Lunedì, 18 Dicembre 2017 15:14

Rientro spoglie Savoia, Brigata Maiella: "Abruzzo non dimentica"

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"Nel momento più difficile della Seconda Guerra mondiale 'l'ingloriosa fuga' di tutta la famiglia reale, del maresciallo Badoglio e dei vertici militari attraverso la via Tiburtina-Valeria, fu consumata proprio dai porti della nostra regione, ovvero dagli scali marittimi di Pescara e di Ortona, che furono usati come terminali più comodi e sicuri per raggiungere il Sud già liberato dagli Alleati".

Lo scrive la Fondazione Brigata Maiella - erede dell'omonima formazione partigiana, unica decorata con la medaglia d'oro tra tutte le formazioni della storia della Resistenza italiana - a proposito del contestato rientro delle spoglie di re Vittorio Emanuele III con quelle della regina Elena nel santuario di Vicoforte, in provincia di Cuneo.

La nota completa della Fondazione

Nei giorni in cui si assiste al rientro in Italia dei feretri della dinastia dei Savoia, la Fondazione Brigata Maiella richiama l’attenzione sulle indelebili responsabilità dell’allora Casa regnante nelle violazioni costituzionali operate da Mussolini e nelle nefaste imprese di guerra del fascismo.

L’esitazione di Vittorio Emanuele III nel decidere il colpo di forza contro Mussolini e la sottoscrizione delle leggi che scardinarono le garanzie costituzionali previste dallo Statuto Albertino, trasformando lo Stato liberale in un Regime dittatoriale a partito unico in cui dominavano la violenza, la repressione e il controllo, furono aggravate dall’avallo dato alle leggi razziali e alle guerre del fascismo – risoltesi in una serie di durissimi insuccessi militari – che videro gli Italiani morire su tanti fronti all’estero e in casa al solo scopo di realizzare la vana aspirazione bellicistica del Duce.

Nel momento più difficile della Seconda Guerra mondiale poi, l’«ingloriosa fuga» di tutta la famiglia reale, del maresciallo Badoglio e dei vertici militari attraverso la via Tiburtina-Valeria, fu consumata proprio dai porti della nostra regione, ovvero dagli scali marittimi di Pescara e di Ortona, che furono usati come terminali più comodi e sicuri per raggiungere il Sud già liberato dagli Alleati.

Mentre i regnanti fuggivano, cercando di mettere in salvo loro stessi e l’ormai screditato istituto monarchico, i tedeschi procedevano all’occupazione sistematica di tutta la parte centro-settentrionale del Paese, e le truppe italiane, all’interno e all’estero, venivano colpevolmente abbandonate a sé stesse con ordini vaghi e contraddittori che causarono lo sbandamento dell’8 settembre e produssero conseguenze tragiche per l’Italia che divenne un campo di battaglia per eserciti stranieri, per di più restando divisa in due entità statuali contrapposte.

Per queste ragioni, dal nostro Abruzzo la Brigata “Maiella” assunse fin dalle origini una netta posizione repubblicana, nel suo impegno nella lotta di Liberazione e per la riconquista anche dell’unità della Patria. Nonostante le molte pressioni ricevute, Ettore Troilo, fondatore e Comandante della formazione, rendendosi interprete dei sentimenti della stragrande maggioranza dei suoi uomini, affermò sempre tenacemente il carattere essenzialmente repubblicano della “Maiella” che combatteva perché una nuova Italia sorgesse dalle passate rovine, libera da ogni contatto e da ogni vincolo con le tragedie in cui tanta parte aveva avuto la Corona.

Le responsabilità indelebili della dinastia sabauda non vanno quindi dimenticate. A maggior ragione dall’Abruzzo.

“I patrioti della “Maiella” combatterono senza le stellette dell’Esercito sabaudo, nella loro piena indipendenza ideale, resistendo con fermezza alle pressioni di organi legati ideologicamente alla Monarchia – sottolinea il Presidente della Fondazione Brigata Maiella, Nicola Mattoscio. L’intransigenza istituzionale è stata una scelta politica fondamentale della nostra Resistenza che si basa sulla critica sicuramente fondata alla continuità della casta militare della guerra fascista e alle indelebili responsabilità di casa Savoia nell’affermazione del fascismo e nel protrarsi delle sue micidiali guerre. Al di là di un apparente atteggiamento di buonismo verso il rientro dei feretri di Vittorio Emanuele III e di Elena di Savoia, quindi, è importante non avallare tentativi di strumentalizzazione forieri di una rivisitazione storica per noi inaccettabile in quanto assolutamente contrari al senso profondo di tutta l’epopea partigiana che ha visto protagonisti gli Abruzzesi”.

Anche Carlo Troilo, ultimo figlio vivente di Ettore Troilo, esprime critiche sul significato che potrebbe assumere il rientro in Italia della salma del “re fellone”.

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