Giovedì, 01 Marzo 2018 23:10

D'Alfonso, "ambisco a km 0 tra governo e Abruzzo". E lancia Legnini in Regione

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“Regione Abruzzo avrà una vita rafforzata: oltre ai banconi della Regione, per quanto riguarda le opportunità da liberare dell’economia e della società, avremo anche i poteri e i banconi del governo centrale”.

Luciano D’Alfonso, giunto a L’Aquila per la chiusura della campagna elettorale del Partito Democratico, rilancia il suo messaggio elettorale, l’Abruzzo al governo, e ribadisce d’ambire a “determinare un chilometro zero tra i poteri del governo centrale e le aspettative di Regione Abruzzo: lavorerò affinché, dopo 25 anni, si parli il linguaggio dell’Abruzzo al governo”. Il governatore, candidato al Senato come capolista del collegio unico proporzionale, guarda a Remo Gaspari che, giusto 25 anni fa lasciava Palazzo Chigi, dimenticando Ottaviano del Turco, ministro della Repubblica dal 25 aprile 2000 all’11 giugno 2001: “è durata poco quella fase, non ha avuto l’intensità di durata che sarebbe servita all’Abruzzo; io penso ad un incarico durevole che possa esplicitare l’intensità di un impegno governativo”.

In quale Governo, e con quale presidente del Consiglio? “In questa grande officina nazionale, mi vedo a fare ciò che serve per questa Regione: voglio far nascere, per esempio, una norma che incentivi la trasformazione del lavoro da tempo determinato a tempo indeterminato mettendoci incentivo fiscale e incentivo da produzione industriale, come era negli anni lontani passati quando i cfl si trasformavano”, sottolinea D’Alfonso. “Con chi voglio fare esperienza governo? Con chi di più coltiva l’agenda delle priorità ed è capace, sfrontatamente, di raggiungere risultati. Ho avuto un ottimo rapporto con Matteo Renzi presidente del Consiglio dei Ministri e con Paolo Gentiloni che, ad ogni richiesta, mi ha detto di sì”. E Antonio Tajani, lanciato in serata da Silvio Berlusconi come primo ministro di un futuro esecutivo di centrodestra? “Tajani mi piace poiché ha confidenza con l’Europa: siccome voglio costruire le macro-Regioni, però, sono convinto farebbe bene ad aiutare l’Abruzzo, e l’Italia, dall’Europa”.

Sulla tenuta di un Governo che potrebbe nascere in assenza di una stabile maggioranza parlamentare, D’Alfonso si dice convinto che l’esecutivo durerà “quanto sarà grande la consapevolezza dei problemi che vive l’Italia; i governi durano la quantità e la qualità della conoscenza dei problemi”.

Dovesse essere eletto in Senato, e non ci sono dubbi in merito, il governatore dovrà lasciare Palazzo Silone; tuttavia, nei giorni scorsi si è mostrato sicuro che la legislatura andrà a scadenza naturale: “Dovrete sopportarmi fino al 15 dicembre”, le sue parole. Ma come potrebbero allungarsi i tempi fino ad allora? “Questa è materia della tecnica parlamentare: ho fatto delle letture, non mi sembra che ci sia alcun tipo di automatismo; il dies a quo parte dalla convalida degli eletti, poi c’è una procedura che va rispettata e, in questo senso, ci sono precedenti molto a favore di un’idea di tranquillo lavoro che possa caratterizzare Regione Abruzzo”. Le opposizioni di centrodestra, però, l’hanno inviata a dimettersi, all’indomani delle elezioni politiche: “Le opposizioni hanno dato prova, quando hanno governato loro, che sono stati dei reinviatori per 66 mesi; ho visto un governo di 66 mesi le cui tracce in termini di risultati sto ancora ricercando. Per quanto riguarda il loro suggerimento, ne tengo conto come quello di chi sta in tribuna a dare segnalazioni d’esistenza in vita”.

Che Abruzzo lascerà Luciano D’Alfonso? “Lascio un Abruzzo che presenta più 2miliardi e 750milioni di euro in risorse derivanti dal potere governativo centrale a Regione Abruzzo; più 53mila occasioni di lavoro dei quali almeno la metà a tempo indeterminato; abbiamo 27miliardi di euro come pil, 129mila imprese attive, qualcosa come 25miliardi di raccolta bancaria, 2mila invenzioni e brevetti annuali, 8mila dottori di ricerca tra imprese private e pubbliche”. A chi affidare l'eredità dei quattro anni di governo regionale? “Al migliore che farà sintesi, a chi sarà capace di prefigurare una realtà ancora più efficace e funzionante, sapendo che, stavolta, avrà da Roma una grande alleanza e una grande sponda. In queste ore, è stato pubblicato il provvedimento riguardante la zona economica speciale per 1300 ettari di territorio che spingerà molto avanti l’economia abruzzese. In queste ore, stiamo incassando da Cipe risorse straordinarie per una grande cura del ferro, l’elettrificazione della Sulmona-L’Aquila-Rieti, attesa da vent’anni, il raddoppio ferroviario Pescara-Chieti; abbiamo completato la fondovalle Sangro sul piano della copertura contrattuale, abbiamo messo mano al potenziamento dei porti abruzzesi, mai tutto questo si era concepito in così breve tempo con coperture finanziarie e amministrative. Adesso gli Enti locali debbono partire con gli appalti: 2miliardi 750milioni di euro che debbono essere appaltati poiché ogni centomila euro di opere pubbliche porta con sé 1.5 posti di lavoro annui”.

D’altra parte, non sembra affatto casuale che D’Alfonso abbia indicato la data del 15 dicembre come termine della sua esperienza di governo; si arrivasse a fine anno, infatti, Giovanni Legnini potrebbe essere in campo a conclusione dell’incarico come vicepresidente del Csm. E D’Alfonso non si nasconde: “Ho un grande giudizio della sua esperienza istituzionale e costituzionale; Giovanni ha anche un altro requisito: non ha neppure un nemico, in politica vale anche questo, l’assenza di inimicizie. E poi, ha già governato: in Germania non si può fare il parlamentare se non si è fatto l’amministratore locale, per statuto quasi morale dei partiti. Aggiungerei che non si può governare una Regione se non si è fatto qualcosa di molto importante a livello nazionale. Giovanni ha queste caratteristiche: poi, deciderà lui e la comunità del centrosinistra abruzzese, e penso che sarà una comunità molto ampia”.

Se Legnini dovesse declinare l’invito alla discesa in campo, il nome giusto potrebbe essere quello di Giovanni Lolli, vice presidente della Giunta e, in queste settimane, governatore in pectore. Lolli la rotta l’ha già tracciata: “allargare il centrosinistra non soltanto si può, ma si deve; una parte della mia vita si svolge a Roma, ho presente il clima che si respira nel Lazio intorno alla candidatura di Nicola Zingaretti e ad un modello che, secondo me, potrebbe avere esiti molto positivi”. Il vice presidente lo dice chiaramente: “Credo che la separazione a sinistra sia stata sciagurata, e la maggiore responsabilità sta in carico a chi se ne è andato, ed ha sbagliato: ma riunire il centrosinistra è fondamentale. D’altra parte, in Italia governiamo con quello schieramento”.

Un modello, quello di un centrosinistra allargato, ulivista si direbbe, che Lolli potrebbe incarnare benissimo: “Non lo so”, si schernisce; “si vedrà. Penso che il centrosinistra abbia varie possibilità che potrebbero permettergli di vincere le elezioni regionali. Lo schieramento che si dovrà ricomporre in Abruzzo, però, è appunto di centrosinistra, con Pd, Liberi e Uguali e il civismo che si è manifestato in questi anni e che deve essere recuperato. Negli anni, il centrosinistra ha vinto soltanto così. Aggiungo: è necessario che sia così perché molte delle idee - non tutte - che si sviluppano fuori dal Pd sono utili e positive”. Lolli rivendica che molte delle cose fatte in questi anni “sono positive e importanti, comprese quelle che ha fatto Renzi da segretario di partito e, soprattutto, da primo ministro”; riconosce, però, come non siano sufficienti: “bisogna fare di più e meglio. Per le funzioni che svolgo in Regione, sto a contatto quotidiano con le persone maggiormente in difficoltà: ebbene il malessere, la disperazione è forte e non siamo stati in grado, in questi anni, d’interpretarla e di raccoglierla. Dobbiamo ripartire da lì”.

Ultima modifica il Venerdì, 02 Marzo 2018 17:20

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