Domenica, 12 Agosto 2018 19:42

Anatra zoppa, ecco il ricorso in Consiglio di Stato. Ma Di Benedetto non firma

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E' stato depositato il ricorso in Consiglio di Stato avverso la sentenza del Tar sulla così detta anatra zoppa

Affidato al professor Alfonso Celotto, docente di Diritto costituzionale e Diritto pubblico comparato, già capo di gabinetto e capo ufficio legislativo dei Ministri Bonino, Calderoli, Tremonti, Barca, Trigilia e Guidi e, attualmente, capo di gabinetto del ministro della Salute Grillo, il ricorso è stato sottoscritto dagli esponenti della coalizione civico progressista che, al tribunale amministrativo regionale, avevano chiesto il riconteggio delle schede in 11 seggi elettorali convinti, così, di poter recuperare i 41 voti mancanti che avrebbero permesso al centrosinistra di superare la fatidica soglia del 50% dei voti validi e, dunque, di far scattare l'anatra zoppa, ovvero quella situazione particolare per cui un sindaco eletto si trova a convivere con un consiglio comunale la cui maggioranza è rappresentata da liste che avevano sostenuto un diverso candidato.

Anzi, e qui sta la notizia, non proprio tutti i ricorrenti hanno deciso di portare la vicenda innanzi ai giudici d'appello: in effetti, Americo Di Benedetto, candidato sindaco della coalizione civico progressista, che pure aveva firmato il ricorso al Tar, ha deciso di non procedere. In realtà, sul ricorso manca anche la firma del capogruppo de Il Passo Possibile, Paolo Romano, che, tuttavia, non l'avrebbe sottoscritta poiché in vacanza. 

Contattato da newstown, Di Benedetto si è limitato a dire che parlerà all'esito del pronunciamento del Consiglio di Stato, spiegando le sue ragioni, e che, comunque, la decisione è stata dettata da valutazioni squisitamente politiche

Sta di fatto che la scelta di non sottoscrivere il ricorso ha messo in subbuglio Il Passo Possibile, il movimento nato a seguito delle elezioni, dall'esperienza della lista civica voluta proprio dall'allora candidato sindaco e in cui sono confluiti lo stesso Americo Di Benedetto, Antonio Nardantonio ed Emanuela Iorio dopo la spaccatura del gruppo consiliare del Pd; in effetti, altri esponenti del gruppo hanno firmato il ricorso e, a quanto si è capito, non hanno preso affatto bene la decisione dell'ex presidente della Gsa. 

Tra l'altro, i 'maligni' hanno associato la mancata firma sotto al ricorso con una possibile candidatura alle elezioni regionali, con una lista civica magari, e fuori dal perimetro del centrosinistra: sul punto, Di Benedetto ha chiarito ai nostri microfoni che, da candidato oppure no - è ancora troppo presto per dirlo - starà comunque con un'area liberale di centrosinistra. Insomma, nessun 'tradimento': l'ex presidente della Gsa non si ritrova più nel Pd locale, per questioni di metodo più che di merito, e non ha mai nascosto di 'auspicare' una svolta macronista a livello nazionale, ma non salterà alcuna barricata. Piuttosto, la sua candidatura potrebbere trovare senso dentro una lista civica, tra le 3 o 4 che si stanno approntando a 'puntello' dell'ampia coalizione di centrosinistra che potrebbe ritrovarsi intorno alla candidatura a presidente di Giovanni Legnini.

Sarà il tempo a dirlo.

Tornando al ricorso in Consiglio di Stato, i ricorrenti l'hanno presentato in tempi strettissimi - sebbene avessero tempo fino alla metà di settembre, considerate le ferie agostane - per provare ad accorciare i tempi, sperando in un pronunciamento tra la metà di novembre e la metà di dicembre.

Stando ai ben informati, tra gli esponenti di centrosinistra si respirerebbe un cauto ottimismo: sono in molti ad essere convinti che la sentenza del Tar possa essere ribaltata. Il motivo è presto detto. Il ricorso è stato giudicato inammissibile per "carenza d'interesse"; in sostanza, i giudici - a seguito della querela di falso depositata dal collegio difensivo dei consiglieri di centrodestra - hanno assunto i verbali del contestato seggio 41, correggendo l'errore di trascrizione materiale che aveva fatto 'sparire' 400 voti ai candidati sindaci e che, riassegnati, hanno innalzato la soglia dei voti validi: dunque, i ricorrenti non avevano più interesse ad ottenere l'assegnazione dei voti nelle 11 sezioni oggetto di ricorso poiché non avrebbero superato comunque la metà più uno dei voti validi. 

Ma il punto contestato è proprio questo.

I ricorrenti di centrosinistra, e con loro gli avvocati di parte, continuano a sostenere che il Tar non avrebbe potuto, e dovuto, correggere l'errore di trascrizione del seggio 41, sebbene conclamato, poiché non oggetto del ricorso intentato; si sarebbe potuto procedere in tal senso - ribadiscono - se, e soltanto se, i legali incaricati dai consiglieri di centrodestra avessero presentato un ricorso incidentale, chiedendo il riconteggio di quella sezione specifica entro i termini stabiliti per legge.

D'altra parte, il ricorso elettorale si basa proprio sul principio dell'onere della prova, cioé i ricorrenti sono tenuti a fornire almeno un principio di prova non essendo consentito ai giudici di supplire all'inerzia probatoria delle parti; ebbene, i ricorrenti sostengono d'aver istruito ricorso su alcuni seggi specifici dove, si riteneva, c'erano stati errori d'attribuzione; ed in effetti, all'esito del riconteggio i risultati sono effettivamente cambiati ed il centrosinistra ha recuperato i voti mancanti per superare la soglia del 50%+1 dei voti validi.

Con la decisione assunta a fine luglio, i giudici del Tar sarebbero andati oltre il dettato delle norme, procedendo con la correzione dell'errore materiale in un seggio che non era stato indicato né dai ricorrenti né dagli avvocati della difesa e introducendo, così, un principio 'pericoloso': in questo modo - arrivano al paradosso i sostenitori del ricorso - si potrebbe chiedere ai giudici di riaprire tutti i seggi elettorali, sebbene siano decorsi i termini, avendo appurato, gli incaricati dalla prefettura, errori negli undici seggi indicati nel ricorso e anche nel seggio 41. 

L'ultima parola spetterà al Consiglio di Stato. 

 

Il Passo Possibile: scelta di Di Benedetto è stata concordata

"La decisione di non firmare da parte di Americo Di Benedetto è stata concordata con tutto il movimento in una delle riunioni che settimanalmente il movimento intrattiene. Il ricorso è stato firmato, oltre che dalla mia persona, da Antonio Nardantonio, Massimo Scimia, candidato alle ultime elezioni comunali con la lista "Cambiare insieme", anche lui entrato a far parte del movimento, e da Massimiliano Pieri aderente anche lui al movimento. Paolo Romano non era in città altrimenti avrebbe firmato senza alcun problema".

A precisarlo è il coordinatore comunale del Passo Possibile, Fabrizio Ciccarelli. "Nessun subbuglio quindi in seno al movimento, la scelta di Di Benedetto è stata assolutamente condivisa. La strada da noi intrapresa è quella della massima condivisione e trasparenza sulle problematiche cittadine".

Ultima modifica il Lunedì, 13 Agosto 2018 16:53

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