Com'era prevedibile, il Tribunale civile dell'Aquila ha rigettato il ricorso presentato dal Movimento Cinque stelle che chiedeva il riconoscimento dell'incompatibilità del governatore Luciano D'Alfonso, eletto senatore del Partito democratico lo scorso 4 marzo, con la carica di presidente della Giunta abruzzese. Sebbene l'incompatibilità sia acclarata, i giudici non hanno potuto far altro che accogliere la tesi difensiva: la scelta tra le due cariche elettive, dovrà scattare soltanto a seguito della convalida da parte della Giunta per le elezioni del Senato della elezione di D'Alfonso a senatore.
"Siamo soddisfatti, i giudici hanno condiviso integralmente la nostra tesi difensiva secondo cui la convalida da parte della Giunta delle elezioni del senato è il momento cruciale perché dà la pienezza del ruolo", ha sottolineato l'avvocato Carlo Montanino, del foro di Pescara, legale del governatore abruzzese; "solo allora scatta la incompatibilità e solo allora il presidente dovrà dimettersi".
Montanino ha confermato che D'Alfonso si dimetterà dalla presidenza della Giunta avendo già scelto il Senato; tuttavia, con questa ordinanza aumentano le possibilità che in Abruzzo si possa votare a scadenza naturale di mandato, cioè nella prossima primavera: "la Giunta per le elezioni del Senato - ha confermato il legale - non ha ancora inviato comunicazioni a D'Alfonso".
Sulle barricate il Movimento Cinque stelle. "Riteniamo l'ordinanza del Tribunale de L'Aquila non condivisibile e quindi ne annunciamo l'impugnazione in tempi brevissimi. Il presidente D'Alfonso è stato già proclamato senatore dalla Corte d'Appello de L'Aquila il 16 marzo e, da quel momento, è divenuto a tutti gli effetti componente del Senato integrando l'incompatibilità sancita dalla Costituzione secondo cui 'nessuno può appartenere contemporaneamente a un Consiglio o a una Giunta regionale e ad una delle Camere del Parlamento'. Il Tribunale - chiariscono i pentastellati - facendo propria la tesi di D'Alfonso e sorprendentemente in contrasto con numerosi pareri di illustri costituzionalisti, sostiene che il Senatore che si trova in situazione di incompatibilità possa optare per uno dei due incarichi fino a che non sia intervenuta la convalida della sua elezione da parte del Senato. Il Tribunale nella sentenza, di fatto, sostiene che la proclamazione non sia ancora avvenuta e avverrà solo a seguito del giudizio di convalida. Ma proclamazione c'è già stata: il 16 marzo da parte della Corte d'Appello".
Gli esponenti del Movimento aggiungono che "il tribunale non ha tenuto conto dell'esistenza del parallelo procedimento in Consiglio Regionale volto ad accertare l'incompatibilità e la permanenza nel ruolo di Presidente di Regione, in caso di sopravvenuta elezione al Senato. Questo procedimento si svolge, sulla base di leggi nazionali e regionali, in maniera del tutto autonoma dal procedimento senatoriale. Si può svolgere dinanzi alla Giunta per le elezioni regionale oppure dinanzi al Tribunale ordinario"; in altre parole, con l'ordinanza odierna, "il Tribunale dell'Aquila ha dichiarato che il Consiglio regionale dell'Abruzzo non avrebbe mai potuto chiedere a D'Alfonso di optare tra uno dei due incarichi e mai avrebbe potuto dichiararne la decadenza dalla carica di consigliere regionale perchè il procedimento legittimo sarebbe solo quello che si svolge dinanzi al Senato. La domanda è: se a decidere è sempre e comunque la Giunta per le elezioni del Senato, che senso ha prevedere nell'ordinamento italiano anche la possibilità del Giudizio dinanzi alla Giunta per le elezioni della Regione o lo stesso ricorso al Tribunale ordinario?".
Le reazioni
Paolucci (Pd): "I grillini hanno dimostrato la loro incapacità"
"Su un punto è stata fatta chiarezza: la convalida di un eletto è un passaggio fondamentale del processo democratico, e i giudici aquilani hanno accolto la tesi per cui la validazione dell'elezione è sub iudice fino al pronunciamento della Camera di appartenenza".
Così in una nota l'assessore regionale, Silvio Paolucci. "Il Movimento Cinque Stelle - sostiene Paolucci - ha voluto cavalcare strumentalmente la vicenda, portando avanti un'ipotesi che da un lato sottolinea il tasso di estremismo giustizialista dei suoi rappresentanti e dall'altro fa emergere l'inconsistenza nell'approfondire il merito delle questioni amministrative. I grillini hanno dimostrato la loro incapacità di analisi e si candidano a governare senza conoscere le regole dell'ordinamento".
Di Stefano (Forza Italia): "La situazione non cambia, D'Alfonso resta incompatibile"
"La sentenza odierna sull'incompatibilità di D'Alfonso non sancisce la legittimità del suo doppio incarico, che resta assolutamente illegittimo, ma semplicemente, non entra nel merito e rimanda alla sede Parlamentare l'adempimento. Se nella forma i 5stelle hanno avuto torto, nella sostanza continuano ad avere ragione".
A sostenerlo è l'ex parlamentare di Fi, Fabrizio Di Stefano. "D'altro canto - aggiunge Di Stefano - dal 4 marzo ad oggi sono stati almeno 100 i casi di incompatibilità di neo-parlamentari che, senza le astruserie di D'Alfonso, hanno effettuato le loro scelte in ossequio all'art. 122 della Costituzione e senza tenere in ostaggio le istituzioni di provenienza. Per cui la situazione non muta di un millimetro e l'incompatibilità di D'Alfonso sarà risolta nei prossimi giorni dall'imparziale senso delle istituzioni del Sen. Gasparri e di tutti i componenti della Commissione sulle Incompatibilità del Senato".