Ed ora, cosa potrebbe accadere?
Sono in tanti a chiederselo, a seguito della decisione del Tar dell'Aquila che ha accolto il ricorso sottoscritto da Americo Di Benedetto, Maurizio Capri, Emanuela Di Giovambattista, Fabrizio D’Alessandro, Sergio Ianni, Gianni Padovani, Fabrizio Ciccarelli, Stefano Albano, Stefano Palumbo, Antonio Nardantonio, Paolo Romano e Massimo Scimia. Che cosa chiedevano? In sostanza, il riconteggio dei voti in 11 sezioni. Così era stata motivata la decisione di depositare il ricorso. "Le ragioni a fondamento del ricorso non rivestono una connotazione politica, né tantomeno la presentazione del ricorso ha la finalità di non riconoscere ed accettare la volontà degli elettori. Al contrario, è proprio in tale ottica che i firmatari hanno sottoposto all’esame dell’avvocato Verini i verbali di alcune sezioni elettorali, affinché questi potesse esprimere il proprio parere in merito alla esistenza di incongruenze ed imprecisioni che, se effettivamente sussistenti, potrebbero restituire una espressione della volontà degli elettori differente rispetto a quella consacrata nel verbale di proclamazione degli eletti". Riscontrata, da parte dell’avvocato Verini, la presenza delle predette incongruenze e imprecisioni si è quindi ritenuto di domandare al competente Tar, limitatamente ad alcune e limitate sezioni elettorali, il riesame del voto espresso dagli elettori.
In pochi si aspettavano che il Tar accogliesse la richiesta per tutti i seggi segnalati; invece, è andata proprio così. Alla verifica provvederà il Prefetto di l’Aquila, o un suo delegato, in contraddittorio con le parti costituite, alle quali dovranno essere comunicati, con 5 giorni di preavviso, giorno, ora e luogo della verificazione stessa; il verificatore dovrà depositare la relazione conclusiva entro il termine del 20 Gennaio 2018.
L'udienza di discussione del merito è stata fissa alla data del 7 marzo 2018.
Qual è il senso del ricorso? Se dal riconteggio delle schede venissero attribuiti, ad una qualunque delle nove liste che sostenevano Americo Di Benedetto, 41 voti in più – numero bassissimo se si pensa che soltanto le schede nulle sono quasi mille - la coalizione civico progressista supererebbe la soglia del 50% + 1 di voti validi e, dunque, potrebbe scattare l'effetto così detto dell'anatra zoppa, ovvero quella situazione particolare per cui un sindaco eletto - Pierluigi Biondi, in questo caso - si trova a convivere con un consiglio comunale la cui maggioranza è rappresentata da liste che avevano sostenuto un diverso candidato.
Il condizionale è d'obbligo, ovviamente. Innanzitutto, non è affatto detto che dal riconteggio vengano fuori i 41 voti necessari al centrosinistra; inoltre, potrebbero essere ammessi anche voti non conteggiati in favore del centrodestra. E poi, stando ad altre interpretazioni dei risultati, non sarebbe affatto pacifico che i voti necessari a far scattare l’anatra zoppa siano 41. Ne servirebbero, dicono altre fonti, almeno il doppio, ossia 82. Questo perché, a meno che non siano stati annullati solo i voti alle liste, il recupero di un voto annullato comporta anche l’aumento del denominatore dei voti validi ai candidati sindaci. Inoltre le cose potrebbero complicarsi ulteriormente se, tra la schede annullate, ci fossero anche voti validi a favore delle liste di centrodestra o di altre coalizioni.
A conti fatti, se la coalizione civico progressista non dovesse superare la soglia del 50% + 1 dei voti validi, la situazione in Consiglio comunale resterebbe evidentemente immutata. E se accadesse il contrario, invece?
Dovesse accadere il contrario, non è detto - comunque - che scatterebbe automaticamente l'anatra zoppa; di nuovo, saranno i giudici a dare una risposta, esprimendosi sulla vicenda di Avezzano.
Come abbiamo ampiamente spiegato nei mesi scorsi, l'interpretazione del comma 10 dell'articolo 73 del Testo unico degli Enti locali non è affatto scontata: a San Benedetto del Tronto, per esempio, i giudici hanno considerato preminente il principio di governabilità, rigettando il ricorso che era stato presentato dal centrosinistra avverso la decisione dell'ufficio elettorale d'assegnare il premio di maggioranza al sindaco Pasqualino Piunti, vittorioso al ballottaggio nonostante al primo turno le liste collegate allo sfidante di centrosinistra Paolo Perazzoli avessero ottenuto il 50,88% dei voti. Nel 2015, però, il Consiglio di Stato si è pronunciato sull’elezione al ballottaggio del sindaco di Potenza perché non si era proceduto all'assegnazione del premio di maggioranza alle liste collegate col candidato sindaco risultato eletto, essendosi, invece, proceduto alla proclamazione alla carica di consigliere comunale di candidati in liste non collegate al Sindaco eletto. La sentenza, molto lunga, dice in sostanza che il principio di governabilità, garantito dal premio di maggioranza, non deve essere prevaricante su quello di rappresentatività.
Ecco perché è importante il pronunciamento dei Giudici sul caso di Avezzano; in Marsica, il centrosinistra a sostegno di Gianni Di Pangrazio, al primo turno, ha effettivamente superato la soglia del 50% + 1 delle preferenze, sebbene al ballottaggio abbia vinto il candidato di centrodestra, Gabriele De Angelis. L'ufficio centrale elettorale - con lettura di preminenza del principio di governabilità su quello di rappresentatività - ha comunque accordato la maggioranza dei seggi del Consiglio comunale al centrodestra. A seguito del ricorso del centrosinistra, però, il Tar d'Abruzzo ha ribaltato il pronunciamento, assegnando 13 seggi all'attuale opposizione e 9 al centrodestra; pochi giorni dopo, il Consiglio di Stato ha disposto il decreto di sospensione degli effetti del provvedimento: la decisione è stata assunta in considerazione "di un grave ed irrimediabile pregiudizio per gli appellanti e più in generale per il funzionamento del consiglio comunale di Avezzano, nel quale il sindaco eletto non disporrebbe più della maggioranza". Il decreto ha sospeso l'esecutività della sentenza - impugnata immediatamente dal centrodestra - fino all'udienza di merito, fissata per l'8 febbraio 2018: quel giorno, il Consiglio di Stato deciderà in via definitiva. A meno che non venga accolta l'istanza presentata dal centrosinistra per chiedere l'anticipazione dell'udienza: "l'obiettivo - ha spiegato Di Pangrazio - è garantire la regolarità dell'azione amministrativa del Comune, messa a rischio dall'illegittima composizione del Consiglio comunale che oggi opera con il concreto pericolo che le deliberazioni da esso approvate medio tempore possano essere in seguito contestate da chiunque dinanzi all’organo giurisdizionale di competenza, con possibili conseguenze non 'indolori' sotto diversi aspetti".
Sta di fatto che, prima o dopo, il pronunciamento del Consiglio di Stato dirà una parola di verità anche su L'Aquila, e non è un caso che il Tar d'Abruzzo abbia fissato l'udienza di discussione di merito sulla vicenda del capoluogo al 7 marzo 2018.
Dovesse risultare che la coalizione civico progressista ha effettivamente superato la soglia del 50% + 1 dei voti validi, la sentenza sull'elezione di Avezzano dirà se scatterà effettivamente l'anatra zoppa oppure no. E cosa accadrebbe se, in effetti, il riconteggio fosse favorevole al centrosinistra e il Consiglio di Stato dovesse pronunciarsi favorevolmente sul ricorso presentato dalle forze politiche marsicane a sostegno di Di Pangrazio? Accadrebbe che Pierluigi Biondi si ritroverebbe senza maggioranza in Consiglio comunale; dunque, a meno di non riuscire a trovare consiglieri disponibili a sostenerlo pur essendo eletti col centrosinistra, non potrebbe far altro che dimettersi. A quel punto, la città tornerebbe alle urne.