Lunedì, 19 Agosto 2019 16:18

Crisi di governo, alle 15 parla il Presidente del Consiglio Conte in Senato

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Appuntamento fissato alle 15: a Palazzo Madama, il Presidente del Consiglio Giuseppe Conte renderà le sue comunicazioni all'Aula sulla crisi di governo; c'è da attendersi un intervento durissimo nei confronti del leader della Lega Matteo Salvini.

Che piega prenderà la crisi lo scopriremo tra qualche ora: è possibile che la Lega ritiri la mozione di sfiducia, considerati i continui ripensamenti del Ministro dell'Interno che, con una mossa assolutamente azzardata, si è ritrovato d'improvviso all'angolo nel pieno di una scalata politica che, fino a dieci giorni fa, sembrava inarrestabile. Dovesse andare così, in teoria Conte potrebbe restare al suo posto: tuttavia, il Movimento 5 Stelle potrebbe presentare una risoluzione, altrettanto dura verso la Lega, così da mettere in luce anche in senso parlamentare la spaccatura della maggioranza. A quel punto, Conte salirebbe in Quirinale per rassegnare le sue dimissioni.

Dunque, la crisi sarà dovrebbe 'passare' nelle mani del Presidente della Repubblica, Sergio Mattarella, che potrebbe rimandare il Presidente del Consiglio alle Camere per chiedere la fiducia oppure avviare immediatamente le consultazioni delle forze politiche per sondare la possibilità di una maggioranza alternativa a quella gialloverde. 

D'altra parte, la chiusura dei pentastellati alle ultime, inattese aperture di Matteo Salvini pare definitiva: i vertici del M5S - riuniti domenica nella villa del fondatore Beppe Grillo - si sono ritrovati compatti nel definire il leader della Lega "un interlocutore non più credibile. Prima la sua mossa di staccare la spina al governo del cambiamento l'8 agosto, tra un mojito e un tuffo, poi questa vergognosa retromarcia, in cui tenta di dettare condizioni senza alcuna credibilità, fanno di lui un interlocutore inaffidabile: dispiace per il gruppo parlamentare della Lega con cui è stato fatto un buon lavoro in questi 14 mesi".

Una posizione ribadita ieri da Luigi Di Maio nell'incontro con i parlamentari pentastellati: stando a quanto si è potuto apprendere in serata, il vicepremier avrebbe sottolineato come Salvini abbia aumentato "il livello di attacco nei confronti del Movimento: ha bisogno di parlare di noi per fare notizia, è disperato. Spero che nella Lega si apra un dibattito sul disastro che ha compiuto in pochi giorni e in totale autonomia. Molti leghisti - avrebbe aggiunto il capo politico del Movimento - mi hanno scritto 'non sapevamo nulla'. Ho visto - avrebbe dunque concluso Di Maio - che alcuni stanno già facendo proposte a mezzo stampa su aperture ad altre forze politiche: secondo me è profondamente sbagliato. Noi dobbiamo affidarci al presidente della Repubblica e al percorso istituzionale che vorrà delineare. Un governo Renzi, Lotti e Boschi è frutto solo delle bufale della Lega e nemmeno gli rispondiamo. Lanciano bufale per nascondere la coltellata data al Paese".

La posizione dei pentastellati è chiara: in queste ore, il Movimento ha assunto un profilo istituzionale, con l'intenzione di lasciare a Mattarella il compito di avviare l'interlocuzione per un governo del presidente che è l'ipotesi più credibile, in queste ore; in posizione defilata anche la segreteria del Partito Democratico: Nicola Zingaretti si sta tenendo un passo indietro, lasciando che sia Matteo Renzi a smuovere le acque e a fare da bersaglio alle invettive leghiste; quando il Capo dello Stato chiamerà - è il ragionamento abbozzato al Nazareno - il PD si farà trovare pronto, a patto che si ragioni di un esecutivo di legislatura, capace cioé di arrivare al 2023, con un programma chiaro di "salute pubblica". Zingaretti lo ha ribadito in serata: "Attendiamo le dichiarazioni di Conte e l'apertura della crisi. A quel punto alla direzione del 21 riaffermeremo una posizione chiara: o nel corso delle consultazioni si verificano le condizioni per un governo forte e di rinnovamento anche nei contenuti o è meglio il voto".

Un esecutivo di cui non faranno parte né Renzi, né Boschi e tantomeno Lotti, questo è certo, ma che i dem vorrebbero rappresentasse una vera rottura rispetto all'esecutivo Conte. E qui sta il nodo da sciogliere. 

A fare da pontieri, in queste ore, sono Dario Franceschini e il presidente della Camera Roberto Fico. Di certo, la via è stretta e tortuosa; tuttavia, pare allontanarsi l'ipotesi del voto anticipato, con Matteo Salvini che rischia di ritrovarsi, d'un colpo, all'opposizione, e di restarci a lungo. Non è un caso che, in queste ore, il leader della Lega stia intensificando gli attacchi al PD e ai vecchi alleati: "Se si prendono la maggioranza nei palazzi - le parole del Ministro dell'Interno al Festival della Versiliana - noi ci troviamo pacificamente e democraticamente in piazza a chiedere il diritto di esprimerci col voto; c'è in ballo la sovranità del paese: qualsiasi governo che non risponda alla volontà popolare dipende telefonicamente da Bruxelles, Parigi e Berlino". E ancora, poco dopo: "Gli unici disperati sono i parlamentari (renziani su tutti) che non vogliono le elezioni perché hanno paura del giudizio degli italiani. I giochi di potere e di palazzo, sulla pelle delle mamme di Bibbiano e dei risparmiatori di Banca Etruria, sono il vergognoso tradimento del popolo italiano". Poi su Facebook il leader leghista ha aggiunto: "Chiunque abbia timore del voto ha solo paura di perdere la poltrona. Hanno scelto Renzi? Auguri. Lo spieghino alle vittime di Bibbiano e ai truffati di Banca Etruria".

Salvini pare davvero all'angolo, lo dicevamo: in queste ore, ha parlato di "accordo degli sconfitti" tra M5S e PD sebbene, alle politiche del marzo 2018, i dem avessero preso più voti della Lega; ha sottolineato come la loro alleanza sarebbe un "tradimento della volontà degli italiani", sebbene l'alleanza tra M5S e Lega sia nata, di fatto, in Parlamento, se è vero che il Carroccio era in coalizione con Forza Italia e Fratelli d'Italia: accadrebbe lo stesso qualora si trovasse una quadra per un governo M5S-PD. Salvini è tornato poi a denunciare "i signori delle poltrone" che non vogliono "schiodare dal Parlamento", sebbene lui, e così i suoi ministri, restino saldi ai loro posti pur avendo sfiduciato, almeno a parole, il Presidente del Consiglio, sottolineando, poi, come abbiano voluto fermarlo sebbene sia stato lui ad aprire la crisi, a due giorni dalla richiesta di fiducia, incassata, sul decreto 'Sicurezza bis'. Fino ai riferimenti alle "mamme di Bibbiano" e ai "truffati di Banca Etruria", segno di nervosismo crescente e scarsa lucidità.

Ultima modifica il Martedì, 20 Agosto 2019 14:53

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