aver avuto pressioni politiche su alcune scelte assunte - tra le altre, la distrazione di parte dei fondi Cipe per il pagamento degli stipendi, per non dire della decisione assunta dal Ctgs di gestire le attività ricettive in quota - ma è chiaro che ha seguito un preciso indirizzo politico che si è mostrato fallimentare. E ha provato a metterci una pezza. Sbagliando, evidentemente. Ma le responsabilità andrebbero cercate anche altrove.
D'altra parte, ha transato a stralcio - eccoci, ci siamo tornati - il debito di oltre 4 milioni con Intesa San Paolo, versando 1 milione e 444 mila euro, risparmiando così al Ctgs un passivo annuo di 380mila euro e generando la 'discussa' sopravvenienza di 2 milioni e 689 mila euro; ad oggi, la posizione debitoria verso le banche è pari a 0, sebbene i conti del Centro turistico, come detto, non tornano affatto e ci sono, almeno, 4 milioni e mezzo di debiti (si contano debiti verso i fornitori per 898 mila euro, verso i controllanti per 2 milioni e 489 mila euro e debiti tributari per 922 mila euro circa).
Se è vero che l'affidamento della fornitura di energia elettrica è avvenuto senza bando, è vero anche che i debiti verso Enel del Ctgs ammontavano a 300 mila euro, l'energia era fornita in fascia di garanzia a 47 cents a Kw ora e, ad un certo punto, è stata staccata.
E poi - ha ribadito stamane Giuliani - "i prelievi allo sportello col bancomat sono stati registrati tutti agli atti aziendali, e verificati al centesimo dal Revisore dei Conti che ne ha certificato il corretto utilizzo". E ancora, "i fondi destinati agli investimenti sono stati utilizzati in conto 'anticipo liquidità' per una somma di molto inferiore ai 450 mila euro imputati: per il resto, sono serviti come anticipo del 10% dei lavori alla ditta che sta restaurando l'ostello, per 150 mila euro circa, come reintegro di 50 mila euro per l'acquisto di una moto slitta deciso l'anno prima, per la realizzazione dello snow park, costato 17 mila euro". E comunque, ha assicurato, "sono stati reintegrati"; sul punto, non si è riuscita a fare chiarezza: l'amministratore uscente ha ribadito che mancherebbero soltanto 23 mila euro, reintegrati ma utilizzati, di nuovo, per le spese correnti con la nuova gestione; per il presidente del Collegio sindacale Verini, invece, sarebbero 220 mila gli euro ancora mancanti.
Ennesimo segnale di una gestione completamente fuori controllo, da anni, e che denuncia responsabilità diffuse: dell'amministrazione Tempesta, poi della Giunta Cialente; degli amministratori che si sono succeduti, fino a Giuliani, nient'affatto esente da responsabilità, come detto; dei revisori dei conti, che hanno approvato bilanci dubbi. Oltre la nomina forzata di de Nardis, dunque, la speranza è che la giunta Biondi possa davvero raddrizzare la rotta, e che venga scelto, come amministratore, un professionista di altissimo livello, esperto del settore. Che almeno la nomina al Ctgs, in altre parole, resti fuori dalla spartizione partitica.