Domenica, 16 Febbraio 2014 22:02

Renzi disegna la strada dell'esecutivo: una riforma al mese

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La strada delle riforme è già stata disegnata. Entro la fine di febbraio, verrà approvata la nuova legge elettorale, con la modifica del titolo V della Costituzione e la trasformazione del Senato. In marzo, poi, il lavoro. Ad aprile verrà riformata la Pubblica amministrazione e il mese dopo il Fisco. 

Si presentà così Matteo Renzi, pochi minuti dopo il mezzodì, con in tasca l'investitura di Giorgio Napolitano. "Ho ricevuto l'incarico di provare a formare il nuovo governo, ho accettato con riserva per l'importanza e la rilevanza di questa sfida. Immaginiamo un allungamento della prospettiva politica, in questa situazione difficile metterò tutta l'energia e l'impegno di cui sono e siamo capaci. Domani inizieranno le mie consultazioni formali, abbiamo intenzione di lavorare in maniera molto seria sui contenuti".

Renzi non si nasconde. "Siamo ben consapevoli dei prossimi passaggi. Bisogna avere una straordinaria attenzione ai contenuti e alle scelte da fare", sottolinea. L'orizzonte naturale del nuovo esecutivo - sottolinea - resta quello della "legislatura", per un "impegno serio e significativo". Un "orizzonte" che "necessita di qualche giorno di tempo per sciogliere la riserva".

"L'impegno è molto serio e significativo. Il Presidente della Repubblica mi ha rappresentato - in modo articolato - l'esito delle consultazioni di sabato con le forze politiche". Lasciato il Colle, il presidente in pectore ha raggiunto Montecitorio per incontrare - come da prassi - la presidente della Camera dei deputati, Laura Boldrini. E a seguire è andato al Senato per vedere Pietro Grasso. 

Renzi si era presentato in anticipo di dieci minuti all'appuntamento con il Presidente della Repubblica. L'incontro è durato poco più di un'ora. Come detto, ci vorrà qualche giorno per sciogliere la riserva. La fiducia alle Camere, dunque, potrebbe arrivare ad inizio della prossima settimana. Restano da sciogliere ancora alcuni nodi sulla formazione del nuovo esecutivo.

 

Il rebus dei ministeri

Innanzitutto, il rebus del ministero dell’Economia. Si tratta, per Napolitano, di un dicastero il cui titolare deve essere figura autorevole e credibile a Bruxelles e agli occhi della Bce di Mario Draghi. Non è escluso che tra il presidente della Repubblica e Renzi sia in corso un braccio di ferro. Il leader del Pd medita di affidare il dicastero ad un politico, così come altri ministeri chiave. E starebbe pensando a Fabrizio Barca. Negli ultimi anni, il Tesoro è stato in mano a tecnici che però, secondo Renzi, non conoscevano le dinamiche parlamentari e della Pubblica amministrazione. Ora il futuro premier vorrebbe discontinuità mentre il Capo dello Stato pensa che, per certi dicasteri, la discontinuità non debba tradursi in un cambio di rotta totale, soprattutto se in ballo vi è la credibilità dell’Italia in Europa.

Oltre al dicastero del Tesoro, le altre due caselle considerate 'delicate' sono quelle della Giustizia e degli Affari Esteri. Le consultazioni di sabato, al Quirinale, si sono svolte in fretta, "perché ci sia spazio e serenità per il lavoro di chi avrà l’incarico di formare il governo", ha sottolineato - come fosse un monito - Napolitano.

 

L'equilibrio con il centrodestra

C’è poi il sottilissimo equilibrio con il centrodestra: le fibrillazioni di Forza Italia e Nuovo Centrodestra non possono che preoccupare Matteo Renzi. Silvio Berlusconi ha garantito il rispetto dell'intesa siglata nelle scorse settimane col Pd su legge elettorale, Senato e modifica del titolo V. Ma Giovanni Toti, l’uomo nuovo di Forza Italia, ha sottolineato al microfono di Lucia Annunziata (a In Mezz'Ora) che "se il Partito democratico farà slittare la legge elettorale, noi ci riterremo svincolati dal patto".

Un messaggio - seppur indiretto - anche al Nuovo Centrodestra di Angelino Alfano che ha dedicato parole di fuoco ai vecchi compagni di partito: Berlusconi, ha incalzato ieri, si è circondato di ‘inutili idioti’. Il partito del vicepremier, anche in sede di consultazioni, ha ribadito la sua disponibilità a dire sì a Renzi dinanzi ad un programma equilibrato e attento al ceto medio, che dia risalto al ruolo di Ncd, pena il passo indietro a fronte di uno scivolamento a sinistra - verso Sel, per intenderci - di Renzi: in quel caso il governo sarebbe troppo politico piuttosto che votato alla responsabilità e alle riforme. In altre parole, Alfano vuole delle precise garanzie: il ruolo di vicepremier, innanzitutto, e la conferma dei ministri Lupi e Lorenzin, alle Infrastrutture e alla Salute. Ma il Nuovo Centrodestra gioca la sua partita anche e soprattutto sul tavolo delle modifiche all'Italicum: chiederà a Renzi di cambiare la nuova legge elettorale in un senso ben preciso, con l’abbassamento della soglia del 12% per le coalizioni. Alfano si sta giocando tutto: il destino politico suo e del partito che ha fondato. Non stupisca il nervosismo di queste ore: il timore è che il sindaco di Firenze possa rinunciare ai voti di Ncd confidando in un ‘aiuto esterno’ di Forza Italia in nome delle riforme pattuite prima della crisi.

 

Tensione nel Partito Democratico

Atmosfera tutt’altro che serena anche in seno al Partito Democratico. Pippo Civati, che da tempo chiede di voltare pagina sulle larghe intese e di riportare presto il paese alle urne, ha negato che una decina di senatori legati alla sua corrente possano decidere di non votare la fiducia al governo. Ha chiarito, però, che ci sono "una serie di problemi politici grandi come una casa". Problemi che si sintetizzano con il legame a doppio filo – imprescindibile, a meno di clamorosi accordi con Berlusconi - con il Nuovo centrodestra di Alfano.

Civati contesta in partenza l’idea che non si possa andare subito al voto, anche con la vecchia legge elettorale, il Porcellum, rimaneggiata dopo le bocciature della Consulta. "Molti dicono che se si andasse a votare con questo sistema ci sarebbero sicuramente le larghe intese per cinque anni. Così noi, per evitarlo, rifacciamo le larghe intese per quattro senza nemmeno sentire gli elettori. Geniale". Il giudizio è durissimo: "Siamo l’unico Paese in cui sono i politici a scegliere gli elettori e non gli elettori a scegliere i politici". La minoranza del partito, intanto, starebbe preparando un documento. E non è certo una buona notizia per Renzi.

 

Il toto-ministri

Staremo a vedere. Le risposte arriveranno nelle prossime ore, con i nomi dei ministri che formeranno il nuovo governo. Sul taccuino di Renzi, come detto, Fabrizio Barca per il dicastero dell’Economia, Livia Pomodoro per la Giustizia, Luca Cordero di Montezemolo per lo Sviluppo Economico, Tito Boeri per il Lavoro. Potrebbero restare al loro posto Mario Mauro, ministro della Difesa, Emma Bonino, Ministro degli Esteri e – nel caso di accordo con Alfano - Beatrice Lorenzin, al dicastero della Salute, e Maurizio Lupi alle Infrastrutture.

 

La ricostruzione

Saranno scelte determinanti anche per il futuro della ricostruzione del cratere. Evidentemente, sarà importante capire chi sostituirà l’odiato Carlo Trigilia, ministro della Coesione territoriale con delega alla vicenda aquilana. A meno che – come richiesto spesso dal sindaco Cialente – la responsabilità non venga acquisita direttamente dalla Presidenza del Consiglio dei Ministri e affidata ad un sottosegretario. Ci spera Stefania Pezzopane, inutile nasconderlo, che potrebbe prendere il posto di Giovanni Legnini e seguire – in prima persona, e da un ruolo di grande responsabilità – la ricostruzione. Non resta che aspettare qualche ora.

Ultima modifica il Lunedì, 17 Febbraio 2014 23:54

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