Dopo Michele Fina, stretto collaboratore del ministro della Giustizia Andrea Orlando e sostenitore della sua mozione congressuale, che ha parlato di "inderogabili dimissioni del segretario regionale Marco Rapino", anche il presidente dell'assemblea provinciale del Pd L'Aquila, Pietro Di Stefano, ha ribadito la necessità di "chiedere conto delle scelte" che hanno portato alla disfatta dei dem in Abruzzo.
"Avevo denunciato per tempo, con parole che oggi sono divenute drammatica realtà, che merito e metodo non andavano, che la composizione delle liste era un errore madornale, che non si stava facendo il bene dell'Abruzzo", ha sottolineato Di Stefano; "lo abbiamo fatto col massimo della responsabilità ma oggi, con questo risultato disastroso, non è possibile tacere ma è necessario chiedere conto delle scelte che hanno portato a questo stato di cose. E il brutto risultato dell'Abruzzo è lo specchio peggiore del risultato nazionale con il partito sotto il 19%. Ora non c'è tempo da perdere e a coloro che invece di fare i dirigenti di partito, si sono rivelati servitori ossequiosi di un potere centrale teso a cancellare le diversità di idee e di visoni, noi a questi, oggi diciamo: giù le mani dal PD".
Di Stefano è convinto che il partito vada ricostruito "al riparo da padrini e padroni; un grande partito appartiene alla sua gente non alle carriere politiche. Con l'auspicata uscita di scena di Renzi, anche i renzini devono deporre le redini a vantaggio di una forza dove il leader esalti la pluralità del pensiero e metta ascolto alla difficoltà degli italiani. E questa storia delle dimissioni al rallentatore meritano una sola risposta: dobbiamo essere pronti a occupare le sedi del PD".