Lunedì, 05 Marzo 2018 22:45

Non ci sono i numeri per un governo: cosa può succedere? I prossimi passi

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I numeri per un governo non ci sono. Al momento, almeno.

Stando alle proiezioni, alla Camera dei Deputati il Movimento 5 Stelle avrebbe 235 parlamentari; la maggioranza sarebbe lontana 81 deputati. Il centrodestra unito arriverebbe a 252, a 64 dalla soglia di governabilità di Montecitorio fissata a 316: la Lega di Salvini avrebbe 119 seggi, Forza Italia 102 e Fratelli d’Italia 28. Il Partito Democratico dovrebbe fermarsi a 107, 115 con le altre forze di coalizione. Leu dovrebbe avere 15 deputati. Al Senato, invece, il centrodestra non sarebbe lontanissimo dalla maggioranza di 158 seggi: potrebbe arrivare a 134, 59 della Lega, 49 di Forza Italia e 22 di Fratelli d’Italia. Ne mancherebbero comunque 24. Il Movimento 5 Stelle dovrebbe attestarsi a 114 senatori, il Pd a 45 (51 con le forze di coalizione) e LeU a 9.

Stante le cose, quali saranno i prossimi passi?

Innanzitutto, vanno sbrigate le formalità burocratiche: tra l’8 e il 9 marzo, indicativamente, i nuovi eletti inizieranno a registrarsi in Parlamento. La prima seduta è fissata tra 17 giorni, il 23 marzo: quel giorno, verranno eletti i presidenti di Camera e Senato e cominceremo a capire se, nel frattempo, si saranno stretti accordi che potrebbero preludere ad una intesa di governo. Servirà una maggioranza assoluta, infatti. Due giorni dopo, i parlamentari dovranno comunicare tassativamente il gruppo d’appartenenza, se non l’avessero già fatto.

A fine mese, il presidente della Repubblica avvierà le consultazioni: parlerà con i rappresentanti dei gruppi parlamentari e poi, sulla base delle indicazioni, deciderà a chi affidare la guida del Governo. Mattarella potrebbe decidere di conferire un incarico esplorativo o pieno: consuetudine vuole che il Capo dello Stato si affidi a chi ritenga in grado di avere la fiducia della maggioranza assoluta del Parlamento, non a chi rappresenta il partito o la coalizione che ha preso più voti.

Luigi Di Maio e Matteo Salvini, però, hanno già iniziato il pressing sul Colle, chissà quanto convinto. "Siamo i vincitori assoluti di queste elezioni - ha detto il leader politico dei 5 Stelle - Un grande grazie ai circa 11milioni di italiani che ci hanno dato la loro fiducia. Ci sono intere regioni dove più d’un cittadino su e due ci ha votato, in alcune aree abbiamo raggiunto il 75%. Siamo una forza politica che rappresenta l'intera nazione, questo ci proietta automaticamente verso il governo dell'Italia. Oggi le coalizioni non hanno i numeri per governare e per questo ci prendiamo la responsabilità davanti ai cittadini italiani ed europei.", ha ribadito il candidato premier M5s. Che ha aggiunto: "Siamo aperti al confronto con tutte le forze politiche a partire dalle figure di garanzia a capo delle Camere ma soprattutto per i temi che dovranno riguardare il programma di lavori. Siamo fiduciosi che il presidente della Repubblica saprà guidare questa fase con autorevolezza e sensibilità come ha sempre fatto. Oggi per noi inizia la terza repubblica che sarà quella dei cittadini italiani". E al Nazareno, ancor prima dell'atteso discorso del segretario Renzi, c'è chi ha provato a cogliere al volo l’apertura al confronto “con tutte le forze politiche" offerta da Di Maio. Fonti qualificate della minoranza Pd avevano fatto filtrare come, oltre a ritenere "doveroso" che Renzi lasciasse alla luce del "disastroso" risultato elettorale, non fosse escluso un possibile appoggio esterno a un eventuale governo M5s. Ed invece, il segretario ha ribaltato il tavolo non ancora apparecchiato: ha annunciato le dimissioni, è vero, ma ha tenuto le mazze per sé; il Congresso si terrà a Governo formato, "avevamo detto ‘no’ ad un esecutivo con gli estremisti e non abbiamo cambiato idea", lo schiaffo ai pentastellati. "Saremo all'opposizione" ha ribadito Renzi; "il Pd non sarà mai il partito stampella di un governo di forze anti-sistema. Con Di Maio e Salvini ci dividono tre elementi chiave: il loro anti-europeismo, la loro anti-politica e l'odio verbale che hanno avuto contro i militanti democratici".

Più chiaro di così: è evidente che avendo definito personalmente le candidature, ed avendo piazzato uomini e donne di fiducia nei seggi blindati, è difficile che M5S o Lega possano trovare una sponda nei dem, a meno di fare affidamento su qualche transfugo. Ma non basterebbe. D'altra parte, è difficile ipotizzare una ulteriore scissione in seno ai dem, prima del Congresso almeno.

Da parte sua, Matteo Salvini ha tenuto a chiarire che "il governo tocca al centrodestra: la Lega ha vinto all’interno della coalizione e rimarrà alla guida della coalizione; un endorsement alla sua leadership è arrivato sia da Renato Brunetta ("chi ha più seggi all'interno del centrodestra avrà legittimamente la possibilità di andare a Palazzo Chigi: Mattarella sa benissimo quali sono le regole del gioco") che da Giorgia Meloni: "Non avrebbe alcun senso che il presidente della Repubblica desse l'incarico a Luigi Di Maio quando tutti e tre i partiti confermano l'incarico a Salvini". A sugellare l’investitura, l’incontro pomeridiano con Silvio Berlusconi ad Arcore. "C'è una coalizione che ha vinto e che può governare", ha ribadito Salvini in serata. Escludendo "governi tecnici, di scopo, a tempo, istituzionali: non partecipiamo a governi minestrone. Sarà mio dovere ascoltare, capire e valutare altre posizioni, però la squadra è quella con cui abbiamo giocato la partita, non mi piace cambiare squadra a partita in corso".

Dichiarazioni di circostanza, evidentemente: cosa accadrà di qui alla fine del mese è difficile a dirsi, considerato che non abbiamo ancora un Parlamento definito. Sta di fatto che una maggioranza andrà trovata. Esclusa la possibilità di un governo M5S-Pd, sebbene i numeri ci sarebbero, esclusa – per il momento - un’alleanza tra le forze politiche più anti-sistema, M5s e Lega appunto, i veri vincitori della tornata elettorale che avrebbero i numeri per la maggioranza assoluta, si torna a parlare di governo di unità nazionale, di un governo di scopo con tutte le forze politiche sedute a Palazzo Chigi, magari attorno ad Antonio Tajani o a Paolo Gentiloni, si dovesse perseguire la via di un esecutivo a tempo, di responsabilità, per approvare la legge di bilancio e definire un nuovo sistema elettorale. Ma siamo sicuri che sarebbe una strada davvero percorribile? Resta plausibile, seppure difficoltosa, la possibilità di un governo di minoranza del centrodestra con un sostegno esterno, su punti programmatici, delle forze di centrosinistra.

Inizieremo a capirne qualcosa di più nei prossimi giorni; a fine mese, le prime risposte.

Ultima modifica il Martedì, 06 Marzo 2018 17:38

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