Il Partito Democratico apre ufficialmente all'ipotesi di un governo "di svolta", a condizione che sia un esecutivo "per la legislatura", capace, cioé, di arrivare al 2023, "basato sulla necessaria discontinuità e su un’ampia base parlamentare". Chiusa la porta, insomma, ad un reincarico a Giuseppe Conte, se governo sarà dovrà rappresentare una rottura rispetto al passato, sui temi e nei nomi.
E' quanto ha deciso la direzione nazionale dem, riunita stamane. "La Direzione Nazionale del Partito Democratico giudica la caduta del governo lo sbocco naturale e necessario del fallimento della maggioranza gialloverde responsabile di una paralisi dell’economia, di un impoverimento diffuso, di un tessuto imprenditoriale ulteriormente provato e di un isolamento senza precedenti dell’Italia sulla scena europea e internazionale", si legge nell'ordine del giorno. E rivolge un "appello alle organizzazioni territoriali affinché sviluppino il massimo della mobilitazione e della iniziativa democratica in un passaggio particolarmente delicato per il futuro del Paese".
I dem ripongono "massima fiducia nell’azione del Presidente Mattarellam che ringraziamo per l’opera incessante di tutela delle istituzioni e delle procedure democratiche" ritenendo, appunto, che "in assenza di una chiara e solida maggioranza espressione del Parlamento attuale lo sbocco naturale della crisi siano nuove elezioni"; una chiara e solida maggioranza - viene spiegato - capace di avviare "una fase politica nuova".
Che si basi su alcuni punti fermi: "L’impegno e l’appartenenza leale all’UE per una Europa profondamente rinnovata, un’Europa dei diritti, delle libertà, della solidarietà e sostenibilità ambientale e sociale, del rispetto della dignità umana in ogni sua espressione; il pieno riconoscimento della democrazia rappresentativa incarnata dai valori e dalle regole scolpite nella Carta Costituzionale a partire dalla centralità del Parlamento; l’investimento su una diversa stagione della crescita fondata sulla sostenibilità ambientale e su un nuovo modello di sviluppo; una svolta profonda nell’organizzazione e gestione dei flussi migratori fondata su principi di solidarietà, legalità sicurezza, nel primato assoluto dei diritti umani, nel pieno rispetto delle convenzioni internazionali e in una stretta corresponsabilità con le istituzioni e i governi europei; una svolta delle ricette economiche e sociali a segnare da subito un governo di rinnovamento in una chiave redistributiva e di attenzione all’equità sociale, territoriale, generazionale e di genere".
Nel documento, i dem 'dettano' le loro priorità: "lavoro, salute, istruzione, ambiente, giustizia", evitando "l’inasprimento della pressione fiscale a partire dalla necessità di bloccare, con la prossima legge di bilancio, il previsto aumento dell’IVA".
Se tali condizioni troveranno nei prossimi giorni un riscontro basato sulla necessaria discontinuità e su un’ampia base parlamentare. "siamo disponibili ad assumerci la responsabilità di dar vita a un governo di svolta per la legislatura. In caso contrario il Partito Democratico coinvolgerà le forze politiche disponibili a costruire un progetto di alternativa e rigenerazione dell’economia e della società italiana. Ci rivolgeremo alle energie più consapevoli della società, i giovani, le donne, movimenti, associazioni, la rete diffusa del civismo, dei sindaci e degli amministratori. In un passaggio così delicato l’unità e compattezza del Partito Democratico, pure nella ricchezza del suo pluralismo, è una garanzia di tenuta per l’intero sistema politico e istituzionale. La democrazia e i suoi canali di partecipazione sono un patrimonio prezioso che oggi tutte e tutti noi dobbiamo preservare in uno spirito di unità del più largo campo progressista".
Sulla stessa lunghezza d'onda il documento dei segretari regionali e dei parlamentari di Articolo Uno/LeU: "Occorre coraggio: un governo di svolta. Le consultazioni che si aprono oggi, all’indomani della crisi di Governo provocata da Matteo Salvini, possono aprire una nuova fase per la democrazia italiana, che allontani l’estrema destra dall’illusione tracotante dei pieni poteri. Essa va gestita con trasparenza e capacità di ascolto. Non abbiamo paura del voto anticipato, ma oggi la priorità è difendere la dignità delle Istituzioni che non può essere calpestata da nessuno. L’Italia è una Repubblica Parlamentare, non spetta a un partito o a un leader stabilire quando e come si vota".
Art.1/LeU esprimono, dunque, "piena fiducia nel lavoro del presidente Sergio Mattarella. Abbiamo sempre lavorato per rompere il muro d’incomunicabilità tra Sinistra e M5S. Lo abbiamo detto con Bersani nel 2013. Lo abbiamo sostenuto in solitudine nel 2018 perché pensavamo fosse un errore drammatico agevolare la saldatura tra la Lega e i Cinque Stelle. Il Governo gialloverde ha fallito. Egemonizzato dalla Lega, non ha promosso politiche di crescita adeguate, non ha messo in campo politiche redistributive e di lotta alle diseguaglianze sociali efficaci, ha sdoganato condoni e mance senza una seria lotta all’evasione fiscale, si è caratterizzato per politiche disumane sul piano della sicurezza e dell’immigrazione, ha provato a mettere in discussione conquiste storiche del movimento delle donne attraverso il Dl Pillon, si è incagliato nella questione morale come dimostra la vicenda gravissima del Russiagate".
"Siamo contrari ad operazioni di corto respiro", chiariscono segretari regionali e parlamentari. "Non siamo favorevoli a manovre di palazzo, rabberciate e senza futuro. Siamo invece favorevoli a un tentativo che dia a questa legislatura un cambio di passo vero. Serve un nuovo Governo di svolta, in discontinuità anche rispetto agli altri ultimi esecutivi. Serve una svolta sociale e ambientale. Lo si può fare soltanto con un’agenda politica nuova, in grado di contrastare la prima emergenza del paese che si chiama diseguaglianza sociale e di cambiare il quadro delle politiche europee in senso espansivo".
Dunque, i punti programmatici dirimenti per Art.1/LeU:
- chiudere la stagione dei contratti di lavoro che alimentano precarietà e sfruttamento. Occorre varare la Carta universale dei diritti e delle tutele del lavoro. Va promossa una politica di crescita dei redditi e dei salari: non è un paese civile quello in cui si lavora a meno di 9 euro l’ora;
- promuovere un piano verde per il lavoro e per allargare l’occupazione giovanile e femminile, a partire dal Sud. Lotta ai cambiamenti climatici per realizzare la rivoluzione dell’economia circolare e piano per la messa in sicurezza del territorio. Politiche che vanno sostenute con un forte rilancio degli investimenti pubblici;
- garantire il diritto universale alla salute e all’istruzione. Basta con i tagli al welfare e alla formazione, servono risorse ingenti da mettere nel Fondo sanitario nazionale per garantire che la spesa sanitaria pro capite sia in linea con la media europea. Prioritario sarà sbloccare le assunzioni di medici e di infermieri per tagliare le liste d’attesa, la stabilizzazione definitiva dei precari di scuola e Universita.