Venerdì, 23 Agosto 2019 10:28

Crisi di governo, l'affondo di Renzi: "Gentiloni ha provato a far saltare l'accordo tra Pd e M5S". Verso il governo, le 'spine' interne di Zingaretti e Di Maio

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Accade tutto tra mezzogiorno e le 17 di ieri, tra l'uscita della delegazione del Partito Democratico in Quirinale per le consultazioni e l'arrivo dei pentastellati guidati da Luigi Di Maio; cinque ore, circa, ad altissima tensione che hanno messo a serio rischio l'accordo politico tra M5S e dem. 

La delegazione dei democratici era arrivata in Quirinale col mandato a trattare della direzione nazionale, che si era espressa per la prima volta all'unanimità dopo sei anni - l'ultima volta era accaduto per la scelta di sostenere il profilo di Romano Prodi come Presidente della Repubblica: sappiamo come è andata a finire - sui dichiarati cinque punti da mettere sul tavolo di un possibile accordo con il Movimento 5 Stelle. Uscita la delegazione dall'incontro con Sergio Mattarella, però, su Repubblica e Huffington Post viene svelato che, in realtà, i "veri" nodi da sciogliere sarebbero altri e, in particolare, il taglio dei parlamentari che i democratici vorrebbero far saltare.

Viene fuori un putiferio.

D'altra parte, il Movimento 5 Stelle aveva posto la riforma a fondamento della narrazione sul tradimento della Lega di Matteo Salvini. E' evidente che porre una condizione del genere avrebbe significato far saltare la trattativa. 

A svelare che cosa sarebbe accaduto è un breve audio pubblicato stamane su Repubblica: a parlare è Matteo Renzi, impegnato in una lezione nella sua scuola di formazione politica a Barga, in Garfagnana. Spiega Renzi: "È Paolo Gentiloni che ha fatto passare il messaggio di una triplice richiesta di abiura da parte del Pd ai 5Stelle", con uno spin pubblicato su due testate giornalistiche "dello stesso editore, guarda caso" che si sarebbero fatte manipolare; "I Cinquestelle ci avevano detto: 'noi ci stiamo se ci garantite che possiamo arrivare almeno al referendum sul taglio dei parlamentari'; l'ala trattativista, guidata da Dario Franceschini, aveva risposto: 'A noi va bene se garantite dei contrappesi'".

Sulla base di questo accordo, i Cinque Stelle avrebbero dovuto aprire alla trattativa nel corso dell'incontro con Mattarella. "Il modo in cui lo spin è stato passato era finalizzato a far saltare tutto", l'affondo di Renzi. Che aggiunge: "Gentiloni era al Colle ma non ha aperto bocca; non ha detto nella sede ufficiale ciò che pensava. Ma lo ha detto a due giornali".

Rischiando così di mandare all'aria la nascita di un esecutivo tra dem e M5S: "La parte dei 5Stelle che vuol far saltare tutto - legata a Di Battista e Paragone - a quel punto ha detto 'Zingaretti è Giuda'. E in questo rilancio il messaggio M5S è stato: 'Noi andremo da Mattarella a dire mai con il Pd'", chiarisce l'ex presidente del Consiglio. 

Mettendo in luce un ulteriore elemento, interessante: si starebbe tentando di predisporre, in sostanza, "una narrazione" in cui Giuseppe Conte dovrebbe apparire come un "grande statista" dando vita, di fatto, ad un bipolarismo tra Conte e Salvini. In questo senso, l'avvertimento di Renzi, "ove vi fosse una rottura nel Pd sarebbe un caos. Se uno, contravvenendo alle regole interne, con un spin fa saltare tutto non è detto che il Pd arrivi tutto insieme alle elezioni".

Più chiaro di così.

E' evidente come la ricostruzione di Renzi chiarisca cosa sia davvero accaduto ieri.

Ad un certo punto, infatti, le elezioni parevano davvero vicine: poi, le diplomazie sono tornate a lavoro mettendoci una pezza; non è un caso che i vertici del Movimento abbiano fatto filtrare, nel tardo pomeriggio, che "il dialogo con il Pd" doveva andare avanti "senza che le minoranze interne alle varie forze possano farlo saltare", aggiungendo che "in occasione di alcuni contatti a livello parlamentare con esponenti Pd, i tre paletti del segretario dem sono stati 'ammorbiditi' mentre è stata ribadita la linea votata all'unanimità in direzione". Tuttavia, Di Maio resta piuttosto freddo nelle comunicazioni che seguono l'incontro con Mattarella e, pur aprendo ad una trattativa. non cita mai il Pd, segnale piuttosto chiaro di nervosismo. Tant'è vero che, in serata, è Zingaretti a tendere di nuovo la mano chiarendo che "dalle proposte e dai principi da noi illustrati al Capo dello Stato e dalle parole e dai punti programmatici esposti da Di Maio, emerge un quadro su cui si può sicuramente iniziare a lavorare".

Sta di fatto che la strada verso un accordo è irta di difficoltà, in particolare per l'opposizione di una parte di Movimento 5 Stelle - quella oltranzista, per intendersi, con Paragone e Di Battista che vorrebbero andare subito al voto - e di una parte di Partito Democratico, l'ala che vorrebbe liberarsi di Renzi accettando la sfida delle urne pur di riprendere in mano il controllo dei gruppi parlamentari; dinamiche interne ai partiti che non renderanno affatto semplice il lavoro di cucitura che stanno provando a mettere in campo Di Maio e Zingaretti. 

E' anche così che si spiega il durissimo monito lanciato ieri sera dal Capo dello Stato che ha voluto richiamare al senso di responsabilità le forze politiche: "La crisi va risolta con decisioni chiare e in tempi brevi, come richiede un grande Paese come il nostro. Sono possibili solo governi che raccolgano la fiducia del parlamento su un programma per il paese. In mancanza di ciò l’unica strada sono le elezioni, strada da non assumere a cuor leggero dopo poco più di un anno dall’inizio della legislatura", le sue parole. 

 

Ultima modifica il Venerdì, 23 Agosto 2019 11:15

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