Giovedì, 01 Marzo 2018 15:28

Elezioni, Pezzopane: "Sì a un governo programmatico guidato da Gentiloni"

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Revisione del Jobs Act, estensione del fondi del 4% anche al nuovo cratere (quello dei terremoti 2016/2017), sveltimento della ricostruzione pubblica mediante l’applicazione della norma sulle gare veloci già approvata per l’edilizia scolastica.

Sono i provvedimenti che la senatrice Stefania Pezzopane, candidata alla Camera nel listino proporzionale nel collegio L’Aquila-Teramo, considera prioritari una volta iniziata la nuova legislatura.

“Se sarò eletta” dice la Pezzopane a NewsTown “mi impegnerò perché si riveda Jobs Act, in particolare la parte relativa agli ammortizzatori sociali. Si tratta di uno strumento ancora molto importante e il taglio drastico che hanno subito non trova ragioni. Ora che l’economia è tornata a crescere, i lavoratori che godono degli ammortizzatori sociali possono rientrare nel ciclo produttivo. Senza, li si manda casa e per loro è la fine”.

In merito alle misure sulla ricostruzione, la senatrice dem dice di voler presentare un testo di legge “per superare l’impasse sulla ricostruzione pubblica, applicando la norma sulle gare veloci approvata per le scuole. E’ necessario, poi, rafforzare gli uffici dei geni civili ed estendere anche al cratere dei terremoti 2016 e 2017  la misura dei fondi 4%, quelli destinati alle attività produttive, turistiche e culturali, puntando su progetti incentrati sull’innovazione e la ricerca che riguardino le province dell’Aquila e di Teramo”.

Anche per questo, la Pezzopane fa un appello a un voto “responsabile”, alla scelta non solo di un simbolo ma di rappresentanti che conoscono il territorio e a non regalare voti a chi “se ne andrà e non tornerà più”.

“Mi sto adoperando” spiega la senatrice “perché il Pd superi il 20% soprattutto in questo territorio in cui abbiamo raggiunto traguardi e risultati importanti. Mi auguro che riusciremo a superare quella soglia e a portare il Pd a essere primo partito. Siamo consapevoli che è un obiettivo difficile, perché il paese è tormentato, è molto diffuso il sentimento dell'antipolitica che alimenta il voto di protesta e noi abbiamo subito una scissione devastante”.

Renzi ha detto che anche in caso di un Pd al di sotto del 20% non si dimetterà ma l’impressione è che abbia voluto spersonalizzare la campagna elettorale per non trasformare il voto in un pleibiscito sulla sua persona, come fece con il referendum costituzionale del dicembre 2016. L’ex presidente del Consiglio è malvisto da gran parte dell’elettorato e sembra essere stato già parzialmente scaricato dall’establishment del suo partito, nelle cui fila, nei giorni scorsi, sono fioccate dichiarazioni in favore di Paolo Gentiloni. Anche la Pezzopane non nasconde che un’opzione di un Gentiloni bis non le dispiacerebbe: “La questione Renzi si vedrà dopo il 4 marzo, bene ha fatto comunque il segretario a non personalizzare la campagna elettorale, a fare la sua campagna nel suo collegio e a consentire a tutti di lavorare corpo a corpo e casa per casa con le persone. Il discorso di Renzi superato? Gentiloni sta risultando agli occhi dell’opinione pubblica, delle categorie produttive e dei sindacati come un punto di riferimento, si sta rivelando persona di grande qualità e prestigio. Per tutti noi risulterebbe positivo un risultato che vede il Pd primo partito e l’opportunità di ridare a Gentiloni l’incarico di presidente di un nuovo governo programmatico”.

La senatrice dem non risparmia critiche, anche severe, nei confronti degli scissionisti di LeU che hanno indebolito il Pd, anche se gli errori e i torti non stanno tutti da una parte: “La litigiosità interna del centrosinistra rischia di precluderci la possibilità di continuare un percorso virtuoso. Forse ci voleva un po’ accoglienza e tolleranza in più per evitare la scissione. Però quest’ultima è la prosecuzione di quella dialettica poco chiara che è sempre esistita nel centrosinistra. Gli artefici della scissione sono sempre i soliti, a iniziare da D’Alema che trama da decenni, fin dai tempi  della caduta del primo governo Prodi”.

I principali indicatori economici dicono che l’Italia è tornata a crescere e che la fase peggiore della crisi è passata. Con queste cifre e con i risultati, oggettivi, raggiunti nel campo di diritti civili, il Pd e il centrosinistra dovrebbero avere il vento in poppa e la strada per la vittoria spinata invece è il contrario. Come si spiega questa contraddizione?

“L’evento spartiacque” osserva la Pezzopane “è stato il cortocircuito creatosi con il referendum. Lì tante forze si sono coalizzate per abbattere non solo la riforma costituzionale ma lo stesso Renzi. Lui rimane una persona di grande qualità e inventiva, e anche di grande coraggio, ma probabilmente ha sottovalutato che nel popolo della sinistra alcune riforme, ad esempio il Jobs Act, sono risultate impopolari, percepite come orientate più verso una logica di sviluppo che non di confronto sociale e di aderenza ai principi della sinistra. Quelle riforme andavano ragionate e meditate meglio. Anche se, ad esempio qui in Abruzzo, nessun lavoratore è stato licenziato grazie al Jobs Act. I lavoratori vengono licenziati per ben altro, ad esempio per le delocalizzazioni, per l’incapacità dei manager che spesso non sanno gestire le aziende, prendono i soldi e scappano”.

Negli ultimi giorni, alcuni esponenti di peso del Partito democratico, a iniziare dal suo primo segretario, Walter Veltroni, hanno sbarrato la strada a ogni ipotesi di larghe intese o di accordi con Forza Italia, nel caso dalle urne non dovesse uscire, come probabile, una maggioranza chiara. La cosa migliore sarebbe eleggere un governo per il solo tempo necessario ad approvare una nuova legge elettorale con un premio d maggioranza che assicuri la governabilità e poi tornare subito al voto.

Secondo la Pezzopane, si tratta di un’ipotesi poco realistica, principalmente perché fare le leggi elettorali è molto faticoso, come dimostra l’iter che ha portato all’approvazione del Rosatellum. Che è sì, dice la senatrice, una legge frutto di una mediazione ma che è stata pur sempre votata dall’80%  del parlamento: “Io credo che l’unica cosa che si potrebbe fare in caso di palude è un governo programmatico con un presidente solido come Gentiloni. Però vediamo perché se il Pd prende tanti voti magari potrà esserci anche una ricomposizione della sinistra e a un contemporaneo sfaldamento di FI e 5S. Potrebbe esserci anche un rimescolamento, a quel punto”.

Ultima modifica il Giovedì, 01 Marzo 2018 16:05

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